Elezioni europee, parla l’Ambasciatore Vincenzo Celeste

La redazione di AffarInternazionali ha intervistato l’Ambasciatore Vincenzo Celeste, rappresentante permanente d’Italia presso l’Unione Europea, in occasione di un incontro riservato svoltosi allo IAI con i soci dell’Istituto.

L’Ue arriva alle elezioni parlamentari nel pieno di più crisi internazionali, in Medio Oriente e in Ucraina. In questo contesto che importanza assumono queste elezioni per le nostre istituzioni e per le popolazioni europee? Si aspetta affluenza?

Sicuramente si tratta di un voto importante, anche perché queste crisi stanno dimostrando che per la prima volta siamo in grado di affrontarle come Unione europea e non solo come Stati nazionali. L’Ue ha avuto un’unità d’intenti notevole riguardo la guerra in Ucraina. Ci sono state più complicazioni, invece, sul tema del Medio Oriente, ma anche in questo caso c’è la consapevolezza che bisogna procedere in maniera unitaria. Queste spinte si traducono in maggiore interesse per le elezioni europee. Da parte nostra, esercitiamo una certa pressione affinché le nuove istituzioni europee si formino al più presto dopo le elezioni, per evitare momenti di vacatio temporanea in questi momenti di crisi.

La legislatura che sta terminando è stata all’insegna del green e dell’ambiente: cosa dobbiamo aspettarci a riguardo nel futuro dell’Ue?

Io continuo a pensare che il green continuerà a essere al centro dell’attenzione anche nella prossima legislatura, però questa volta sarà accompagnato dal tema della sostenibilità, che deve essere economica e sociale, perché la rivoluzione verde immaginata dalla Von der Leyen era stata concepita prima del Covid. Dopodiché c’è stato il Covid, con la crisi economica che ne è seguita e la guerra in Ucraina con la successiva crisi energetica. Il tutto ha imposto costi enormi e quelli già previsti per la transizione verde sono lievitati. Questo ha fatto e fa ancora oggi correre il rischio di perdere il sostegno della gente. La transizione verde continuerà a essere fondamentale perché sarà la base della nostra competitività e del suo recupero, ma per farlo bisognerà avere il sostegno delle persone e una transizione sostenibile.

La competitività rappresenta l’immediato futuro nelle politiche dell’Ue. Una nuova strategia industriale per l’Europa è immaginabile?

Io su questo ricordo sempre le parole che ha detto Draghi nell’incontro di aprile con le parti sociali, quando ha ricordato che la competitività è sicuramente uno strumento fondamentale ma per il quale l’Ue, pur avendone parlato già in passato, ha probabilmente mirato agli obiettivi sbagliati. Questo perché abbiamo curato molto più la competitività come tentativo di fare una concorrenza maggiore all’interno dell’Ue, non rendendoci conto di come le posizioni globali dell’Ue, dal punto di vista commerciale, venivano erose da attacchi, utilizzando anche strumenti che noi non ammettiamo all’interno dell’Unione e che l’hanno posta in difficoltà. Penso, ad esempio, alle indagini della commissione sui veicoli elettrici e ai presunti sussidi cinesi alle auto elettriche. Recuperare la competitività sarà la base del futuro dell’economia europea, ma ciò significa anche riuscire a recuperare competitività sui mercati finanziari. Si mescolano, dunque, diversi discorsi: la competitività, l’innovazione, lo slancio e la politica industriale devono avere delle risorse almeno comparabili a quelle che i nostri competitor americani o cinesi mettono sul tavolo.

Sul patto di stabilità: tutti i paesi dovranno presentare entro settembre i primi piani finanziari nazionali che delineano spese, riforme e investimenti. Cosa si aspetta?

Siamo all’inizio della ripresa dell’entrata in vigore delle regole di questo nuovo patto di stabilità. Vedo abbastanza ottimismo nella possibilità di poter avere quello che era l’approccio alla base della proposta del commissario Gentiloni, rimasta intatta nei suoi elementi essenziali. Sono state introdotte delle salvaguardie automatiche per poter ottenere il consenso tedesco, però la filosofia resta la stessa: la possibilità di un negoziato che viene fatto da ciascun paese e che possa delineare un piano sostenibile per il singolo stato membro. Ma siamo solo all’inizio, le discussioni inizieranno dopo le elezioni e poi vedremo come procederà.

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