Dove punta la bussola Nato

Il 30 giugno si è chiuso a Madrid il summit della Nato, calando il sipario su un’agenda fittissima e ricca di punti chiave. In primis il nuovo Concetto strategico dell’Alleanza, ma anche l’invito a Svezia e Finlandia e il dramma dell’invasione russa in Ucraina. Dal summit, storico sotto vari punti di vista, è emersa un’alleanza decisa a far fronte alle complesse sfide derivanti dall’aggressione russa e dall’inesorabile avanzamento della Cina sullo scacchiere globale. Da una parte, la Nato di oggi è dotata di una visione strategica con orizzonti sempre più globali per fare i conti con Pechino, mentre dall’altra ha ricalibrato il focus geografico principale dei propri sforzi verso l’Europa dell’est.

I dodici anni trascorsi dall’adozione del precedente Concetto strategico a Lisbona hanno portato enormi cambiamenti a livello internazionale, inclusi il sostanziale indebolimento dell’ordine liberale, lo spostamento del baricentro economico globale verso l’Asia, l’ascesa della Cina, la pandemia ed il ritorno della guerra in Europa.

Chiamata a dover tracciare un cammino coerente con un mondo per molti versi diverso da quello del 2010, l’Alleanza atlantica si trova oggi a dover mantenere un difficile equilibrio fra sfide nuove, come l’accresciuta influenza e assertività della Cina e l’instabilità causata dal cambiamento climatico, e sfide ormai di lungo corso, come il terrorismo internazionale. L’espansionismo russo, che di certo non rappresenta una novità, ha riportato in Europa una guerra convenzionale su larga scala che ha messo in luce importanti lacune, soprattutto tra gli europei, ad esempio in termini di capacità delle forze armate e delle industrie della difesa di far fronte ad una guerra convenzionale ad alta intensità e di lunga durata.

Risposta rapida e tecnologia

L’aggressione di Mosca ha portato al ridimensionamento (al rialzo) delle forze convenzionali della Nato lungo il fianco orientale. Come annunciato a Madrid, l’Alleanza accrescerà i numeri della forza di risposta rapida (Rapid Reaction Force) fino a 300 mila effettivi partendo dagli attuali 40 mila, considerando però anche capacità che rimarranno stazionate nelle rispettive basi. Inoltre, alcuni battlegroups dispiegati lungo il fianco est verranno potenziati fino a raggiungere il livello di brigata.

Come evidenziato dal Concetto stesso, e in contrasto con il precedente documento del 2010, la Nato non considera più Mosca come un potenziale partner, ribadendo anzi che Mosca rappresenta la minaccia più diretta nei confronti della sicurezza dei Paesi alleati e della pace e stabilità dell’area Euro-atlantica. Il netto, e cruciale, cambio di postura dell’Alleanza in Europa rappresenta infatti un segnale concreto dell’impegno che la Nato ha deciso di prendere nei confronti del primo (e ad oggi più importante) core task: quello della deterrenza e difesa.

Il nuovo Concetto strategico è caratterizzato dalla centralità della tecnologia e quindi dell’investimento nell’innovazione tecnologica, anche nei campi delle tecnologie emergenti e dirompenti, per poter assicurare anche in futuro la supremazia tecnica e tecnologica delle forze Nato. A tal proposito, i leader alleati hanno firmato ufficialmente l’accordo che mette in moto il Nato Defence Innovation Fund, che investirà in 15 anni un miliardo di euro in start-up e piccole-medie imprese che lavorano su tecnologie emergenti a vocazione duale come l’intelligenza artificiale, quantum e biotecnologia. Il fondo si collega strettamente al Defence Innovation Accelerator for the North Atlantic (Diana) già in cantiere, che vuole mettere a sistema i poli tecnologici in Europa e nord America per spingere l’innovazione nell’area euro-atlantica.

