La guerra russo-ucraina oltre il punto di non ritorno

La decisione del presidente russo Vladimir Putin di annettere le quattro regioni ucraine occupate (in realtà solo in parte) dalle sue truppe, ovvero Kherson, Zaporizhzhia, Donetsk e Lugansk, segna probabilmente un punto di non-ritorno nella guerra che sta sconvolgendo l’ordine europeo.

Nessun negoziato possibile

L’annessione toglie ogni possibilità residua di negoziato, che comunque non c’è davvero mai stata perché Putin non è mai stato interessato. Questo non vuol dire che Mosca cesserà di evocare occasionalmente l’ipotesi di un compromesso. Del resto Putin sarebbe ben contento se l’Ucraina, spinta da Usa ed Europa, accettasse la perdita di un quinto del suo territorio e ponesse fine alla controffensiva in corso, e se Usa ed Europa togliessero le sanzioni in cambio della fine delle ostilità e della ripresa delle forniture di gas da parre dei russi. Per il Cremlino si tratterebbe di una vittoria su tutta la linea o quasi.

Non deve sorprendere quindi che né l’Ucraina né Stati Uniti ed Europa siano disposti ad accettare questo compromesso. Gli ucraini hanno portato avanti una controffensiva spettacolare nell’est del paese, nell’area di Kharkiv, e sperano di replicarla a Kherson e Zaporizhzhia, nel sud. Chiederanno, e probabilmente alla fine otterranno, i sistemi d’arma necessari a spostare in avanti il fronte: carrarmati, mezzi corazzati, elicotteri, droni, sistemi di difesa anti-aerea. Gli europei continueranno con le sanzioni, che stanno creando e creeranno sempre più problemi alla capacità produttiva industriale russa, compresa quella militare. Nel frattempo il regime di Putin, ormai diventato una caricatura orwelliana, perde legittimità interna dopo l’annuncio della mobilitazione ‘parziale’ (in realtà una vera e propria mobilitazione generale), che ha provocato un’altra ondata di emigrazione di massa dalla Russia. Insomma, la guerra sta andando molto male per Putin.

L’azzardo di Putin

Cosa spera allora di potere ottenere il presidente russo? Come pensa di poter conseguire ancora un successo sul campo? Putin punta ancora a un allentamento della pressione euro-americana e conseguentemente del mantenimento di almeno parte delle sue conquiste in Ucraina per mezzo di una strategia con tre dimensioni:

Mobilitare nuove forze sul fronte in modo da arrestare la controffensiva ucraina e convincere Europa e Usa che i russi non possono essere sconfitti. Riuscirà? Incerto. Le nuove forze ci metteranno settimane se non mesi a essere spostate sul fronte e il governo russo non sembra avere i mezzi per addestrarle e armarle. Più uomini in queste condizioni possono semplicemente voler dire più caduti russi. L’annessione di parte dell’Ucraina serve anche a giustificare perdite sul fronte interno: una cosa è morire per una “operazione militare speciale” in Ucraina, un’altra per la difesa del territorio, anche se quel territorio è stato annesso con la forza da un altro stato, contro una immaginaria aggressione da parte di USA ed Europa.

L’intimidazione nucleare. Se l’Ucraina occupata è considerata territorio russo da Mosca, allora si applica la dottrina militare di difesa territoriale che, con qualche forzatura, può includere anche l’uso dell’atomica. In che modo? Una possibilità è un uso dimostrativo di una piccola bomba atomica sul Mar Nero o in territorio (relativamente) disabitato ucraino per mostrare che i russi fanno sul serio; un’altra è l’uso di armi nucleari tattiche contro le forze ucraine. Un’altra ancora è provocare nella centrale nucleare di Zaporizhzhia un incidente catastrofico in stile Chernobyl e poi biasimare l’Ucraina. Queste opzioni presentano rischi enormi (la contaminazione, per dirne una, colpirebbe anche il territorio russo) e costi altissimi per la Russia (la risposta euro-americana sarebbe durissima, forse anche con intervento armato in Ucraina, e Mosca perderebbe probabilmente il residuo appoggio internazionale che ancora riceve). Con l’eccezione dell’‘incidente’ nucleare a Zaporizhzhia, si tratta pertanto ancora di ipotesi remote. Ma non le si può escludere. Putin può arrivare a pensare di non avere altra scelta.

