Difesa aerea ravvicinata: le lezioni per l’Italia dalla guerra russo-ucraina

Dopo più di sette mesi di guerra tra Russia e Ucraina, uno dei primi insegnamenti che possiamo trarre dall’invasione russa dell’Ucraina è che molti dei pericoli che minacciano gli eserciti moderni provengono dal cielo. L’uso massiccio di sistemi d’arma come droni, missili, razzi, artiglieria, loitering munitions (i cosiddetti “droni kamikaze”) e mortai sta infatti avendo un pesante impatto sulle operazioni militari. Durante l’ultima contro-offensiva ucraina, la campagna di bombardamento contro assetti e linee di approvvigionamento russe ha fortemente degradato le capacità degli invasori. 

Ciò conferma anche gli insegnamenti tratti della guerra in Nagorno-Karabakh del 2020 riguardo l’importanza di proteggere le formazioni in manovra e le infrastrutture strategiche specificamente da minacce aeree a corto e cortissimo raggio. Questi temi sono stati affrontati dallo IAI nel recente studio La difesa aerea ravvicinata e le minacce alla sicurezza globale.

La penuria di Stingers

L’emergere di un gap capacitivo e la crescente complessità della minaccia aerea a corto e cortissimo raggio sono amplificati dagli ingenti aiuti forniti all’Ucraina in termini di sistemi missilistici antiaerei spalleggiabili, o Manpads nel loro acronimo inglese. I Paesi Nato e Ue hanno donato migliaia di esemplari di Stingers di progettazione americana, oltre che svariati modelli domestici come il Mistral francese. Tra le notizie più recenti vi è poi la decisione statunitense di raddoppiare gli invii a Kyiv di lanciarazzi cosiddetti Himars (High Mobility Artillery Rocket System).

Tutti questi sistemi d’arma si sono rivelati particolarmente efficaci contro il supporto aereo ravvicinato russo, ragion per cui essi figurano fra i prodotti militari più frequentemente inclusi nei vari pacchetti a sostegno delle Forze Armate ucraine. Il trasferimento di Manpads sta tuttavia intaccando profondamente le limitate scorte dei Paesi donatori, complici i bassi volumi di produzione dello Stinger.

I progetti in corso e la transizione al Camm-Er

L’acquisizione di nuovi sistemi per la difesa aerea ravvicinata è già tra le priorità dei vertici militari italiani, a partire dall’esercito, e dovrebbe rientrare tra le priorità del prossimo governo nel campo della difesa. Negli ultimi anni è stata infatti avviata la sostituzione dei vecchi missili intercettori Aspide su sistema Skyguard e Spada con i più moderni Camm-Er, garantendo così la protezione sia delle unità italiane nei teatri operativi, sia delle infrastrutture critiche sul territorio nazionale. Ora andranno garantite le risorse per completare la modernizzazione del sistema di detezione e comando necessarie per rendere efficace il missile, con l’acquisizione del sistema Grifo. 

Questa transizione dovrà continuare ad essere accompagnata e completata da un’iniziativa per lo sviluppo di un nuovo modello di Manpads. Tenuto conto delle lunghe tempistiche necessarie per porre fine alla penuria di missili Stinger, questa potrebbe essere la buona occasione per avviare lo sviluppo di un successore, sfruttando sinergie e esigenze comuni degli alleati europei

Parola d’ordine: droni

Voltando lo sguardo verso sistemi più semplici, economici, e meno sofisticati, è ormai innegabile una rapida e repentina espansione del settore dei sistemi unmanned, meglio conosciuti come droni. Le tipologie di droni esistenti sono molteplici, e molteplici sono gli usi che possono essere fatti di questi sistemi – da un tradizionale attacco cinetico fino alla dispersione di sostanze nocive. Tutti possono tuttavia provocare conseguenze potenzialmente molto gravi.

Per essere efficace, il contrasto ad attacchi condotti con droni deve comprendere sia strumenti per disorientare l’azione del drone (soft kill), sia assetti mirati alla distruzione completa del sistema (hard kill) – regola valida per l’intero settore della difesa aerea ravvicinata. Essendo in grado di adempiere entrambe le funzioni, le armi ad energia diretta stanno riscontrando particolare interesse da parte delle Forze Armate.

Buona volontà e incertezza dei fondi

In questo settore del procurement italiano, il rapporto tra Forze Armate e industria della difesa è relativamente stabile e collaborativo, con le prime che definiscono chiare esigenze operative, e la seconda che si impegna nello sviluppo e produzione di sistemi innovativi. Ciò si riscontra, ad esempio, nell’introduzione di nuovi sistemi per il contrasto a contrasto a razzi, artiglieria e mortai (le cosiddette capacità C-Ram), che negli ultimi anni stanno catalizzando un’attenzione crescente.

Fondamentale, nel rapporto tra le due parti, è un corretto coordinamento in termini di programmazione finanziaria, necessaria alle Forze Armate per elaborare una prioritizzazione delle esigenze, e al comparto industriale per ottenere una visione a lungo termine dei propri investimenti. Su questo fronte si è osservato un notevole taglio previsto dal Documento Programmatico Pluriennale del 2022 rispetto all’anno precedente, con una sensibile riduzione dei fondi destinati a programmi per lo sviluppo e produzione di sistemi di difesa aerea a corto e cortissimo raggio.

Cosa ci aspetta, come affrontarlo

Il conflitto russo-ucraino sta dimostrando l’imprescindibilità, per un Paese avanzato, di un’adeguata difesa aerea ravvicinata. Tra le lezioni fondamentali che derivano dalla feroce invasione russa si riporta la moltitudine di assetti aerei, missilistici e di artiglieria in grado di rappresentare una seria minaccia alla sicurezza di un Paese e delle sue basi operative all’estero, e la conseguente necessità di disporre per tempo di un ampio ventaglio di sistemi di contrasto. Quest’ultimo dovrebbe comprendere un’ampia varietà di sensori ed effettori, attivi e passivi, in grado di rispondere a minacce diverse e specifiche e che siano ben integrati in un’unica catena di comando e controllo.

L’impiego sempre più diffuso dei droni, che sta portando le forze armate italiane a collocare maggiori capacità anti-drone a livello tattico nelle formazioni dell’esercito, porta a immaginare un’evoluzione degli scenari operativi in questa direzione. Affinché l’Italia non si faccia trovare impreparata, sarà importante consolidare il rapporto di collaborazione tra difesa e industria, colmare i gap ad oggi esistenti, evitare inutili frammentazioni e duplicazioni e – ultimo ma non ultimo – definire roadmap tecnologiche condivise e sinergiche con le iniziative europee.

Foto di copertina EPA/OLEG PETRASYUK

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