Aeronautica italiana, tecnologia e sfide future

Il centenario dell’aeronautica militare offre uno spunto unico per riflettere da una prospettiva italiana non solo sul passato del potere aereo, ma sul suo presente e futuro in base allo sviluppo tecnologico, al quadro strategico segnato dalla guerra russo-ucraina, e alla crescente interconnessione tra i domini aereo e spaziale. Questi alcuni dei temi principali della AeroSpace Power Conference organizzata dalla forza armata lo scorso 12-13 maggio a Roma quale evento clou del suo centenario – conferenza di cui lo IAI è stato partner scientifico.

Un secolo di aeronautica e tecnologia

Tra le prime al mondo, l’aeronautica militare italiana nasce nel 1923 con la tecnologia nel proprio dna, in linea con lo spirito futurista del tempo e anche grazie alla visione di strateghi militari come Giulio Douhet. E cresce intimamente legata al progresso industriale e tecnologico del ‘900, dall’avionica alla motoristica, dai materiali all’elettronica, dai sensori alle telecomunicazioni – senza dimenticare il suo sguardo costante allo spazio extra-atmosferico.

La Guerra Fredda ha dato un’ovvia spinta strategico-militare al riguardo in tutto Occidente, data la competizione trasversale e totale con l’Unione Sovietica. Ma la tensione verso l’innovazione tecnologica è rimasta forte anche nel trentennio che dal 1991 al 2022 ha visto le forze armate dei Paesi Nato impegnate contro avversari non alla pari, e quindi in teatri operativi dove la supremazia aerea è stata rapidamente acquisita e facilmente mantenuta – dall’Iraq ai Balcani occidentali, dall’Afghanistan alla Libia. Tutte operazioni che hanno visto le capacità aeree italiane – dell’aeronautica e della marina – in prima linea.

Proprio nel periodo post Guerra Fredda l’Italia ha portato a maturazione e inserito in servizio l’Eurofighter 2000 co-prodotto con Gran Bretagna, Germania e Spagna, e ha partecipato sin dall’inizio e con un ruolo di primo piano tra i partner europei allo sviluppo, produzione e impiego degli F-35: i due pilastri attuali della flotta di caccia italiani, frutto della lungimiranza e continuità della politica industriale della difesa in campo aeronautico. Non a caso l’unica linea di assemblaggio e manutenzione di F-35 al mondo al di fuori degli Stati Uniti opera da oltre un decennio in Italia, a Cameri, e la marina italiana è una delle tre al mondo – l’unica dell’Unione Europea – ad equipaggiare la propria portaerei con caccia di quinta generazione.

Le implicazioni della guerra russo-ucraina per il potere aereo

L’invasione russa dell’Ucraina e la guerra ad alta intensità, su larga scala e prolungata che ne è risultata, cambiano il quadro strategico per il potere aereo occidentale. La Russia non ha conseguito la supremazia dei cieli, anche a causa dei sistemi di difesa aerea ucraina, ed ha così perso l’occasione di spianare la strada alle manovre terrestri ed accompagnarle con il supporto aereo. Mosca continua a bombardare periodicamente tutto il territorio ucraino con missili e droni, causando vittime e distruzioni, ma non riesce a paralizzare dal cielo né le forze armate né le istituzioni ucraine, anche perché la maggioranza degli attacchi russi viene intercettata prima di colpire l’obiettivo.

Viceversa, Kyiv è riuscita fino ad oggi a bombardare depositi e infrastrutture militari russe nei propri territori sotto occupazione, anche in vista della prossima controffensiva terrestre. La guerra russo-ucraina vede quindi la mancanza di una netta superiorità aerea, condizione che contribuisce al prolungamento di una guerra di attrito centrata su battaglie terrestri come quella di Bakhmut, e quindi al montare di vittime militari e civili ad un livello senza precedenti nella storia d’Europa post Seconda Guerra Mondiale.

Tutto ciò impone un cambio di priorità per le aeronautiche europee, che dovranno rivedere le proprie dottrine militari e dare priorità a investimenti e capacità necessarie per la deterrenza e la difesa rispetto a un avversario alla pari quale la Russia.

In quest’ottica, l’innovazione tecnologica in campo occidentale è necessaria sia per assicurare una difesa aerea e missilistica integrata del territorio europeo dalla minaccia russa, sia per superare le difese russe e distruggere le capacità militari avversarie nell’eventualità che vengano usate contro i Paesi Nato. Si tratta di un approccio diverso da quello ucraino, che per limiti militari e per scelta politica non colpisce massicciamente il territorio russo al fine di evitare una escalation del conflitto tra Russia e Nato. Ma se questa escalation fosse iniziata da Mosca, non ci sarebbero confini all’uso del potere aereo da ciascuna delle parti in conflitto. Sarebbe quindi sbagliato pensare di estendere le modalità della guerra aerea in corso in Ucraina ad uno scontro tra Russia e Nato che avrebbe caratteristiche molto diverse.

Occorre piuttosto partire dal corpus dottrinale, dalla pianificazione e dall’expertise accumulato dalle forze armate occidentali ed aggiornarlo alla luce del mutato quadro strategico, delle lezioni da apprendere dal conflitto, dell’innovazione tecnologica, e di un approccio alle operazioni militari sempre più “multi-dominio” – un concetto che l’Italia farebbe bene a tradurre e attuare come “interforze”. In questa riflessione complessiva dovrebbe rientrare anche il tema dell’equilibrio tra quantità degli assetti a disposizione, qualità, livello tecnologico e costo.

La Cina e i partner dell’Indo-Pacifico

Il tutto senza dimenticare che per gli Stati Uniti – e i Paesi partner dell’Indo-Pacifico – la sfida per il breve e lungo periodo viene primariamente da Pechino. Per questo motivo, la Cina è entrata nell’orizzonte Nato come sancito dal Concetto Strategico 2022, ed è un fattore che sarà ovviamente importante nello sviluppo del nuovo velivolo di sesta generazione tramite il Global Combat Air Programme lanciato da Gran Bretagna, Italia e Giappone. Non a caso il capo di stato maggiore dell’aeronautica giapponese è stato l’unico vertice militare di un Paese non-Nato ad intervenire all’Aerospace Power Conference della scorsa settimana a Roma.

Il nesso crescente tra spazio e difesa

Al di là della guerra in Ucraina e delle tensioni nell’Indo-Pacifico, il dominio aereo sta cambiando e si sta sempre più interconnettendo a quello spaziale, soprattutto grazie al progresso tecnologico attuale e futuro. I missili ipersonici sviluppati da Cina e Russia, e già impiegati da Mosca nel conflitto ucraino, accorciano drasticamente il tempo di reazione per la difesa aerea e missilistica integrata dei Paesi Nato, e richiedono sistemi di allerta e tracciamento basati nello spazio.

La congestione delle basse orbite terrestri, sempre più raggiungibili da satelliti di varia dimensione lanciati da diversi vettori militari e civili, e il proliferare di debris frutto di tale congestione, pongono in termini nuovi la questione delle sicurezza del continuum tra lo spazio aereo e quello extra atmosferico. In generale, il nesso tra spazio e difesa è cresciuto rapidamente negli ultimi anni e continuerà a farlo, ponendo nuove sfide – tecnologiche e non solo – e nuovi orizzonti per le aeronautiche più avanzate al mondo come quella italiana.

Foto di copertina ANSA/GIUSEPPE LAMI

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