L’America Latina nel mirino dei BRICS

Le urne hanno parlato. Dopo le elezioni di domenica 22 ottobre, gli argentini sceglieranno il prossimo presidente della Repubblica federale tra il ministro dell’economia uscente Sergio Massa e l’economista libertario Javier Milei, che il prossimo 19 novembre si sfideranno al ballottaggio per la Casa Rosada. In campagna elettorale Milei ha dichiarato che, se il 10 dicembre a insediarsi fosse un suo governo, cancellerebbe l’adesione dell’Argentina al gruppo dei BRICS, ufficializzata il prossimo 1° gennaio. “Non ci allineeremo con i comunisti” ha detto Milei, riferendosi alla Cina, ma anche all’eterno partner-rivale regionale: il Brasile di Lula da Silva.

I nuovi BRICS

Oltre a questi due paesi, il blocco dei BRICS raggruppa Russia, India e Sud Africa. Durante l’ultimo summit ad agosto 2023, il gruppo ha optato per l’allargamento, includendo Egitto, Etiopia, Iran, Arabia Saudita, Emirati Arabi Uniti e Argentina. Una vittoria diplomatica per la Cina che, dopo averla preparata dal 2017, ha definito “storica” questa svolta del blocco delle economie un tempo “emergenti”.

Brasile e India si sarebbero opposti, temendo che una lista degli invitati che include autocrazie e paesi sotto sanzioni americane potesse riscrivere la posizione dei BRICS in opposizione al G7 e alla NATO. Con l’entrata dei nuovi paesi, il gruppo si trova ora di fronte a un bivio esistenziale: seguire la leadership cinese verso un’alleanza antioccidentale o farsi emblema della posizione di “non allineamento attivo” nelle grandi questioni globali, sotto l’egida di Brasile e India. In questo scenario, mentre il ballottaggio argentino ridefinirà il ruolo di Buenos Aires nei BRICS e nell’ordine internazionale, la direzione intrapresa dal gruppo e le sue future adesioni impatteranno su molti paesi dell’America Latina.

Brasile e Argentina nei nuovi BRICS

Così come l’India, con l’allargamento dei BRICS il Brasile rischia di perdere influenza, e per molte delle sue campagne (tenuta democratica, salvaguardia dell’Amazzonia, accordo UE-Mercosur) Lula avrebbe più bisogno del sostegno occidentale. Il presidente brasiliano continua però a vedere nei BRICS un araldo del multipolarismo fondato su sovranità territoriale e non-allineamento, e un forum dove concretizzare le istanze ventennali del Sud Globale per “una ristrutturata architettura di politica, economia e finanza globale”.

A garantire l’entrata dell’Argentina nei BRICS erano state proprio le relazioni tra il governo peronista uscente, il Brasile di Lula e la Cina. Buenos Aires cerca ora di entrare nella loro Nuova Banca di Sviluppo (NDB), che si propone come alternativa a quel Fondo Monetario Internazionale con cui il governo argentino sta negoziando i rimborsi ai finanziamenti del 2022. Se Massa riuscisse a mantenere il peronismo al governo fortificherebbe l’alleanza con il Brasile, rinvigorendo la compattezza regionale. Questo porterebbe a un blocco Mercosur con più potere negoziale nell’accordo di libero scambio con l’Unione Europea (ma anche con la Cina) e politiche favorevoli agli interscambi tra i BRICS, nonché un rafforzamento della “neutralità” sulle questioni globali (Russia-Ucraina, Israele-Palestina).

Nello scenario opposto, le liberalizzazioni di Milei garantirebbero relazioni più solide con gli Stati Uniti e l’UE per attrare investimenti nel paese, ma frammentando i rapporti con il Brasile e con un’America Latina a trazione socialista. Milei propone di “dollarizzare” l’economia argentina, una politica monetaria che va nella direzione opposta a quella “de-dollarizzazione” invocata per i BRICS da Lula tramite la NDB. Come però successe al governo di Mauricio Macri, gli indispensabili legami commerciali e di investimenti tra Buenos Aires e Pechino potrebbero scongiurare anche a Milei una brusca uscita dai BRICS.

Chiunque a fine anno sieda alla Casa Rosada, una svolta antioccidentale dei BRICS potrebbe  dunque non incidere sulla politica estera argentina. Un governo Massa, che propone di ridurre il debito tramite un accordo di scambio di valute con la Cina e una moneta regionale in comune con il Brasile, non avrebbe problemi ad allinearsi ai nuovi BRICS a leadership cinese. Anche solo guardando alla politica monetaria, un governo Milei avrebbe invece problemi a restarvici. Se invece la posizione di Brasile e India dovesse prevalere all’interno dei BRICS, con un governo peronista il blocco diventerebbe un nuovo forum per le istanze globali di un rafforzato regionalismo latinoamericano. Persino un governo Milei, con l’economia in crisi e un aiuto economico da Pechino, potrebbe ripensarci.

Il futuro dei BRICS e l’America Latina

Al di là delle prime due economie della regione, altri stati dell’America Latina si troverebbero a reindirizzare la loro politica estera di fronte a un blocco dei BRICS a carattere anti-G7. Alcuni di questi, come la Bolivia, hanno già spedito la domanda di accettazione al gruppo, mentre l’Uruguay è entrato a far parte della NDB. In vista di una futura adesione, Cuba ha partecipato all’incontro degli “Amici dei BRICS” a margine dell’ultimo summit.

Il rischio è che i nuovi BRICS a guida cinese mettano a rischio il sistema di sanzioni americano, proprio con l’ingresso di altri paesi soggetti a sanzioni, tra cui l’Iran, Cuba e il Venezuela, nonché la proposta adozione di interscambi tra BRICS e prestiti e investimenti della NDB in valuta locale o yuan. Mentre la Bolivia approverebbe questa nuova linea, risulta difficile vedere i governi Milei o Lacalle Pou ai tavoli delle trattative sia con Washington che con L’Avana e Caracas, due temi polarizzanti nelle ultime campagne elettorali in tutto il continente.

Il banco di prova dell’impatto latinoamericano dei nuovi BRICS sarà però il Venezuela, la cui entrata è favorita da Lula. Con l’ultima rimozione di sanzioni da parte di Washington sta prendendo il via il processo di pace che dovrebbe riportare il prossimo anno le elezioni nel paese caraibico. A seconda di chi andrà al governo nel 2024 e dei futuri rapporti con gli Stati Uniti, il Venezuela potrebbe ambire o rifiutare un seggio nei BRICS guidati dalla Cina. Se la linea Lula dovesse invece prevalere nel gruppo, un’entrata di Caracas in un forum multilaterale “non-allineato” sarebbe una vittoria diplomatica per il presidente brasiliano e un sigillo sul nuovo Venezuela aperto al mondo.

Nel frattempo, aspettando che si definisca il ruolo dei paesi latinoamericani nei BRICS, la strada intrapresa dal blocco potrebbe risvegliare l’Occidente dal torpore diplomatico verso i paesi del Sud Globale. Dopo le promesse fatte all’ultimo summit con la CELAC, questa settimana l’Ue incontrerà i paesi beneficiari del progetto Global Gateway, senza un solo partecipante dall’America Latina.

foto di copertina EPA/MARCO LONGARI / POOL

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