La controffensiva ucraina e gli scenari della guerra

Il successo della controffensiva ucraina in corso da settimane, dovuto a fattori diversi e duraturi, modifica gli scenari futuri del conflitto a favore di Kyiv mettendo in difficoltà Putin.

L’avanzata ucraina a est e a sud

Nelle ultime settimane le forze ucraine hanno conseguito significativi successi sia a nord-est – liberando tutta l’area intorno a Kharkiv e conquistando l’importante snodo logistico di Lyman – sia a sud dove sono penetrate in profondità verso Kherson. Il primo successo è importante perché comporta tre risultati: la definitiva messa in sicurezza di Kharkiv; l’arresto dell’avanzata russa in Donbass; la pressione verso le province di Lugansk e Donestk che Mosca dovrà preoccuparsi di difendere posizionandovi truppe che scarseggiano.

L’avanzata verso Kherson è potenzialmente ancora più importante, perché se le forze ucraine riuscissero a tagliare i collegamenti tra il contingente russo a nord-ovest del Dniepro e il grosso delle forze di Mosca a sud-est del fiume, tale contingente potrebbe capitolare e portare alla liberazione della città di Kherson e dell’intera provincia formalmente “annessa” dalla Russia. Una ipotesi di scacco non solo militare, ma politico-simbolico vista l’enfasi del Cremlino sull’annessione tramite i referendum farsa.

I problemi dell’esercito russo

La controffensiva ucraina sfrutta fattori di debolezza dell’invasore evidenti già mesi fa ad una analisi militare e strategica al netto di propaganda russa e bias cognitivi, che sono stati confermati dagli ultimi sviluppi.

In primo luogo, a settembre la mobilitazione di 300 mila coscritti ha confermato l’insufficienza di un contingente iniziale di sole 190 mila unità per occupare un Paese da 44 milioni di abitanti, tra i quali diverse centinaia di migliaia con esperienza militare, che combatte per e nella propria patria, conoscendo il territorio e con l’appoggio della popolazione locale.

È difficile che tale mobilitazione di coscritti senza esperienze militari recenti riuscirà a compensare le perdite subite dalla Russia, perché le nuove reclute mancheranno di addestramento adeguato: ciò riguarda sia ufficiali ed unità specializzate come quelle addetti ad elicotteri, carri armati e sistemi d’arma complessi, sia la fanteria che negli eserciti occidentali moderni viene normalmente addestrata per mesi prima dell’impiego in teatro operativo. La tragica fine dei coscritti gettati al fronte di Lyman dopo poche settimane di leva testimonia quanto poco incidano i nuovi rinforzi.

All’addestramento insufficiente si somma il morale basso tra le truppe russe e in peggioramento, come è inevitabile dopo otto mesi di guerra sanguinosa presentata all’inizio come un blitz di poche settimane, specie dopo la perdita dei territori conquistati in precedenza o episodi come l’affondamento dell’ammiraglia Movska nel Mar Nero. L’avvicendamento forzato ai vertici militari russi certo non aiuta il morale, così come il mancato sostegno delle popolazioni ucraine nelle zone occupate che sono sì di lingua russa ma non per questo si sono dimostrate a favore della Russia.

La deportazione coatta di centinaia di migliaia di ucraini, comprese decine di migliaia di bambini, testimonia in modo tragico e infame quanta resistenza attiva o passiva abbiano incontrato i soldati russi nei territori che secondo le aspettative del Cremlino dovevano accoglierli come liberatori.

Le carenze degli equipaggiamenti russi

Se risorse umane preparate e motivate scarseggiano in maniera strutturale, anche la situazione degli equipaggiamenti russi è grave, in peggioramento, e difficilmente risolvibile. Basti pensare che nei primissimi giorni di conflitto la Russia ha utilizzato oltre 160 missili, ma nei mesi successivi ne ha lanciati in media solo 10-15 al giorno: le scorte di munizionamento ad alta tecnologia sono finite, quelle di armi obsolete si stanno consumando, e la capacità produttiva pur spinta al massimo possibile ha dei limiti a causa delle sanzioni, di inefficienze strutturali e corruzione endemica.

