La rotta della Marina italiana verso l’innovazione tecnologica

Nel dominio marittimo, specialmente in mare aperto dove le navi non possono contare su vegetazione, costruzioni o rilievi per nascondersi da potenziali nemici, la padronanza di tecnologie avanzate assume un ruolo preponderante nell’assicurare l’efficacia e la sopravvivenza stessa di assetti militari impegnati in operazioni navali.

La Marina Militare (MM) è per l’Italia uno strumento fondamentale per la difesa del territorio nazionale e dei molteplici interessi economici e di sicurezza del Paese. Un’economia fortemente dipendente dall’importazione e l’esportazione di beni, risorse energetiche e materie prime via mare non può infatti prescindere da un’adeguata capacità di difendere le principali linee di comunicazione marittime, anche a grande distanza dai propri porti.

Per questo motivo la MM è ad oggi una delle marine più tecnologicamente avanzate al mondo, grazie a investimenti mirati e a capacità industriali nazionali di alto livello, messe in campo da una catena del valore competitiva. Questa filiera permette all’Italia di dotarsi di mezzi all’avanguardia quali le Fregate europee multi-missione (FREMM), particolarmente apprezzate in ambito Nato specialmente nella loro configurazione anti-sommergibile.

L’importanza della portaerei

Come è emerso in un recente studio IAI sui sistemi di combattimento navali, uno sguardo rivolto alle più ‘giovani’ navi della Marina rivela un processo di aumento del tonnellaggio medio rispetto a quelle risalenti alla Guerra Fredda. In molti casi questo riflette un aumento delle capacità complessive della flotta e delle singole navi ma anche una più diffusa necessità di operare al di fuori del Mediterraneo e del Mar Rosso, non più prerogativa delle unità delle classi maggiori.

Fin dalla fine della Guerra Fredda la Marina ha dato un’importanza sempre crescente a quelle capacità expeditionary, che garantiscono l’abilità di proiettare forze a distanze sempre più ampie – anche nel quadro delle numerose missioni internazionali cui hanno partecipato le forze armate. Ad esempio questa capacità, destinata a crescere ulteriormente nei prossimi anni, ha fatto sì che la MM – tramite la portaeromobili Garibaldi – abbia giocato un ruolo importante durante la recente esercitazione Nato ‘Cold Response 22’ in Norvegia. Sempre nave Garibaldi, nel periodo 2002-2006, posizionandosi nell’Oceano Indiano ha permesso ai jet multiruolo AV-8B della Marina di effettuare missioni di intelligence, sorveglianza e ricognizione in Afghanistan, nonché di supporto aereo alle forze della coalizione occidentale sul terreno.

Ad oggi, grazie alla più moderna portaerei Cavour e all’investimento sull’F-35B a decollo corto e atterraggio verticale, l’Italia è uno di soli tre paesi al mondo (e l’unico nell’Ue) in grado di operare aerei da combattimento di quinta generazione da una portaerei – oltre a Stati Uniti e Gran Bretagna.

Un gruppo portaerei rappresenta un assetto estremamente utile e versatile non solo in campo operativo, ma anche come strumento politico e diplomatico. Sia Regno Unito che Francia negli ultimi anni hanno coinvolto unità navali di Paesi partner nei rispettivi gruppi portaerei dispiegati nell’Indo-Pacifico: pratica che, oltre ad aiutare a far fronte a momenti di scarsità di navi pronte a salpare, favorisce un miglioramento dell’interoperabilità fra alleati all’interno di esercitazioni e operazioni svolte sotto l’egida di quelle marine dotate di portaerei.

Occorre senz’altro una riflessione in Italia che porti all’elaborazione di un approccio più strategico all’utilizzo di nave Cavour come force multiplier, sfruttando al meglio la possibilità di alleviare il carico della Marina dispiegando periodicamente un gruppo portaerei costituito anche da navi alleate nel Mediterraneo allargato e oltre, con i relativi benefici in termini sia di interoperabilità che di naval diplomacy verso i partner operativi e della regione.

La complementarietà di innovazione e integrazione

Nel suo insieme, la Marina italiana è una forza bilanciata, composta come tutte le marine più moderne da una moltitudine di mezzi e sistemi spesso molto diversi fra loro: non solo navi e sottomarini, ma anche elicotteri, aerei e mezzi di terra. Il progresso tecnologico degli ultimi decenni ha portato all’entrata in servizio anche di mezzi aerei e subacquei a pilotaggio remoto che, insieme a quelli di superficie, sono destinati ad assumere un ruolo sempre più importante nel dominio navale.

Anche se i sistemi unmanned di piccole e medie dimensioni avranno un ruolo sempre più prominente nelle operazioni navali sia in termini qualitativi che quantitativi, le grandi piattaforme quali navi e sottomarini rimarranno ancora a lungo al centro delle capacità operative delle principali marine militari. In questo contesto, tuttavia,una proporzione crescente dei costi relativi alla costruzione e messa a punto dei mezzi navali è dedicata ai sistemi di combattimento piuttosto che lo scafo o i sistemi di navigazione e propulsione.

Lo sviluppo e acquisizione di sistemi di combattimento allo stato dell’arte però da solo non garantisce alla Marina efficacia in contesti operativi sempre più difficili a causa sia dell’instabilità globale che del proliferare di tecnologie dirompenti ormai sempre più accessibili a potenziali avversari.

A tal proposito la Marina punta non solo all’ammodernamento delle capacità, ma anche al raggiungimento di un alto livello di integrazione fra piattaforme e sistemi di combattimento anche molto diversi da loro (ad esempio navi, sottomarini, elicotteri e veicoli a pilotaggio remoto) in un’ottica multi-dominio e di system-of-systems. Fra i principali obiettivi della Marina per i prossimi anni, delineati nel Future Combat Naval System 2035 (FCNS 2035), vi è anche quello di rafforzare la capacità della forza armata di adattarsi in modo più dinamico all’innovazione tecnologica, già in forte accelerazione. Un approccio più dinamico sarà inoltre necessario nelle pratiche di procurement e manutenzione.

Investire di più e in modo più efficiente

Sebbene la MM sia una forza già tecnologicamente avanzata, resta fondamentale che l’Italia continui a investire sull’innovazione nel dominio navale prr garantire l’efficacia dello strumento militare di fronte ad una decisa accelerazione tecnologica nel campo della difesa. Sarà cruciale, inoltre, allineare quanto più possibile i processi innovativi nazionali con quelli europei, intercettando gli incentivi alla cooperazione industriale messi in campo dall’Ue e le relative opportunità di cooperazione con partner in Europa.

Posta dinnanzi all’ineluttabile difficoltà nel tenere i ritmi imposti da stati di dimensione continentale le cui marine si approcciano al Mediterraneo allargato, l’Italia – come tutti i Paesi europei – deve cercare di efficientare i costi di sviluppo di tecnologie nuove e dirompenti attraverso la cooperazione con partner vicini e lontani.

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