La Francia stanzia 400 miliardi per rinnovare le Forze Armate 

Il 20 gennaio dalla base aerea di Mont-de-Marsan, per il consueto indirizzo di saluto e auguri alle Forze Armate, il presidente francese Emmanuel Macron ha presentato la Loi de Programmation Militaire (Lpm) per il 2024-2030. Un “lavoro monumentale”, frutto del compromesso tra le parti in gioco ed in particolare tra ministero dell’Economia, della Difesa e Stato Maggiore, ma sostanzialmente condiviso nel Paese, segno anche della particolare situazione politica nel Parlamento.

Un cammino collettivo nazionale che per Macron deve tirare le conclusioni di ciò che questa epoca porta con sé per preparare le Forze Armate francesi alle sfide e minacce del secolo. Secondo l’Eliseo, il conflitto scatenato dalla Russia in Ucraina interrompe definitivamente la possibilità di godere dei dividendi della pace e mette in crisi il multilateralismo, con il pericolo di riportare le relazioni internazionali ad uno stato di natura che dal Cremlino si manifesta come brutale volontà di potenza.

Il raddoppio del bilancio della difesa 

La precedente legge del 2019-2025 era volta a “riparare le Forze Armate” con un budget di 295 miliardi. Il nuovo sforzo programmatico ne persegue ed amplia gli obiettivi con un incremento del 35% di investimenti per trasformare l’apparato militare francese e la nazione stessa nella cultura e nelle ambizioni. Nell’insieme un investimento inedito di 413 miliardi fino al 2030, “un cambiamento profondo, irreversibile” che risponde alle esigenze militari e raddoppia complessivamente il budget della difesa in poco più di dieci anni – e due mandati presidenziali – dal 2017. Nel disegno di Macron, tale sforzo deve fornire i mezzi per dare piena capacità a Parigi di assumersi responsabilità anche in Europa, avendo come pilastro la deterrenza nucleare. L’obiettivo è fare della Francia un Paese più sovrano, dinamico e pronto a prendere l’iniziativa.

La sovranità è infatti un concetto chiave del discorso presidenziale e della Lpm stessa, che per Macron è ambiziosa e coerente solo dentro la dimensione europea. Il cambio di passo rispetto alla precedente programmazione è marcato, dato il nuovo contesto a cui adattarsi che rende necessario far corrispondere propositi e budget alle minacce. Un cambio di paradigma, considerando la precedente Lpm basata su forze expeditionary e lotta al terrorismo, ora incentrata su un pivot verso l’alta intensità e la reattività delle forze in ambienti degradati. A conferma di questa transizione è l’assenza pressocché totale di riferimenti al Sahel ed alle operazioni di counter-terrorism e counter-insurgerncy, con la definitiva uscita dal Mali nel 2022, per provare ad incidere nel multipolarismo globale senza dimenticare l’Africa.

La trasformazione dello strumento militare

Macron ha tratteggiato le aree di intervento trasformativo, partendo dall’intelligence militare – Direction du renseignement militaire e Direction du Renseignement et de la Sécurité de la Défense il cui budget raddoppia. Duplicano anche la capacità di resilienza cyber e la riserva operativa delle forze armate (ora di 40 mila unità), ancora una volta nel solco di una maggiore resilienza della società in generale e di una mobilitazione anche civile che deve essere inseparabile dall’impegno militare.

Per Macron questa è una lezione appresa da Kyiv, che dà vivo risalto al capitale umano. In materia di capacità, l’Eliseo punta sul potenziamento ed estensione della flotta di Rafale e delle forze terrestri, su fregate e portaerei di nuova generazione, sulla ricostruzione degli stock di munizioni con focus su quelle di precisione, infine sui droni. Essenziali i riferimenti al programma Scorpion per aggiornare i mezzi terrestri blindati ed al programma Fcas per un velivolo da combattimento di sesta generazione a guida francese con la partecipazione di Germania e Spagna. Trasformazione che deve comprendere anche il miglioramento della difesa aerea (sia in chiave Uas che a lungo raggio) a cui affiancare uno sforzo tecnologico nei campi quantistici e di intelligenza artificiale, cruciali per la cybersecurity e l’intelligence.