Il ricatto sull’energia. Proprio perché la mobilitazione è di utilità incerta e l’intimidazione nucleare presenta mille problemi la strada favorita da Putin è piegare l’Europa sul fronte dell’energia. È del tutto plausibile (sebbene non certo) attribuire ai russi i sabotaggi di Nord Stream, che potrebbero essere un avvertimento all’Europa: la prossima volta possono essere colpiti gasdotti funzionanti, non fermi (come Nord Stream I) o che non sono mai diventati operativi (Nord Stream II). Il prezzo del gas è tornato a crescere dopo i sabotaggi e salirebbe alle stelle se Putin chiudesse i gasdotti che ancora portano gas in Europa. Con l’inverno il problema diventerà acutissimo e la speranza del presidente russo è che costi energetici insostenibili pieghino l’Europa.

Funzionerà questa strategia dell’estremo azzardo? Difficile, perché se anche l’Europa si dovesse dividere non è plausibile che emerga una maggioranza di stati membri Ue tale da invertire la rotta sulla Russia, vista la netta opposizione dei paesi dell’Europa centro-orientale e nordica. Né si può ipotizzare che i paesi dell’Europa occidentale si arrendano; dopotutto i leader di Francia, Germania e Italia (comprese quelle in pectore) si sono esposti pubblicamente per allertare le opinioni pubbliche dei costi della guerra e della necessità di resistere all’aggressività della Russia.

Ma la cosa più importante è che gli Stati Uniti continuerebbero a sostenere l’Ucraina militarmente e politicamente e spingerebbero perché l’Europa continui a fare lo stesso. I pochi governi europei con una linea divergente (sempre che ci siano) non avrebbero sufficiente spazio di manovra per opporsi.

Oltrepassato il punto di non-ritorno

La conclusione è che la guerra ha definitivamente passato il punto di non-ritorno. Ci aspetta un inverno difficilissimo. La posta in gioco è altissima, perché se Putin vince con gli strumenti menzionati sopra avrà creato un precedente pericolosissimo di neo-imperialismo di successo, tanto più perché conseguito contro la ricca Europa e la potente America. L’Europa del futuro non sarebbe in pace e sarebbe anzi sempre a rischio di nuove aggressioni da parte della Russia. Nel frattempo, nel resto del mondo il prestigio di Washington e la fiducia nella disponibilità e capacità americana di difendere i partner degli Usa sarebbero gravemente compromessi. Gli effetti si farebbero sentire a livello globale –soprattutto in Asia, dove la Cina potrebbe cedere infine alla tentazione di prendersi Taiwan con la forza.

Più in generale assisteremmo a una corsa generalizzata agli arsenali atomici, perché l’esempio del successo dell’intimidazione nucleare di Putin avrebbe dimostrato che una potenza nucleare può conquistare un altro paese semplicemente minacciando l’uso dell’atomica, e che pertanto la migliore garanzia è quella di costruirsi un proprio deterrente. Un mondo con decine e decine di stati nucleari è un mondo strutturalmente insicuro e instabile. Per questo quello che succede in Ucraina non riguarda solo l’Ucraina e la Russia o i paesi dell’Europa orientale, ma la sicurezza di tutta l’Europa e la stabilità globale.

Putin deve essere sconfitto, difficile a questo punto vedere altre soluzioni.

Foto di copertina EPA/GRIGORY SYSOEV / SPUTNIK / KREMLIN POOL

Ultime pubblicazioni