Dove va la sicurezza europea?

L’invasione russa dell’Ucraina e la guerra che ne è scaturita comportano una serie di effetti di lungo periodo per la sicurezza e stabilità dell’Europa, il ruolo di Nato e Ue, e quindi il quadro strategico per la politica estera e di difesa di una media potenza come l’Italia – temi il 27 ottobre al centro della conferenza Iai “Sicurezza e difesa europea, quo vadis?”.

La guerra russo-ucraina epicentro di un confronto più ampio

Molti hanno sottolineato come l’aggressione ad uno stato sovrano e pacifico, non provocata, con una guerra su larga scala e ad alta intensità in corso da otto mesi, rappresenti di per sé una sfida all’ordine liberale internazionale – centrato proprio sull’area euro-atlantica – senza precedenti dal 1945. Infatti, persino le repressioni sovietiche in Ungheria nel 1956 e in Cecoslovacchia nel 1968 erano a sostegno di regimi esistenti in quegli stati già parte del Patto di Varsavia, e non un invasione tout court come quella in corso dal 24 febbraio scorso. 

La guerra russo-ucraina dunque come epicentro di un rinnovato confronto globale tra democrazie e autoritarismi, che vede da un lato un blocco occidentale a guida statunitense dall’Indo-Pacifico al Dniepro, e dall’altro la potenza mondiale cinese e quella regionale russa avvicinarsi come alfieri dell’alternativa autoritaria. Una guerra non fredda ma combattuta drammaticamente, che rende quindi più difficile ma non impossibile pensare ad una coesistenza pacifica tra i gruppi di rivali – democrazie e autoritarismi – posti nello spazio geopolitico che va da Vancouver a Vladivostok.

La terza fase delle relazioni est-ovest 

Tale spazio è entrato in una terza fase rispetto alla storia post-seconda guerra mondiale. Prima la Guerra Fredda ha visto Nato e Patto di Varsavia fronteggiarsi in termini convenzionali e nucleari sui due lati della cortina di ferro tra Stettino e Trieste, e del Muro di Berlino. Nella seconda fase post-Guerra Fredda, la libera scelta dei popoli dell’Europa centro-orientale, la debolezza di Mosca e l’apertura occidentale hanno fatto sì che la membership di Nato e Ue si allargasse fino al Mar Baltico e al Mar Nero. 

Al tempo stesso, Stati Uniti ed Europa hanno cercato di instaurare una partnership con la Federazione Russa, e con tutti gli stati ex sovietici e neutrali a est di Vienna, sfociata nell’istituzione del Consiglio Nato-Russia durante lo storico vertice di Pratica di Mare del 2002 e in un ventaglio di partenariati occidentali verso est. A lungo la Russia di Vladimir Putin è stata considerata come un partner da Nato e Ue, da presidenti democratici e repubblicani, capi di stato e di governo europei – anche dopo la guerra della Russia in Georgia nel 2008, che non comportò l’espulsione russa dal G8 avvenuta invece nel 2014 con l’invasione della Crimea. L’attuale guerra russo-ucraina segna definitivamente la chiusura di questa seconda fase dei rapporti tra Paesi Nato e Federazione Russa. 

Si apre così una terza fase di confronto dai contorni e caratteristiche ancora in divenire. Con la serie di ingressi nella Nato culminati con la storica decisione di Finlandia e Svezia, il limes tra Occidente e Mosca si colloca ora molto più ad est del 1989, direttamente aderente ai confini russi internazionalmente riconosciuti dalla Scandinavia a Kaliningrad. Si è innescato un meccanismo di decoupling delle economie europee da quella russa, con sanzioni destinate a durare ed un ri-orientamento delle forniture energetiche di carattere strutturale che influenzerà la posizione di tutto il continente ed in particolare di Germania e Italia. 

Inoltre, il sostegno militare, politico e diplomatico da parte euro-atlantica a Kyiv è senza precedenti, anche rispetto agli aiuti statunitensi ai combattenti afgani in lotta contro gli invasori sovietici negli anni ’80. Oggi la Nato, l’UE e i singoli stati membri di entrambi – nonché altre democrazie del campo occidentale in senso ampio –  sostengono pubblicamente e in molti modi l’Ucraina in guerra con la Russia, pur non diventando per questo co-belligeranti nel conflitto in corso. 

