Rapporto IAI politica estera 2021: le sfide nel Mediterraneo allargato

Il governo Draghi ha mantenuto un’attenzione invariata sul Mediterraneo allargato, prioritizzando in particolare il consolidamento dei propri interessi energetici ed economico-commerciali nell’area. È stata inoltre confermata la crescente importanza del Nord Africa e del Sahel (così come l’Africa più in generale) come aree prioritarie d’intervento, perseguendo obiettivi di stabilizzazione politica e istituzionale nei paesi della regione nell’ottica di promuovere gli interessi commerciali e controllare la pressione migratoria.

Draghi ha lavorato per evidenziare la larga complementarità tra gli interessi transatlantici nell’area, accelerando la ricucitura dei rapporti con la Francia, altro pilastro delle politiche mediterranee europee, e assumendo nuove importanti responsabilità in ambito securitario. La riduzione dell’impegno Usa in Medioriente rappresenta infatti un importante fattore di incertezza nella regione. Accanto a un evidente miglioramento del clima regionale dopo le forti tensioni dei due anni precedenti (concentrate nel Golfo Persico e nel Mediterraneo orientale), alcuni paesi e alcuni dossier hanno invece mostrato chiari segnali di peggioramento durante il 2021, come evidenziano gli sviluppi in Israele-Palestina, Tunisia, Afghanistan e, con il rinvio delle elezioni nazionali previste per dicembre, la Libia.

L’attivismo sul versante delle relazioni bilaterali (soprattutto nel dossier libico e tunisino) si è accompagnato all’impegno del governo in ambito multilaterale. A tal proposito, l’Italia non solo ha aumentato la propria partecipazione nelle missioni internazionali nell’area, ma assumerà durante il 2022 il comando della missione Nato in Iraq, ruolo che comporterà un ampliamento del contingente nazionale e anche della sua dotazione di nuovi asset militari. Rimane, infine, il rapporto con il controverso regime egiziano: nonostante un approccio più cauto tenuto dal governo Draghi e il parziale successo nella vicenda Zaki, l’Egitto continua a figurare come il primo paese della regione verso cui l’Italia esporta armi e materiale militare, oltre ad essere un importante partner in campo energetico e commerciale.

L’Italia e le migrazioni nel Mediterraneo centrale nel 2021

Le migrazioni continuano a rivestire un ruolo centrale nella politica estera italiana e nella definizione delle relazioni con i paesi del Mediterraneo allargato. La crescita dei flussi irregolari verso il paese ha, tuttavia, aumentato nuovamente la pressione sul governo per trovare delle soluzioni di lungo periodo. Sulla rotta del Mediterraneo centrale, durante il 2021, gli arrivi irregolari hanno infatti superato abbondantemente il numero registrato l’anno precedente (34.000 arrivi), attestandosi a oltre 67.000 unità. Draghi ha quindi cercato di “europeizzare” nuovamente la questione migratoria, riportandola al centro dei dibattiti in sede comunitaria.

Nel frattempo, la cooperazione con la Libia, per quanto oggetto di forti critiche, continua ad essere un caposaldo del posizionamento italiano. La principale sfida rimane, tuttavia, quella di definire un intervento strutturale lontano dalle consuete logiche emergenziali. In tal senso, Draghi ha inaugurato un cambio di tono sul tema, descrivendo le migrazioni come una risorsa e non come una minaccia e favorendo l’innalzamento della quota massima di lavoratori non comunitari ammessi nel paese prevista dal Decreto Flussi 2021 (67.900 ingressi nel 2022). A livello europeo, la preoccupazione per la vicenda dei migranti sul confine bielorusso rischia, tuttavia, di rendere meno impellente la ricerca di una soluzione condivisa nel Mediterraneo, a svantaggio degli interessi italiani nell’area.

*Gli articoli completi di Silvia Colombo, Andrea Dessì e Luca Barana fanno parte del report IAI “Il governo Draghi e il nuovo protagonismo internazionale dell’Italia”, consultabile integralmente qui

Foto di copertina ANSA/POOL Roberto Monaldo/LaPresse

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