In altre parole, l’industria bellica russa può reggere questo livello di conflitto ancora per molto tempo, ma difficilmente può sostenere il balzo quantitativo e qualitativo necessario per armare adeguatamente le nuove unità da (ri)formare con 300 mila coscritti.

Anche la logistica russa è in affanno sotto i colpi dell’offensiva ucraina, da Lyman ai ponti sul Dniepro, mentre quella di Kyiv riesce a contenere i danni dei missili russi grazie alle difese anti-aeree fornite da Nord America ed Europa. Nel complesso, Mosca a primavera si era sì preparata per una guerra lunga, ma forse non adeguatamente per un conflitto in cui l’Ucraina forte dell’appoggio occidentale può condurre offensive e infliggere perdite come quelle delle scorse settimane.

Quattro scenari per il conflitto, cambia la probabilità

Quali sono dunque gli scenari futuri del conflitto? I quattro ipotizzati su AffarInternazionali ad aprile sono ancora validi in linea di principio, a patto che l’escalation nucleare rimanga una opzione remota e che l’Occidente continui a sostenere militarmente Kyiv e a sanzionare Mosca.

Il primo scenario vede una guerra di attrito che continua con offensive e controffensive da entrambe le parti, limitate modifiche della linea del fronte ma senza sconvolgimenti: da un lato Odessa e Kharkiv restano al sicuro, dall’altro la Crimea rimane saldamente in mano russa.

Il secondo scenario prefigura un conflitto a bassa intensità, se non proprio congelato, senza un trattato di pace ma con una forma de facto di confine militarizzato: la Russia occuperebbe una parte dell’Ucraina maggiore di quanto già facesse il 24 febbraio, con il pieno controllo della costa del Mar d’Azov, mentre Kyiv manterrebbe l’accesso al Mar Nero tramite la regione di Odessa.

Il terzo scenario ipotizza la riconquista ucraina dei territori occupati dopo il 24 febbraio, compresa Kherson, ed eventualmente di porzioni ulteriori del Donbass. Infine, il quarto – molto improbabile già ad aprile – vedrebbe una nuova travolgente avanzata russa.

La variante fondamentale era e resta il rapporto di forza sul campo di battaglia tra le due parti, considerando fattori sia materiali (equipaggiamenti, rifornimenti, logistica) che immateriali (addestramento, morale, leadership, strategia, dottrina di impiego e tattiche). Poiché i fattori in precedenza analizzati e gli sviluppi delle ultime settimane spostano l’ago della bilancia a favore dell’Ucraina in modo abbastanza duraturo, cambia il tasso di probabilità di ciascun scenario. Infatti, mentre una forte avanzata russa risulta attualmente quasi impossibile, la riconquista ucraina di tutti i territori occupati da Mosca dopo il 24 febbraio è oggi meno improbabile di pochi mesi fa.

Una pace giusta 

Otto mesi di conflitto hanno dimostrato quanta attenzione e cautela ci voglia nel distinguere vittorie e sconfitte tattiche da sviluppi a livello strategico, nel valutare diversi fattori e ipotizzare scenari. La guerra è un fenomeno complesso quanto tragico, di cui, come spiegava Clausewitz due secoli fa, la natura non cambia ma le caratteristiche sì, rendendo ogni conflitto unico.

Per ora, l’avanzata ucraina dimostra, ancora una volta, quanto fosse non solo giusto ma anche utile da parte americana, europea ed italiana inviare armi ed equipaggiamenti a Kyiv, perché quelle forniture hanno permesso di fermare l’avanzata russa e poi di liberare territori e salvare popolazione civile dal giogo dell’occupante. In altre parole, come scritto su AffarInternazionali il 25 febbraio, era ed è “arduo ipotizzare come, in che misura e per quanto tempo la Russia riuscirà a controllare tutta o buona parte dell’Ucraina”. In questa guerra era ed è possibile una pace giusta, che non sia la resa all’invasore.

Foto di copertina EPA/SERGEY KOZLOV

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