L’alleanza si rafforza a nord

Uno dei risvolti più attesi del summit di Madrid è stato l’invito ufficiale a far parte della Nato, rivolto a Finlandia e Svezia, dopo mesi di opposizione turca – finita con la firma di un memorandum of understanding da parte dei leader dei tre Paesi.  Il futuro allargamento a nord rafforza l’alleanza in quanto porta con sé nuove forze armate ben addestrate ed equipaggiate, ma non solo.

Un rapido sguardo a una cartina dei Paesi Nato prima dell’ingresso di Helsinki e Stoccolma rivela come gli alleati baltici (Estonia, Lettonia e Lituania) si trovassero in una posizione strategicamente precaria, circondati su tre lati da Russia (compresa Kaliningrad) e Bielorussia, e sul quarto dal mar Baltico, che sarebbe diventato un mare conteso in caso di guerra aperta fra Russia e Nato. Un’alleanza forte di Finlandia e Svezia renderebbe il controllo del Baltico una prospettiva molto più praticabile in caso di guerra, contrastando efficacemente le operazioni di navi russe e facilitando l’approvvigionamento di truppe e assetti Nato verso i Paesi baltici.

Il partenariato “anti-cinese”

A Madrid non erano presenti solo presidenti e primi ministri dei Paesi Nato, Svezia e Finlandia, e di partner come la Georgia. Per la prima volta si è vista la partecipazione completa di quelli che il Segretario Generale Stoltenberg ha definito come i “partner dell’Indo-pacifico”: Australia, Giappone, Nuova Zelanda e Corea del sud. Un partenariato, questo, da leggere in chiave anti-cinese e che fa parte di un nuovo approccio verso Pechino delineato anche nel Concetto strategico, che parla delle “sfide sistemiche” lanciate della Cina alla sicurezza Euro-atlantica, e di rafforzamento di cooperazione e dialogo con i partner regionali.

Nella pratica, resta in ogni caso da vedere come questa linea prenderà forma e soprattutto quanti Paesi faranno effettivamente passi significativi per guardare a questi nuovi orizzonti in un quadro Nato, soprattutto al netto del fatto che la maggior parte degli alleati (e non solo i più piccoli) sentono l’Indo-pacifico come una regione ancora molto lontana. Di certo, questo quadrante è una priorità per gli Stati Uniti, ed in maniera crescente per il Regno Unito anche tramite l’accordo AUKUS, ed è bene che gli alleati si consultino su Cina ed Indo-Pacifico anche nel quadro NATO.

L’Italia e il Mediterraneo

Infine, nonostante l’impressione sia quella di una Nato che ha cambiato nettamente la sua postura a livello globale puntando con più forza alla deterrenza e alla difesa collettiva, resta l’impegno verso la prevenzione e la gestione delle crisi, almeno secondo il nuovo Concetto strategico che (al contrario del documento precedente, va sottolineato) dà un risalto significativo all’importanza di salvaguardare la sicurezza e la stabilità in Medio oriente, Nord Africa e Sahel. In un contesto di guerra in Europa e di crescenti tensioni con la Cina, il ruolo del fianco sud va tuttavia misurato rispetto ad altri teatri che al momento restano prioritari sia per l’Alleanza che ovviamente per Washington.

L’Italia può ritenersi soddisfatta del linguaggio usato nel nuovo Concetto strategico rispetto ad una regione di primario interesse per il Paese. Tuttavia, il capitale politico, militare ed economico dell’Alleanza verrà inevitabilmente incanalato verso est e verso la minaccia russa. Roma dovrà perciò giocare un ruolo più propositivo e concreto sul fianco sud in ambito Nato di quanto non abbia fatto fino ad oggi per ottenere i risultati possibili nel nuovo quadro strategico, e al tempo stesso puntare maggiormente a un’azione europea nel Mediterraneo allargato, specialmente se non vuole assumere il ruolo di spettatore passivo rispetto alle dinamiche prevalenti a livello euro-atlantico.

Foto di copertina EPA/BRAIS LORENZO

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