Le conseguenze dell’uso delle bombe a grappolo in Ucraina

È notizia recente il fatto che l’Ucraina abbia utilizzato le munizioni a grappolo fornite dagli Stati Uniti d’America per la controffensiva nei confronti della Russia.

Il Sottosegretario alla Difesa statunitense Colin H. Kahl ha, difatti, affermato che il Pentagono fornisce tale tipologia di munizioni, in seguito alla determinazione del Presidente Biden al riguardo, per far fronte alla “urgency of the moment” e assicurare che “the Ukrainians have the confidence that they have what they need”.

Nella Comunità internazionale si  è aperto un dibattito su tale fornitura, essendo controversa la liceità di tale tipologia di armi.

La materia è regolata, tra l’altro, da uno specifico trattato: la Convenzione di Oslo sulle bombe a grappolo del 2008, entrata in vigore il ad oggi ratificata da centoundici Stati, tra cui l’Italia. Essa proibisce uso, stoccaggio, produzione e trasferimento di tale tipologia di armi. Alcune disposizioni convenzionali ineriscono alla distruzione degli stoccaggi esistenti, la pulizia delle aree contaminate, l’assistenza alle vittime, un sistema di monitoraggio e gli obblighi degli Stati in materia di recepimento nella legislazione interna

Si tratta pertanto di una convenzione contenente tanto norme del tempo di pace in tema di disarmo, quanto norme specifiche di diritto dei conflitti armati inerenti (il divieto del)l’uso delle bombe a grappolo.

La Convenzione, nello specifico, si limita a regolamentare le munizioni atte a disperdere o rilasciare (e contenenti)  submunizioni del peso di meno 20 chilogrammi ciascuna.

Tra le parti contraenti non si annoverano gli Stati Uniti né l’Ucraina o la Federazione russa, per cui si è aperto un certo dibattito intorno a tale fornitura.

Che cosa dice il diritto internazionale

Al riguardo occorre distinguere due profili.

Da un alto, nell’ottica del disarmo, ovvero delle norme destinate ad abolire l’esistenza di una certa categoria di armi, gli obblighi discendenti dalla Convenzione di Oslo paiono essere di natura pattizia, per cui vi sono vincolati certamente gli Stati contraenti. Allo stato attuale si può dubitare vi sia una corrispondente norma di carattere consuetudinario che vieti produzione, detenzione o trasferimento di tale tipologia di armi.

Dall’altro, per quanto attiene all’uso, vengono in gioco le norme di diritto umanitario.

In base ai principi generali del diritto dei conflitti armati, sono vietati gli attacchi indiscriminati, ovvero inidonei a discriminare obiettivi militari e beni civili (principio di distinzione), è proibito l’uso delle armi che causano mali superflui e sofferenze inutili (limitazione dei mezzi e metodi di combattimento), è proibito causare danni collaterali eccessivi rispetto al vantaggio militare concreto e diretto conseguito (principio di necessità militare e proporzionalità).

Occorre, pertanto, verificare, la compatibilità dell’uso della bombe a grappolo rispetto a tali principi.

Per loro natura tali munizioni rilasciano munizioni che sono direzionabili in “un’area”, ma non necessariamente verso il singolo obiettivo militare. Inoltre è incerto se esplodano tutte o restino parzialmente inesplose.

Nella prassi dei più recenti conflitti, si riporta che molte di esse restino inesplose, contaminando aree destinate ad uso civile e compromettendo l’incolumità della popolazione anche dopo la fine del conflitto.

Pare difficile affermarne la liceità nella misura in cui non siano rivolte esclusivamente verso un obiettivo militare e causino soltanto danni collaterali proporzionati rispetto alla neutralizzazione dello stesso.

In aggiunta ai principi generali sopra citati, anche altre disposizioni paiono interdire l’uso delle bombe a grappolo.

Occorre ricordare che ai sensi dell’art. 36 del I Protocollo addizionale del 1977 alle quattro Convenzioni di Ginevra del 1949, nella fase di studio, sviluppo, acquisizione di una nuova tipologia di arma, i contraenti hanno l’obbligo di determinare si il suo future impiego sia compatibile con le norme di diritto internazionale.

In base a tale obbligo, le parti dovrebbero esimersi dall’acquisire armi potenzialmente inidonee a discriminare gli obiettivi militari ovvero tali da causare mali superflui o sofferenze inutili.

Inoltre, il quinto Protocollo sui residuati bellici esplosivi del 2003 aggiuntivo alla Convenzione sulla armi convenzionali del 1980 e che vede tra le sue parti contraenti gli Stati Uniti d’America, l’Ucraina e la Federazione russa, impone di rimuovere tutti gli ordigni inesplosi o abbandonati che attentano ai civili, ai peacekeepers e agli operatori umanitari dopo la fine del conflitto armato.

Da ciò discende che, pur se usate le bombe a grappolo, vi sarebbe un ineludibile obbligo di rimuovere le submunizioni inesplose dopo la fine del conflitto armato.

L’uso delle munizioni da parte dell’Ucraina

Il ministro della Difesa ucraino, in concomitanza con la fornitura delle bombe a grappolo, ha indicato cinque principi che informeranno l’uso di tali armi. Esse saranno usate soltanto in Ucraina; non saranno sganciate in aree urbane ma soltanto in campi ove vi è una concentrazione di truppe russe; sarà registrato dove sono utilizzate; saranno condotte attività di “clearance” dopo la liberazione dei territori ucraini; sarà fatto un rapporto ai “partners” sull’uso delle munizioni e la loro efficacia.

Sotto il profilo del diritto umanitario, tale dichiarazione non offre molte rassicurazioni. L’impegno a utilizzare le munizioni sul territorio ucraino garantisce il rispetto dell’integrità territoriale della Federazione russa. Il registro relativo ai luoghi ove le munizioni sono utilizzate può essere di ausilio al rispetto dell’obbligo di rimozione dei residuati bellici esplosivi. Per quanto la garanzia di evitarne l’uso in aree urbane potenzialmente riduca, se rispettata, l’eventualità di danni collaterali, non basta ad assicurare a priori il rispetto dei principi del diritto internazionale umanitario, dato l’ampio raggio in cui le sub munizioni si disperdono dopo il lancio e la difficoltà a dirigerle esclusivamente verso un obiettivo militare.

Una valutazione sulla violazione, caso per caso, delle norme di diritto dei conflitti armati e l’eventuale commissione di crimini di guerra può essere compiuta soltanto ex post.

Le opinioni espresse sono soltanto dell’Autore

Foto di copertina OLEG PETRASYUK

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