IAI
Quarta leadership multilaterale

L’Italia alla guida della missione Nato in Iraq

26 Mar 2021 - Ottavia Credi - Ottavia Credi

La presenza italiana nelle missioni Nato continua ad aumentare. Il Paese – già secondo per numero di contributi alle operazioni alleate dopo gli Stati Uniti – guiderà infatti la rinnovata missione dell’Alleanza in Iraq. Così è stato deciso durante l’ultima riunione ministeriale Nato lo scorso febbraio.

Lanciata nel 2018, la Nato Mission Iraq passa pertanto da 400 a ben 5mila unità, per la maggior parte europee e canadesi – tra queste, le truppe italiane rappresenteranno la quota più numerosa. Mantenendo al tempo stesso la guida della missione Onu in Libano (Unifil), di quella Nato in Kosovo (Kfor) e di Eunavformed Irini, Roma prende ora le redini della quarta grande missione multilaterale nell’area del Mediterraneo allargato.

Un impegno di lunga data
L’Italia è presente sul territorio iracheno da quasi vent’anni, a fasi alterne in linea con l’orientamento dei maggiori alleati. Tra il 2003 e il 2006, le truppe italiane furono drammaticamente impegnate nella missione Antica Babilonia, mirata al supporto degli Stati Uniti nella stabilizzazione dell’Iraq a seguito del rovesciamento del regime di Saddam Hussein, e segnata dalla strage di Nassiriya. L’Italia fu poi parte attiva della prima Nato Training Mission Iraq, in corso tra il 2004 e il 2011 – sebbene la formazione degli ufficiali iracheni avvenisse principalmente fuori dal Paese – ed entrò nuovamente in forze in Iraq nel 2014 con l’operazione Prima Parthica, nell’ambito della missione internazionale Inherent Resolve, avviata dalla coalizione globale contro il sedicente Stato islamico (Isis).

L’Italia ha sempre dimostrato un grande impegno nelle missioni internazionali. Nel caso specifico dell’Iraq, tale presenza è particolarmente ragguardevole poiché, oltre a fornire supporto nella gestione della crisi interna al Paese, l’azione italiana consente di mantenere e rafforzare il rapporto con i propri partner europei e transatlantici. Il teatro iracheno è inoltre strettamente connesso al Levante – dove l’Italia è presente sia in Libano, sia nel Mediterraneo orientale – e all’Iran, rispetto al quale Roma ha tutto l’interesse a contribuire ad una riprese del negoziato internazionale sul programma nucleare del Paese.

Leadership italiana nel quadro Nato
Tramite le parole del segretario generale dell’Alleanza Jens Stoltenberg, la Nato si è detta “estremamente grata” dell’impegno assunto dall’Italia, che si prepara ad incrementare le proprie risorse dispiegate in Iraq, al momento consistenti in circa 1100 militari, 270 mezzi terrestri e 12 aerei, schierati tra la base di Erbil (Kurdistan iracheno) e quella di Baghdad.

La continuità manifestatasi nella conferma al ministero della Difesa di Lorenzo Guerini – che ha effettuato quattro visite in Iraq solo nell’ultimo anno – ha permesso all’Italia di assumere un ruolo di leadership all’interno dell’Alleanza, dimostrando un’invariata fermezza nelle attività in corso sul territorio iracheno.

È possibile interpretare la decisione presa durante la ministeriale come una risposta alla volontà statunitense di un maggior coinvolgimento dei propri alleati nelle missioni Nato in Medio Oriente. Quest’ultimo segue, infatti, una consistente riduzione della presenza militare da parte degli Stati Uniti, che con questo provvedimento confermano un graduale disinteresse nell’area mediorientale rispetto alla crescente priorità attribuita all’Indo-Pacifico. Benché non si sia arrivati al ritiro di tutte le truppe americane auspicato dall’ex presidente Donald Trump, l’amministrazione di Joe Biden ha comunque effettuato un (notevole) ridimensionamento delle risorse impiegate: se nell’agosto 2020  risultavano schierate 8mila unità, d’ora in poi le truppe statunitensi saranno 2.500, prevalentemente impegnate nella raccolta di informazioni sulla regione.

Fornire supporto, rispettare il Paese
La Nato Mission Iraq si pone molteplici obiettivi. In primo luogo, il contingente dispiegato sul territorio sarà incaricato di addestrare le forze locali e fornire loro supporto nella lotta all’Isis, che continua ad affliggere la popolazione irachena nonostante il gruppo terroristico abbia, di fatto, perso il controllo della regione. Inoltre, la missione – la cui presenza territoriale sarà allargata oltre l’area di Baghdad – è preposta al rafforzamento della sicurezza dei confini del Paese e al ripristino della sovranità dello Stato iracheno.

Quest’ultimo punto è stato rimarcato da Stoltenberg, che ha sottolineato come la decisione di aumentare il contingente dispiegato in Iraq fa seguito a richieste provenienti dallo stesso governo iracheno, e sarà attualizzata nel pieno rispetto della “sovranità e integrità territoriale” dell’Iraq. Tale riferimento è stato volto, da un lato, a rincuorare un Paese il cui suolo è ormai diventato un terreno di scontro tra Iran e Stati Uniti e, dall’altro, a tranquillizzare l’Iraq (e la Turchia) rispetto all’ipotesi di un’indipendenza curda.

Problemi irrisolti
Gli sviluppi riguardo la missione Nato in Iraq hanno messo in luce diverse criticità. Innanzitutto, la partecipazione di otto altri Paesi europei dimostra come la presenza dell’Europa in Medio Oriente continui a manifestarsi prevalentemente sotto forma di azioni dell’Alleanza, con l’attività dell’Unione europea nell’area limitata alla sola missione Euam Iraq (European Union Advisory Mission).

Tra le implicazioni del maggiore impegno italiano nella missione Nato vi è poi il rischio di un possibile inasprimento delle tensioni con la Turchia, che ha più volte criticato l’Alleanza per la sua collaborazione con i curdi iracheni. Al tempo stesso, la mancanza di un veto turco al potenziamento della presenza Nato in Iraq potrebbe suggerire un’apertura verso un approccio condiviso alla stabilizzazione del Paese.

Infine, l’Iraq continua a presentare un grave problema di sicurezza restando al centro delle tensioni regionali, come dimostrato dal susseguirsi di raid aerei quale il recente attacco contro la base di Erbil. Oltre ad affliggere il Paese, ciò rappresenta un serio rischio per il contingente Nato dispiegato sul territorio. Invece di scoraggiare il coinvolgimento italiano, però, questi eventi sono stati sottolineati dal ministro Guerini per rimarcare l’importanza di una presenza stabilizzatrice sul suolo iracheno, attestando ancora una volta la volontà di Roma di contribuire agli obiettivi dell’Alleanza non solo a parole, ma anche nei fatti.

Nella foto di copertina ANSA/UFFICIO STAMPA ESERCITO il ministro della Difesa Lorenzo Guerini in Iraq