Missioni internazionali italiane: non solo Mediterraneo

Con un comunicato stampa pubblicato 1° maggio, il Consiglio dei Ministri ha reso note le proprie decisioni riguardo le missioni internazionali cui l’Italia partecipa. Come ogni anno, il governo è infatti chiamato a decidere quali missioni rinnovare e quali, eventualmente, iniziare.

Quattro nuove missioni

Le novità del 2023 riguardano Ucraina, Libia, Niger – con tre missioni Ue di cui l’Italia entra a far parte – e Burkina Faso, dove Roma sarà impegnata in una missione bilaterale.

La EU Military Assistance Mission in support of Ukraine (EUMAM Ukraine) si pone l’obiettivo di irrobustire le Forze Armate ucraine, che da mesi si trovano a difendere il proprio territorio dall’irresponsabile aggressione russa. Prendendovi parte insieme ad altri stati membri dell’Ue, l’Italia contribuisce così alla preparazione dei soldati – fuori dal territorio ucraino – e alla messa a disposizione di equipaggiamento, anche grazie al finanziamento garantito dal bilancio comunitario tramite la European Peace Facility.

Con le nuove missioni in Niger e Burkina Faso, il contingente italiano supporterà le forze di sicurezza locali nella lotta ai gruppi armati. Con la neo-istituita EU Military Partnership Mission in Niger (EUMPM Niger), Roma contribuirà – tra le altre cose – alla creazione di un Centro per la formazione dei tecnici delle forze armate nigerine. La EUMPM Niger si aggiunge alla Missione Italiana Bilaterale di Supporto nella Repubblica del Niger (MISIN) dove – per usare le parole del Comandante del Comando Operativo Interforze Figliuolo, che da poco ha fatto visita alla base – il i militari italiani sono impegnati a “contrastare la minaccia alla stabilità e alla convivenza civile”.

Anche in Libia, con la nuova missione europea, l’Italia rafforza la propria presenza. La EU Border Assistance Mission in Libya (EUBAM Libya), che mira a facilitare la transizione del Paese verso democrazia e stabilità, si somma infatti alla Missione bilaterale di assistenza e supporto in Libia (MIASIT). Quest’ultima è stata spesso criticata con riferimento ai flussi migratori di persone che cercano di arrivare in Europa e che si trovano costrette in centri di detenzione dove sono sottoposte a pratiche inumane. Il tema è aperto dal 2017, quando l’allora Governo Gentiloni sottoscrisse un Memorandum con Tripoli, recentemente rinnovato dall’attuale esecutivo.

Uno sguardo verso l’Indo-Pacifico

Tramite il rinnovato impegno nelle missioni Ue, Nato e Onu, Roma dimostra ancora una volta la propria intenzione a coltivare gli interessi delle proprie alleanze, oltre a quelli nazionali. Il comunicato emanato dal Consiglio dei Ministri recita infatti che “la strategia di impiego dello strumento militare continua a basarsi sulla tradizionale adesione alle iniziative delle Organizzazioni Internazionali di riferimento per il nostro Paese”.

Chiara dimostrazione di tale impegno è il comando italiano della Missione NATO in Iraq, mirata all’assistenza e all’addestramento delle autorità locali, dove sono impegnati circa 610 soldati e 100 veicoli. Con questa, e molte altre missioni, l’Italia conferma la propria presenza nel cosiddetto Mediterraneo allargato dove, specialmente se si considera una graduale diminuzione dell’interesse nell’area da parte statunitense, Roma ha una reale possibilità di ricoprire un ruolo chiave assumendo una leadership crescente.

Come specificato dalla Delibera, tuttavia, “all’esterno del Mediterraneo allargato, permane l’esigenza di mantenere una presenza navale nell’area indopacifica. Ed è proprio di poche settimane fa la notizia che la nave Morosini è salpata verso est. Dapprima impegnata a supporto dell’operazione Agenor, parte della European-led Maritime Awareness Strait of Hormuz (EMASOH), la Morosini si sposterà poi verso l’Indo-Pacifico, dove è previsto arriverà a toccare quindici porti di quattordici Paesi, tra cui Giappone e Corea del Sud. All’operazione della Morosini seguirà l’invio di una formazione che comprenderà la portaerei Cavour, un cacciatorpediniere, una fregata e un rifornitore di squadra.

Ma la Difesa italiana non è presente nell’Indo-Pacifico solo con una presenza navale. Insieme a Giappone e Regno Unito, Roma è coinvolta nel programma multinazionale di procurement Global Combat Air Programme (GCAP), ovvero la prosecuzione del Tempest. Questa tensione italiana verso Oriente dimostra, insomma, una presa di consapevolezza da parte di Roma della rilevanza strategica dell’area indo-pacifica, oltre che della sua interconnessione con un’altra regione in cui l’Italia riconosce un forte interesse nazionale, cioè il Mediterraneo allargato.

Un nuovo approccio alle missioni internazionali?

Con le quattro novità 2023, l’Italia è ora impegnata in oltre 40 missioni internazionali. Ciò che rende queste ultime un elemento fondamentale della politica estera italiana è, da un lato, la possibilità di contribuire alla stabilità dei Paesi in cui si interviene – dove, normalmente, l’Italia stessa vede degli interessi nazionali in gioco – e, dall’altro, la garanzia di mantenere un dialogo aperto con i Paesi dove avvengono le missioni.

Durante un’audizione parlamentare riguardo le linee programmatiche della Difesa italiana nel 2022, il Ministro Crosetto aveva toccato anche il tema delle missioni internazionali, manifestando l’intenzione di cambiare radicalmente l’approccio nazionale. A detta del Ministro, ciò andrà fatto anzitutto valutando le missioni in termini di risultati, che dovranno andare aldilà dell’aspetto prettamente militare e considerare anche, ad esempio, economia, sicurezza interna, istruzione e sanità.

Durante la sua audizione, Crosetto aveva messo in guardia rispetto alla necessità di deliberare sulle missioni internazionali in tempi celeri, pena un’insufficiente copertura politica delle missioni sul fronte interno e un’insufficiente credibilità di Roma all’esterno. La delibera del 1° maggio rappresenta, in questo senso, un passo avanti, se si considera che quella dell’anno scorso fu approvata il 15 giungo, e quella del 2021 il 15 luglio.

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