Una Bussola per l’Europa della difesa

La bussola serviva soprattutto ai naviganti per mantenere la giusta direzione quando le nuvole coprivano le stelle con cui orientarsi. Oggi che tempeste di bombe e missili russi coprono i cieli di un importante Paese europeo come non accadeva da decenni, e che venti di guerra lambiscono i confini dell’Ue e della Nato, fare il punto e prendere decisioni sulla rotta, la velocità e le prossime tappe della costruzione dell’Europa della difesa non è solo un esercizio teorico. La Bussola Strategica approvata dei ministri Ue è un impegno politico-militare per proteggere i cittadini, gli interessi ed i valori dell’Unione, affrontando il mondo per come è oggi e tenendo a mente il mondo che si vorrebbe per il futuro.

Guerra russa e autonomia strategica europea

La preparazione della Bussola Strategica è iniziata prima dell’invasione russa dell’Ucraina, ma la sua stesura finale ne tiene debitamente conto. In un certo senso il documento stesso è una risposta europea alla guerra scatenata dalla Russia perché oltre a condannarla dà un ulteriore e importante segno di coesione politica, concretizza un robusto livello di ambizione militare, segna un passo in avanti in termini di cooperazione e integrazione nella difesa.

A valle del dibattito sull’autonomia strategica europea, la Bussola la interpreta ed attua non come indipendenza da qualcuno, ma affinché l’Ue sia in grado da sola di difendere e promuovere gli interessi europei in sinergia con la Nato e costruendo così un più forte pilastro europeo dell’alleanza atlantica. In più punti del documento emerge come Ue e Nato siano complementari e sinergiche, e la scelta di campo occidentale da parte dell’Unione è evidente.  In altre parole la Bussola traccia la giusta rotta per l’Ue post-Brexit tra europeismo e atlantismo, secondo una linea che l’Italia sostiene da tempo.

Una roadmap concreta e serrata

Il documento sarà adottato il prossimo 25 marzo dai Capi di stato e di governo dei 27 Paesi Ue, ed è il frutto uno sforzo condiviso delle istituzioni Ue e degli stati membri, nel quale l’Italia ha giocato un ruolo attivo e tempestivo di negoziazione con i principali Paesi europei, Francia in primis.

La Bussola è importante e utile perché stabilisce una serie di azioni concrete, con scadenze temporali precise ogni anno da oggi al 2030 ed in particolare entro il 2025. Una vera e propria roadmap che costituisce una novità positiva rispetto alla EU Global Strategy del 2016.

Con un approccio molto pragmatico, piuttosto che reinventare la ruota si fa leva su quattro strumenti esistenti: l’attuale Military Planning and Conduct Capability da trasformare in vero e proprio quartier generale europeo affidandole in linea di principio tutte le prossime missioni Ue; i battaglioni multinazionali ad alta prontezza da circa 1.000 unità, i Battlegroups, su cui costruire la forza di intervento rapido da 5.000 unità in grado di operare in ambienti ostili; la Permanent Structured Cooperation per sviluppare insieme gli equipaggiamenti che servono alle forze armate europee, tramite i 60 progetti già lanciati negli ultimi quattro anni e quelli in cantiere; lo European Defence Fund per co-finanziare le collaborazioni tra gli stati membri con i 7 miliardi di euro stanziati dal bilancio comunitario fino al 2027, che la Bussola intende aumentare per il settennato successivo.

La Bussola giustamente non parla di un esercito europeo, idea tanto irrealistica quanto nell’immediato poco utile. Il livello UE viene consapevolmente scelto dai Paesi membri come il migliore per cooperare e coordinarsi efficacemente sulla base di obiettivi e linee guida condivisi.

Un’azione militare europea più rapida, flessibile e finanziabile

Il documento prevede l’istituzione entro il 2025 di una forza di intervento rapido di 5.000 unità in grado di operare in teatri ostili nelle regioni di interesse per l’Ue. Nello stesso arco di tempo si dovrebbe raggiungere la piena capacità del suddetto quartier generale europeo con esercitazioni militari previste già dal 2023.

Si punta a un maggiore finanziamento comunitario delle missioni Ue grazie alla proposta di aumentare il paniere dei costi comuni sostenuti dallo Strumento Europeo per la Pace (European Peace Facility), lo stesso strumento utilizzabile per dare maggiore sostegno ai partner dell’UE come già fatto con il mezzo miliardo di euro in aiuti militari donato all’Ucraina

Al tempo stesso si appoggiano le operazioni ad hoc guidate da coalizioni di Stati membri e sostenute dall’Ue, come modalità flessibile per superare eventuali empasse di un’Unione che decide ancora all’unanimità. Tra queste ultime vi è la missione navale negli stretti di Hormuz guidata dalla Francia con la partecipazione dell’Italia, che entro il 2022 opererà in cooperazione con la missione Ue Atalanta attiva nel Golfo di Aden. In quest’ottica si prevede un’espansione della presenza coordinata delle marine militari europee sulle rotte navali fondamentali per l’Unione, anche nell’Indo-Pacifico su spinta della Francia, per garantire sicurezza marittima e libertà di navigazione.

