Oltre la guerra: una nuova sfida globale attende Europa e Stati Uniti

La guerra in Ucraina continua e nessuno sa ancora come finirà. Molti sperano nell’ inaspettata vittoria di David contro Golia, ma i russi continuano ad attaccare, sia pure con scarsa efficacia, sia nel Sud che nel Nord. Il Presidente Usa, Joe Biden, sembra aspettarsi una crisi al vertice che scacci Vladimir Putin dal Cremlino. Gli europei sono molto più cauti e sembrano invece temere pericolosi colpi di coda, sia militari (armi di distruzione di massa) sia economici (ricatti energetici e alimentari). I negoziati tra Mosca e Kiev, mediati dalla Turchia, non sembrano avere ancora individuato un terreno comune su cui provare ad intendersi. Si delinea così un nuovo aspro scontro Est-Ovest in Europa, forse anche più pericoloso e difficile di quello che sperimentammo con la Guerra Fredda.

Gli Usa rivedono l’agenda dopo l’attacco russo in Ucraina

Il fatto è che questa volta i confini tra Est ed Ovest non sono chiaramente tracciati sul terreno, che cresce l’importanza delle crisi “periferiche”, specie in Nord Africa e nel Medio Oriente, e soprattutto che il vero centro di questo nuovo confronto globale non è più in Europa, ma in Asia: la Cina. L’Europa ha reagito bene, con una fermezza ed un’unità inaspettate alla sfida di Putin, soprattutto grazie alla leadership esercitata con grande decisione e abilità diplomatica dal Presidente Biden. Ma ora le cose si complicano.

L’offensiva militare russa ha obbligato gli Stati Uniti a rivedere provvisoriamente le loro priorità strategiche, concentrandole nuovamente sul loro fronte atlantico e sull’Europa. In realtà, però, rimane chiaro che a più lungo termine (e agli occhi dell’opinione pubblica americana) il fronte determinante è ormai quello del Pacifico e della Cina. Da questo punto di vista, l’avventurismo militare di Putin è un grande vantaggio per la Cina poiché obbliga gli Usa ad un confronto in contemporanea su due fronti che sono non solo lontani tra loro in termini geografici, ma anche molto diversi politicamente: uno ben organizzato a livello multilaterale all’interno dell’Alleanza Atlantica e l’altro a geometria variabile, basato su una serie di accordi bilaterali o ad hoc, di diversa portata e valore.

In pratica, sul piano militare, la sfida che più preoccupa gli Stati Uniti è quella sul fronte del Pacifico, dove Washington è direttamente impegnata ad assicurare la tenuta degli equilibri nella penisola coreana, la sicurezza del Giappone, l’indipendenza di Taiwan e la libertà e sicurezza del Mar Cinese Meridionale e dei grandi stretti indo-pacifici. Nel frattempo, però, la crisi in Europa costringe gli Usa ad assicurare quella copertura di circa il 70-75% delle capacità della Nato, che garantiscono la credibilità dell’Alleanza.

Questa situazione non può durare indefinitamente, ma il rischio è che questa guerra in Ucraina non si concluda rapidamente. Certo, alcuni sperano che ora accada alla Russia quello che avvenne alla vecchia Urss: un’implosione e frammentazione interna, provocata essenzialmente da ragioni economiche. Non è detto però che questo avvenga né che, se dovesse arrivare, sarebbe altrettanto pacifica. È invece possibile che la crisi continui, magari mantenendo attive incerte linee armistiziali, e che continui quindi a richiedere un forte impegno militare. Ciò potrebbe essere un problema per la Russia, ma lo sarebbe anche per gli Stati Uniti.

L’Europa debole deve cambiare passo

La debolezza europea è sia politica che militare. È in realtà il portato dell’assenza di una politica estera comune, malgrado le numerose “strategie” elaborate dalla Commissione e dal Servizio di Azione Esterna, e gli importanti documenti di indirizzo approvati dal Consiglio. Inevitabilmente, la diversa vulnerabilità dei singoli paesi si traduce in difficoltà e ritardi decisionali. Al fronte comune nel momento dell’emergenza fanno da contraltare le divisioni quando entrano in gioco grandi interessi nazionali.

Restando ad esempio sul piano strettamente militare, la situazione sarebbe molto più facile da gestire se gli europei, nei prossimi anni, riuscissero a salire fino al 45-50% delle capacità richieste dalla Nato, liberando così importanti risorse americane che potrebbero essere meglio impiegate nel confronto con Pechino. In effetti però, ad oggi, il solo paese ad avere annunciato un nuovo ambizioso tetto di spesa per la difesa è stato la Germania. Ma un riarmo quasi solo tedesco potrebbe creare squilibri e tensioni politiche all’interno dell’Ue. Di qui l’importanza che decisioni simili vengano prese anche dagli altri maggiori paesi, come Francia, Italia e Spagna. Nella speranza che tutto questo possa essere messo a fattor comune così da dar vita a quel nucleo di difesa europea che potrebbe fare la differenza strategica.

La Cina continua a crescere

In realtà, tuttavia, la questione è molto più complessa e va ben oltre il semplice calcolo militare. Il problema non è quello di presidiare ad una sorta di nuovo “doppio containment”, con la Russia al di là di una nuova cortina di ferro e la Cina arroccata dietro una sua nuova cortina di bambù. La Cina punta più in alto, ad erigersi a campione di una nuova forma di globalizzazione, in cui le regole sinora scritte da europei ed americani vengano corrette e riviste nell’ottica di una prevalenza cinese e del suo attuale regime.

È quindi una sfida globale, che coinvolge l’intero sistema economico e commerciale, il ruolo futuro della moneta cinese come nuova moneta di riserva e il controllo delle nuove tecnologie. La Cina non è ancora abbastanza forte per vincere una tale sfida con gli Usa, ed è sicuramente surclassata se agli Usa si aggiunge l’Ue. Pechino ne è perfettamente consapevole ed infatti ha impostato nel corso degli anni un’attenta e complessa strategia per rafforzare la sua influenza in Europa. Per un po’, durante gli anni di Trump, ha persino sperato di poter sganciare l’Europa dall’America, accrescendo la sua presenza e penetrazione economica in molti paesi europei. Ora Putin, con il suo avventurismo, ha costretto Pechino a rimodulare questa parte della sua strategia e probabilmente ad allungarne i tempi, ma non l’ha annullata.

Molto dipenderà dalla capacità europea di esprimere una politica estera comune che sappia affrontare la competizione globale con la Cina, oltre a quella regionale con la Russia. Giustamente Biden, nel sollecitare risposte adeguate alla importanza e complessità di queste sfide, non ha cercato solo di attivare la Nato e l’Ue, ma ha anche sollecitato i paesi del G-7, nella consapevolezza che quelle grandi organizzazioni, che prendono le loro decisioni solo consensualmente o all’unanimità, possono esprimere le loro enormi potenzialità solo se al contempo in Europa si affermerà una forte leadership, che veda assieme i vertici istituzionali e i maggiori paesi membri.

Ora si tratterà di vedere come reagiranno questi paesi.

Foto di copertina EPA/OLIVIER HOSLET

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