L’Ue geopolitica delle prime volte

Gli ultimi quattro giorni hanno cambiato il volto dell’Unione europea. Alla prova dei fatti, Bruxelles ha messo in campo quel peso geopolitico che spesso è stata rimproverata di tenere timidamente da parte. Lo ha fatto con un’unità di intenti insolita e una tempestività imprevedibile. Fuor di enfasi, la risposta compatta all’invasione russa dell’Ucraina ha rappresentato per l’Ue l’atteso bis dopo l’alba del Recovery Plan, nel luglio di due anni fa: di fronte a crisi di portata epocale, prima la pandemia, poi il ritorno della guerra nel Vecchio continente, per la seconda volta l’Ue ha dimostrato di esserci e di avere qualcosa da dire e da fare.

Le rapide mosse dell’Ue in risposta alla guerra in Ucraina

Cominciamo dalla fine, cioè dalla lunga giornata di domenica 27 febbraio, la quarta dall’inizio dell’invasione. A dar corpo e peso all’inedito cambio di passo politico da parte dell’Unione sono due riunioni straordinarie in rapida successione, nel pomeriggio: prima quella dei ministri dell’Interno, poi quella (la quarta in una settimana) dei responsabili degli Esteri.

In entrambe, si decide di rompere il tabù della prima volta: da una parte, il Consiglio Affari interni mette sul tavolo l’eventualità di attivare la protezione temporanea prevista in una direttiva del 2001 finora mai utilizzata e che garantirebbe ai profughi ucraini una tutela automatica e immediata negli Stati Ue (inizialmente per un anno e prorogabile per altri 12 mesi); dall’altra il Consiglio Affari esteri stanzia 500 milioni di euro del suo nuovo Strumento europeo per la pace (un fondo fuori bilancio istituito nel 2021 nel quadro della politica estera e di sicurezza comune) in aiuti militari alle Forze armate ucraine. Un’azione che vede la partecipazione pure di Stati tradizionalmente neutrali come la Svezia. “È un momento spartiacque per l’Ue”, ha annunciato la presidente della Commissione Ursula von der Leyen. La misura è retroattiva e consentirà di ripagare anche tutte quelle forniture militari già inviate al governo ucraino sulla base di accordi bilaterali con gli Stati Ue da inizio anno.

La svolta di Bruxelles sulla fornitura di armi (letali e non) a Kyiv è anticipato, poche ore prima, da un riposizionamento della Germania, con il cancelliere Olaf Scholz che al Bundestag annuncia uno stanziamento di 100 miliardi di euro per la Bundeswehr e investimenti, anno dopo anno, per superare il 2% di spesa per la difesa, l’obiettivo del burden-sharing del vertice Nato in Galles a cui Berlino, in buona compagnia, non si era finora mai davvero allineata. “Il mondo non è più quello di prima”, dice Scholz. Parole che hanno conseguenze pure nella mai sopita partita sul rigore nei conti pubblici, visto che il ministro delle Finanze Christian Lindner si prende la briga di rispondere al capo dell’opposizione cristiano-democratica Friedrich Merz bollando la nuova spesa pubblica come “investimento essenziale nella nostra libertà”.

L’attivazione del meccanismo di protezione temporanea

In parallelo, mentre l’Ufficio delle Nazioni Unite per i rifugiati rende pubbliche le prime stime sui profughi in fuga dalla guerra (sono 368mila, potrebbero presto diventare almeno 4 milioni, cui aggiungere 7 milioni di sfollati interni), la commissaria agli Affari interni Ylva Johansson annuncia che l’esecutivo Ue proporrà al Consiglio l’attivazione (a maggioranza qualificata) per tutti i cittadini ucraini della protezione temporanea in caso di afflusso massiccio di sfollati che non possono ritornare nel Paese d’origine: ogni Stato Ue dovrà indicare una propria capacità di accoglienza in base alla quale ricevere, su base volontaria e previo il loro consenso, gli ucraini.

Contenuto in una direttiva del 2001 approvata dopo le guerre nei Balcani e figlia di un altro contesto politico quanto alla gestione dei flussi migratori, il meccanismo di protezione temporanea non era finora mai stato attivato né dopo lo scoppio della guerra in Siria nel 2015 né l’estate scorsa – nonostante varie pressioni – in seguito alla presa dell’Afghanistan da parte dei talebani. “Accogliamo a braccia aperte gli ucraini che sono in fuga dalle bombe di Putin”, ha detto von der Leyen, prima di rilanciare la stessa prospettiva europea di Kyiv: “Con l’Ucraina è in corso un processo che consiste, ad esempio, nell’integrazione nel mercato unico europeo, e una stretta cooperazione in materia energetica. L’Ucraina è una di noi e vogliamo che, col tempo, entri nell’Ue”.

Sanzioni, sanzioni, sanzioni

Nella rassegna delle prime volte rientra a pieno titolo anche il pacchetto sanzionatorio più imponente mai messo in campo dall’Unione e dagli altri Paesi del G7. Tre i diversi lotti adottati negli ultimi giorni con una rapidità impressionante: dalle misure per bloccare gli scambi con Donetsk e Lugansk subito dopo il riconoscimento delle due sedicenti repubbliche da parte del Cremlino allo stop all’acquisto dei titoli del debito sovrano russo, dall’alt all’export delle tecnologie dual-use ai limiti ai depositi dei cittadini russi nelle banche europee fino – con gradualità ma pure velocità non comune per una organizzazione sovranazionale fatta di 27 Stati membri – al congelamento degli asset degli oligarchi e pure di Vladimir Putin e Sergej Lavrov, e alla chiusura dello spazio aereo europeo ai voli e agli aeromobili a qualsiasi titolo riconducibili a Mosca. Senza dimenticare l’annuncio della volontà di spegnere nel continente di megafoni della propaganda e della disinformazione di Russia Today e Sputnik.

Mentre il rublo crolla al minimo storico all’apertura dei mercati asiatici del 28 febbraio, la Banca centrale di Mosca raddoppia i tassi d’interesse al 20% e le filiali della russa Sberbank in Europa danno avvisaglie di fallimento, l’ultimo capitolo delle sanzioni che hanno l’obiettivo di sfiancare l’economia russa e – come dice a condizione di anonimato un alto funzionario europeo – “di rendere Mosca un paria internazionale” è in arrivo, dopo l’intesa politica e l’ok di Roma e Berlino.

Messi a punto gli ultimi dettagli di natura tecnica, il Paese sarà staccato dal sistema internazionale dei pagamenti Swift, che collega 11mila istituti di credito in tutto il mondo, pur se solo selettivamente, nel tentativo di non pregiudicare i pagamenti delle forniture di gas e petrolio e innescare una repentina chiusura dei rubinetti. Fino a due giorni fa era l’opzione nucleare avversata da vari leader e considerata inagibile da molti commentatori; nelle prossime ore potrebbe essere una delle tante misure senza precedenti adottate dall’Europa e dagli alleati occidentali per arginare l’aggressione di Putin. L’Ue geopolitica non sta più alla finestra.

Foto di copertina EPA/STEPHANIE LECOCQ

Ultime pubblicazioni