Investire meglio, insieme e di più

Il tallone d’Achille dell’Europa della difesa è da tempo la frammentazione su base nazionale di investimenti limitati, e in molti casi insufficienti rispetto sia alle minacce alla sicurezza europea sia ai livelli di spesa di avversari, concorrenti e partner. La Bussola non è una bacchetta magica, e gli Stati membri non hanno voluto inserirvi soglie minime di investimento.

C’è l’impegno a individuare i sistemi militari da sviluppare insieme in base a una valutazione condivisa degli scenari di impiego, e a cercare soluzioni comuni per sviluppare la prossima generazione di equipaggiamenti in campo terrestre, marittimo, aereo e spaziale.

Viene inoltre creato che l’hub per l’innovazione tecnologica per la difesa presso l’Agenzia Europea per la Difesa. L’investimento in tecnologie emergenti, innovative e dirompenti è una priorità al fine di ridurre le dipendenze strategiche da Paesi extra-Ue quanto a tecnologie critiche. E proprio la nuova consapevolezza di  tale vulnerabilità ha portato all’istituzione di un osservatorio per le tecnologie critiche per adottare politiche comuni per migliorare l’autonomia tecnologica nel settore sicurezza e difesa.

La Bussola esprime la volontà di rafforzare l’industria europea dell’aerospazio, sicurezza e difesa, e di renderla più competitiva, innovativa e resiliente. In particolare si pone l’obiettivo entro il 2023 di promuovere e facilitare l’accesso al finanziamento privato e di impiegare meglio la Banca Europea degli Investimenti.

La palla degli investimenti resta nel campo dei governi nazionali. La recente, storica decisione tedesca di portare il proprio bilancio della difesa dal 1,5% al 2% del PIL nei prossimi 24 mesi, con uno stanziamento una tantum di 100 miliardi di euro per il 2022, segna una svolta per l’Europa della difesa.

Molti altri Paesi grandi e piccoli si sono posti sulla stessa rotta, a partire dalla Polonia che già spende il 2% del PIL e punta al 3%. La priorità oggi più che mai è spendere meglio e spendere insieme, per evitare che frammentazioni e duplicazioni portino a uno spreco dei nuovi fondi pubblici più che mai necessari per le forze armate europee.

Anche se la responsabilità in questo campo è e resta degli Stati membri, la Commissione europea gioca un ruolo crescente al riguardo, tramite una serie di incentivi e misure pre-annunciati già lo scorso 15 febbraio ed in parte recepiti nella Bussola.

La sicurezza in vecchi e nuovi domini

L’Europa della difesa si costruisce certamente sullo strumento militare in senso tradizionale, ma non solo. La Bussola prevede un rafforzamento del meccanismo europeo per lo scambio di intelligence e la formulazione di analisi e scenari, anche per aggiornare ogni due anni la valutazione condivisa delle minacce alla sicurezza europea, e ciò è fondamentale per la convergenza delle politiche di difesa nazionali.

C’è l’impegno per la protezione degli assetti spaziali dell’Ue a partire dalle costellazioni di Copernicus e Galileo, anche tramite iniziative da articolare tramite l’apposita Strategia spaziale per la sicurezza e la difesa di prossima elaborazione. E c’è quello per lo sviluppo delle capacità di difesa cibernetica dell’Unione con le prime scadenze entro il 2022.

Dalle parole ai fatti?

La rotta verso l’Europa della difesa non è né breve né facile. Guardando con un minimo di prospettiva storica al lancio di Permanent Structured Cooperation ed European Defence Fund nel 2017, alla Global Strategy dell’anno precedente, e più indietro nel tempo al Trattato di Lisbona del 2009, alla European Security Strategy del 2003 con i Battlegroups creati e mai usati, fino agli ambiziosi obiettivi del Consiglio di Helsinki del 1999, anche stavolta è legittimo chiedersi quanto è importante il passo appena compiuto, e se il bicchiere è mezzo pieno o mezzo vuoto.

La risposta, anche in questo caso, dipenderà soprattutto dalla volontà degli Stati membri di mettere in pratica quanto hanno appena firmato sulla carta con tanto di scadenze concrete anno per anno: un importante banco di prova della loro consapevolezza di cosa la guerra russa in Ucraina significa per l’Europa, i suoi cittadini, interessi e valori.

Foto di copertina EPA/FEHIM DEMIR

Ultime pubblicazioni