La scelta di Vance e l’eredità di Trump

Alla convention del Partito Repubblicano di Milwaukee, in Wisconsin, l’ex presidente e nuovo candidato Donald Trump ha nominato suo vice il senatore dell’Ohio J.D. Vance.

Chi è JD Vance?

Vance è uno dei più giovani membri del Senato federale – è stato eletto nel 2022 a soli 37 anni. È un ultra-conservatore cristiano povero di origine, un ex marine arruolatosi dopo l’11 settembre, un ex imprenditore di un certo successo. Soprattutto, Vance è l’autore del libro Hillbilly Elegy, in cui racconta la sua esperienza di bianco povero cresciuto in un’area suburbana dell’Ohio, ma che, nonostante le difficoltà, riesce a costruirsi un percorso di istruzione d’élite, laureandosi a Yale. Tutto questo grazie ai valori tradizionali di patriottismo, etica del lavoro e responsabilità individuale inculcati dalla sua disfunzionale famiglia (soprattutto dai nonni, mentre la madre ha problemi di dipendenze). Nel libro, Vance critica duramente quella che lui percepisce come la cultura di assistenzialismo promossa dal progressismo democratico e liberal. Hillbilly Elegy è diventato un best-seller, dando a Vance fama nazionale e catapultandolo in politica.

Inizialmente, Vance si distingue per le sue posizioni fortemente anti-trumpiane, arrivando a definire Trump “eroina culturale” per il movimento conservatore americano e ammonendo che l’ex presidente potrebbe diventare l’Hitler d’America. Tuttavia, durante gli anni della presidenza Trump (2017-2021), come molti altri Repubblicani, Vance viene fulminato sulla via di Damasco, arrivando a vedere in Trump il portatore di un rinnovato credo conservatore e allo stesso tempo rivoluzionario (ovvero anti-elite), destinato a ridare vigore all’America dei bianchi poveri, soprattutto della regione degli Appalachi e del Midwest, che si sente dimenticata dall’élite di Washington. In effetti, la famiglia di Vance proviene proprio dal Kentucky, uno degli stati della regione degli Appalachi, ed è cresciuto in Ohio, uno degli stati del Midwest.

Una scelta controcorrente

La scelta di Vance da parte di Trump come candidato vicepresidente non è in linea con la strategia solitamente seguita, che è generalmente volta a selezionare persone che completino il profilo del candidato presidenziale, rafforzando i suoi punti deboli. Ad esempio, un presidente giovane può selezionare un vice più esperto e, viceversa, un presidente esperto prenderne uno giovane (come fu il caso di Obama e Biden). Oppure un candidato presidenziale può selezionare un vice che proviene da aree del paese in cui è meno forte. Similmente, la scelta del vice può aumentare l’appeal del presidente presso alcuni segmenti elettorali (i maschi bianchi, le donne, i neri, gli ispanici ecc.).

La scelta di Vance da parte di Trump può essere letta in questa luce, ma solo in modo limitato. Vance, proveniente dall’Ohio e auto-proclamatosi portavoce dei bianchi poveri ‘dimenticati’ della regione del Midwest, può aiutare Trump in una regione cruciale per l’esito elettorale. Trump deve infatti vincere in Wisconsin, Michigan e Pennsylvania, i tre stati che gli consegnarono la vittoria del 2016 ma che nel 2020 gli hanno voltato le spalle a favore di Biden.

Tuttavia, ci sono ragionevoli dubbi che Vance sia davvero un valore aggiunto, perché dopotutto i segmenti elettorali presso cui Vance è forte sono già lo zoccolo duro dell’elettorato trumpiano, cioè i bianchi poveri del Midwest. Se Trump avesse scelto altri candidati, come il governatore della Virginia Glenn Youngkin, o l’ex governatrice della South Carolina Nikki Haley – che, fra l’altro, lo ha sfidato nelle primarie – o il senatore della Florida Marco Rubio, avrebbe potuto aumentare il suo appeal fra i moderati, i conservatori globalisti di stampo reaganiano, le donne o i latini.