Gli europei in prima linea

La terza fase dei rapporti tra Occidente e Russia comporta un livello di impegno, corresponsabilità e incertezza per l’Europa nel confronto con Mosca forse più elevato che durante la Guerra Fredda, specialmente dopo l’azzardo di offrire all’Ucraina la prospettiva di adesione all’Ue

Infatti, il confronto con la Russia ricompatta sì la Nato di fronte ad una minaccia diretta e immanente per tutti i membri, mettendo in secondo piano la regione del Mediterraneo allargato dove gli interessi tra alleati sono più divergenti, ma non toglie il fatto che per gli Stati Uniti l’avversario principe è e resta la Cina, e quindi gli europei dovranno fare di più per la difesa del proprio continente anche all’interno dell’Alleanza atlantica. Lo scenario in cui il grosso delle forze armate convenzionali statunitensi sarebbero schierate a difesa di Taiwan è qualcosa che gli europei devono prendere in seria considerazione in termini di capacità militari, investimenti e pianificazione. 

Per quanto riguarda l’Ue, la guerra russo-ucraina segna uno spartiacque e pone una sfida di sicurezza senza precedenti. Le guerre civili nella Jugoslavia degli anni ’90, gli attacchi terroristici nelle città dell’Unione negli anni 2000 e 2010, la destabilizzazione di nord Africa e Medio Oriente dal 2011 in poi, e la stessa invasione russa della Crimea nel 2014, hanno spronato l’Unione a dotarsi di una politica di sicurezza e difesa comune, ma solo fino a un certo punto. L’Ue in quanto tale, la sua sicurezza energetica e stabilità economica e socio-politica, hanno potuto in qualche modo adattarsi al peggiorare del contesto di sicurezza regionale, conviverci e in una certa misura ignorarlo – vedasi Libia e Siria. 

Un confronto strutturale e durevole con Mosca, per quanto la Russia di oggi sia molto più debole sotto tutti i punti di vista rispetto all’Unione Sovietica della Guerra Fredda, è qualcosa di ben diverso. Qualcosa che tramite l’inflazione e la messa a rischio delle forniture energetiche colpisce direttamente (e deliberatamente) la stabilità del modello socio-economico europeo, e quindi delle istituzioni politiche nazionali ed Ue. Qualcosa che si traduce in un rischio latente in tutti i domini, da quello cibernetico dove la guerra è in corso 24 ore su 24 a quello spaziale parte integrante del conflitto, passando per il sabotaggio di gasdotti nel Baltico e la presenza minacciosa della marina russa nel Mediterraneo. Qualcosa che ha una forte dimensione nucleare, non solo in termini di incidenti ma di possibile escalation atomica e quindi di deterrenza per evitarla.

La sfida a tutto campo per la sicurezza europea

Si tratta in altre parole di una sfida a tutto campo per la sicurezza europea. Una sfida a cui rispondere tramite diverse politiche – estera, di vicinato, energetica, commerciale,  industriale e tecnologica, ecc – tra cui ovviamente la politica di difesa. Su quest’ultimo aspetto la Bussola Strategica adottata dall’Ue a marzo rappresenta sì un passo avanti importante, ma resta un buon documento di compromesso per tempi di pace piuttosto che il colpo d’ala necessario in tempi di guerra. 

Colpo d’ala che sta avvenendo soprattutto in termini di investimenti a livello nazionale in alcuni Paesi europei – Germania, Francia, Polonia – ma non in maniera coordinata, collettiva ed efficace come Ue. Lo scarto tra le accelerazioni asimmetriche di singoli stati e la lentezza come Unione rappresenta paradossalmente un ulteriore rischio per il cantiere della difesa europea, portando a divergenze e duplicazioni nazionali quando invece è ancora più urgente rilanciare la cooperazione e l’integrazione europea anche in questo settore. La guerra russo-ucraina è una volta per l’Europa della difesa, ma bisognerà vedere in che direzione. 

Foto di copertina EPA/Thomas Lohnes

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