La strategia della Commissione per la difesa europea

Mentre il mondo guarda con preoccupazione al prolungarsi della crisi ucraina e si interroga sui reali obiettivi perseguiti dagli attori in campo e sulle possibili conseguenze, sembra quasi un segno del destino che le istituzioni europee siano attivamente impegnate per il rafforzamento della difesa europea, arrivando proprio in questi giorni a due importanti e quasi contemporanee decisioni: la Comunicazione della Commissione Europea del 15 febbraio sul contributo della Commissione alla difesa europea e il documento sulla “Bussola Strategica” che il Consiglio Europeo sta per approvare il mese prossimo.

Le due decisioni per la difesa europea

Il primo documento, definisce le strategie che la Commissione ha deciso di adottare nel campo della difesa e della sicurezza, grazie alle competenze che le sono attribuite dal Trattato e alle risorse economiche dell’Unione. Per comprenderne le implicazioni bisogna, però, considerare anche gli altri tre documenti pubblicati contemporaneamente: la Comunicazione sulla tabella di marcia relativa alle tecnologie critiche per la sicurezza e la difesa, la Comunicazione congiunta con l’Alto Rappresentante sull’approccio dell’UE alla gestione del traffico spaziale e la proposta di predisporre un regolamento che istituisca un programma 2023-27 per la connettività sicura dell’Unione. Un complesso di iniziative che evidenziano la posizione assertiva assunta dalla Commissione in tema di difesa.

Il secondo rappresenterà il risultato della consapevolezza, condivisa fra i partner europei fin dalla seconda metà del 2020, che è necessario fornire un quadro credibile per lo sviluppo della politica di sicurezza e difesa comune che sia in grado di affrontare le molteplici e sempre più complesse minacce. Si tratta, quindi, di un processo volto a portare chiarezza, orientamento e incentivi al completamento della politica di sicurezza e difesa comune.

La Comunicazione della Commissione

La conferma viene dallo stesso titolo scelto per la Comunicazione. Parlare di “contributo della Commissione” significa due cose: sottolineare che il processo di costruzione della difesa europea vede la partecipazione di diversi attori, ma, soprattutto, che la Commissione, senza se e senza ma, vuole essere uno di questi attori.

È passata molta acqua sotto i ponti da quando nella seconda metà degli anni Novanta si discuteva se la Commissione potesse o meno occuparsi del settore difesa. Non a caso le sue prime caute mosse sono state legate alla regolamentazione degli acquisti di prodotti per la difesa (mercato pubblico) e dei trasferimenti intra-comunitari (circolazione delle merci). La svolta è stata legata, dieci anni dopo, all’inizio dei finanziamenti europei ai programmi di ricerca e sviluppo. La prospettiva di nuovi fondi per la difesa ha contribuito a superare, gradualmente e parzialmente, le resistenze degli Stati membri al processo di integrazione e conseguente apertura del mercato della difesa.

In questa stessa Comunicazione si ricorda, a questo proposito, che l’obiettivo del 35% degli investimenti destinati a programmi di collaborazione, fissato nel 2007 dai Ministri europei della difesa in ambito European Defence Agency (EDA) e confermato nel 2021 nell’ambito del rafforzamento della Permanent European Structured Cooperation (PESCO), è ancora lontano. Nel 2020 era solo l’11% e per di più in calo nel precedente quinquennio.

D’altra parte la spinta ad un maggiore impegno dei paesi europei a farsi carico della loro difesa e sicurezza (in ambito NATO e UE), le difficoltà del quadro economico anche prima della pandemia, l’urgenza di migliorare l’efficienza delle Forze Armate, hanno spinto tutti gli Stati membri a privilegiare i programmi più velocemente “cantierabili” (per definizione quelli nazionali o, comunque, quelli intergovernativi in cui la competizione è di fatto limitata ai subfornitori dei paesi coinvolti).

Se questo è comprensibile per le acquisizioni o gli aggiornamenti, diversa è la valutazione per l’avvio di molti, troppi, programmi nazionali per lo sviluppo di nuovi sistemi. Una scelta che sarà pagata da tutta l’Europa per molti anni sul piano operativo, addestrativo e logistico (scarsa omogeneità dei mezzi in servizio), ma anche sul piano tecnologico e industriale (eccessiva frammentazione della base industriale e costi non competitivi) e su quello economico e finanziario (a livello di acquisizioni e poi di supporto logistico). Il concreto rischio è quello di avere un mercato europeo in larga parte “drogato” da investimenti fuori mercato che rischiano di danneggiare il posizionamento delle imprese europee su un mercato internazionale sempre più competitivo.

Le novità in arrivo

Il punto di partenza della Comunicazione è lapidario: raggiungere l’obiettivo della sicurezza e difesa europea “è possibile solo sviluppando, acquisendo e operando insieme gli equipaggiamenti militari”. A questo fine la Commissione intende rafforzare gli investimenti nella ricerca e sviluppo nel quadro dei programmi di cooperazione, orientando strategicamente l’European Defence Fund (EDF) verso gli obiettivi del Capability Development Plan (CDP) e della Coordinated Annual Review on Defence (CARD) e della PESCO.

Vi sarà, quindi, una maggiore attenzione ad assicurare la continuità e la prospettiva pluriennale dei programmi. Significativo anche l’impegno a favorire la coerenza di tutte le politiche europee, con esplicito riferimento alla “finanza sostenibile” dove è necessario facilitare un sufficiente accesso dell’industria europea della difesa al mercato finanziario e degli investimenti: termini un po’ sibillini, ma che esprimono la volontà di non penalizzare questo settore per ragioni etiche.

Le maggiori novità in arrivo possono essere così schematizzate:

-L’estensione dell’EDF anche ai programmi di acquisizione congiunta (utilizzando il meccanismo dei “bonus”, l’esenzione IVA e le facilitazioni procedurali offerte dalla normativa europea).

-La semplificazione dei controlli sui trasferimenti intracomunitari nell’ambito dei programmi europei di ricerca e sviluppo.

-La spinta ad una maggiore convergenza degli Stati membri per semplificare i controlli sull’esportazione a paesi terzi dei prodotti realizzati in comune, puntando ad attribuirne la responsabilità al paese esportatore sulla base del principio “de minimis” (una soglia sotto la quale si dovrebbe far perdere ai prodotti la loro “identità nazionale”).

-Una più forte attenzione verso la dimensione spaziale e cibernetica.

-Un maggiore sostegno alle sinergie fra innovazione e ricerca civile e militare e alla riduzione delle dipendenze strategiche nelle tecnologie critiche.

La Commissione si è, quindi, data un programma di iniziative molto ambizioso. Il compito del nostro Governo e del Parlamento è adesso quello di parteciparvi attivamente favorendone un’equilibrata implementazione che ci consenta, nello stesso tempo, di tutelare insieme anche gli interessi nazionali. Ma sempre con la consapevolezza che la sicurezza e difesa dell’Italia è legata strettamente a quella dell’Unione Europea.

Foto di copertina EPA/CHRISTOPHE PETIT TESSON

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