Invece, ha scelto un ultra-conservatore che ha espresso posizioni radicali contro l’aborto, parlato sprezzantemente delle donne che non hanno figli, criticato esplicitamente il sostegno degli Stati Uniti all’Ucraina, avallato la menzogna delle elezioni rubate del 2020 e attribuito ai Democratici la responsabilità dell’attentato a Trump, nonostante non ci siano prove che l’attentatore fosse mosso da motivazioni politiche (era anzi registrato come repubblicano).

La scelta di Vance rafforza l’agenda MAGA

Trump ha di fatto scelto una copia più giovane di se stesso, e proprio questo è il punto. È un segnale dell’alta fiducia che l’ex presidente ha nella sua vittoria a novembre e testimonianza che la sua ambizione è allargare la base elettorale non tanto cercando compromessi o accordi con altri gruppi di interesse conservatori e magari ammiccando a moderati e centristi, ma dando maggiore coerenza e solidità ideologica e programmatica al “repubblicanesimo MAGA”.

Quest’ultimo è caratterizzato da ipernazionalismo nativista, populismo economico (che consiste nell’adozione di tariffe legate a una potente deregolamentazione e basse tasse), e un’opposizione totale, integrale e radicale all’immigrazione, considerata la più grande minaccia all’esistenza stessa degli Stati Uniti. La piattaforma MAGA prevede anche la lotta feroce alla cultura dell’inclusività e del rispetto della diversità, in particolare di genere, che riduce a una sorta di caricatura in cui ogni differenza è annullata e in cui la questione dei diritti non sembra avere rilevanza.

Il repubblicanesimo MAGA è anche a favore di una rivisitazione al ribasso degli impegni internazionali degli Stati Uniti in nome di un unilateralismo nazionalista e non globalista, concentrato essenzialmente sulla lotta alla Cina e, in seconda battuta, sulla difesa di Israele (un principio di fede anche per i Repubblicani MAGA o almeno per i loro capi).

L’agenda del movimento prevede lo smantellamento del governo federale, in particolare delle agenzie regolative a protezione di ambiente, salute, lavoro e consumatori, e di programmi sociali (sebbene con qualche eccezione: si salverebbero probabilmente la previdenza sociale e l’assistenza sanitaria per i più anziani).

Infine, il repubblicanesimo MAGA ha scarso rispetto per la separazione dei poteri e i ‘pesi e contrappesi’ (checks and balances) che caratterizzano l’assetto costituzionale e federale americano. Al contrario, promuove la politicizzazione della magistratura mediante l’inserimento di giudici iper-conservatori nelle corti federali, una strategia che ha ampiamente ripagato Trump, visti gli enormi favori che i giudici da lui insediati durante il suo mandato gli stanno facendo sul fronte giudiziario.

Una strategia politica, non elettorale

Agli occhi di Trump, Vance incarna la garanzia che il repubblicanesimo MAGA continuerà anche in futuro. La scelta manda un messaggio chiaro: se Trump dovesse essere rieletto, come si aspetta, questa volta non ci saranno compromessi né accordi con l’establishment repubblicano. L’intera agenda governativa sarà nelle mani del presidente e di un entourage costruito sulla base non tanto della competenza e della diversità di esperienze, ma dell’assoluta lealtà al presidente e alla sua agenda ideologica e programmatica.

Vance ha innegabilmente una bella storia personale, che in un certo senso completa quella di Trump. Da una parte, c’è l’ex presidente, rampollo di una ricchissima famiglia newyorkese, navigato e anziano. Dall’altra, l’ex povero bianco self-made man, l’uomo che si è fatto da solo. Trump è l’impulsivo, coraggioso rivoluzionario che ha sfidato l’establishment. Vance è il giovane e articolato (è brillante nei dibattiti e molto capace nell’esporre argomenti) erede pronto a raccogliere il testimone del movimento MAGA quando Trump si ritirerà.

Insomma, con la selezione di Vance, i Repubblicani sembrano aver completato la transizione dal conservatorismo religioso, nazionalista, liberista, internazionalista e interventista di Ronald Reagan e George W. Bush a quello iper-conservatore, nativista, protezionista e sovranista di Donald Trump. Vedremo a novembre se abbastanza americani sono persuasi che sia il caso di dare non solo a Trump, ma anche al repubblicanesimo MAGA, l’opportunità di governare per altri quattro anni e forse più.

 

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