Trasformazione necessaria anche riguardo al dominio spaziale e a quello marittimo, dove aldilà della sovranità nazionale vi sono zone grigie che nascondono ingerenze e minacce. Macron evidenzia il proposito di fare della Francia una potenza spaziale a tutto tondo, puntando su capacità di surveillance, comunicazione e protezione dei sistemi, facendo leva anche sul paradigma del New Space. Altra linea di intervento è incentrata sulle capacità marittime, cruciali per Macron per rispondere ad un’estensione oltremare che fa della Francia la seconda Zona Economica Esclusiva al mondo, da rilanciare anche attraverso uno sforzo nell’ambiente subacqueo e per l’esplorazione dei fondali. Linee di programmazione che coinvolgono anche una rifondazione del Commandement interarmées des opérations, componente strategica del comando e controllo per Macron legata alle sfide della “guerra ibrida”, dottrinalmente creato all’indomani della Guerra del Golfo e che ha già vissuto alcune evoluzioni.

Parte della trasformazione capacitiva passa anche dai partenariati internazionali, dove domina una connotazione europea che persiste anche nei riferimenti alla Nato. Dentro e fuori l’Alleanza Atlantica, i paesi europei sono chiamati sviluppare interoperabilità e cultura strategica comune, capacità autonoma e libertà d’azione, che nelle parole di Macron è anche strumentale a Paesi come la Francia ad evitare di essere prigionieri di rivalità tra terzi. Su questo, l’obiettivo dichiarato è una capacità interforze di intervento rapido di 20.000 unità, “misura della sfida” che l’Eliseo sente propria.

Il rapporto stato-industria e l’economia di guerra

Il “cuore” della nuova legge è però la sua esecuzione, una trasformazione di per sé che Macron ricerca nelle stesse Forze Armate, nella Direction générale de l’armement (Dga) e nell’industria della difesa, un peso da condividere a livello nazionale e che coinvolge gli utilizzatori e gli innovatori, chiamati ad un engagez-vous comune. Ciò dà il senso della necessità sottolineata dall’Eliseo di coltivare e migliorare i rapporti Stato-industria, dalla definizione delle esigenze operative ai cicli di produzione, fino al controllo dei costi e ad un impegno verso l’adattabilità e la velocità della spesa. Un concetto che riprende quindi quello di economia di guerra, espresso da Macron nel giugno 2022, attuato proprio dalla Lpm e teso ad affrontare un’emergenza non per “spendere male” ma per spendere meglio in uno sforzo d’esecuzione collettivo.

L’annuncio di una war economy di giugno anticipava dunque la presentazione del piano di 400 miliardi e rispondeva anche ad una insufficienza cronica di investimenti nella difesa – comune a gran parte d’Europa – resa evidente dalla guerra in Ucraina, che ha esibito la carenza strutturale di munizioni ed equipaggiamenti ed il magro contributo da parte di Parigi in termini quantitativi alle donazioni di armi europee all’Ucraina.

Un progetto di sovranità nazionale, quello della nuova Lpm, nel segno della trasformazione e di posizionamento per il futuro. Un pensiero coerente con la dottrina tracciata da Macron nella Revue nationale stratégique dello scorso novembre, incentrata sulle lezioni ucraine e sulla deterrenza nucleare ma anche su un concetto di puissance d’équilibres ancora da interpretare e sviluppare a pieno. Per ambizioni, mezzi e linguaggio si tratta di un testamento politico, non necessariamente destinato a fare della Francia una potenza alla pari con Paesi continentali come Stati Uniti e Cina ma – alla sfida della concreta esecuzione – un attore forte e credibile con una visione del mondo di ampio respiro.

Foto di copertina EPA/BOB EDME / POOL MAXPPP OUT

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