I pericoli della ‘guerra per procura’ in Ucraina

La guerra in Ucraina è ormai chiaramente una “guerra per procura” fra Russia e Occidente. Lo ha detto esplicitamente Lavrov, che non fa testo.
Ma lo ha lasciato capire il Ministro della Difesa americano Austin, quando ha dichiarato che l’obiettivo delle forniture militari è di aiutare l’Ucraina a “vincere” (cioè non solo di indurre Mosca a firmare un armistizio e moderare le proprie pretese territoriali); e che un secondo obiettivo è debilitare la Russia in modo che non sia più in grado di aggredire altri vicini.

Guerra economica e di logoramento

Sin dall’inizio il conflitto non era una questione puramente bilaterale. Prima di ripiegare su una strategia di conquista territoriale, lo scopo della prova di forza lanciata da Putin era di
staccare l’Ucraina dall’orbita occidentale e catturarla nell’orbita russa: la stessa finalità del veto alla firma dell’Accordo di Associazione con l’Ue che aveva fatto pervenire a Yanukovich nel 2013, ma che l’insurrezione di Maidan aveva spazzato via. Ora la rivincita,
con metodi più brutali. Destinatari dell’operazione militare speciale erano dunque sia il paese aggredito sia il blocco euro-atlantico.
L’Ucraina, resistendo, difende il proprio territorio e la propria sovranità; ma è anche vero che – come dice Zelensky – combatte per gli europei, quanto meno per quelli confinanti con la Russia, perché dando del filo da torcere scoraggia nuove aggressioni.
Le sanzioni, inizialmente poco più che un “atto dovuto” , sono poi state drasticamente rinforzate, divenendo atti ostili, mirati a destabilizzare la Russia e il suo Zar, pur di fermare l’invasione. Se alla vigilia dell’attacco era francamente ridicola la sua denuncia di “un piano americano per distruggerci”, premessa per giustificare la guerra come preventiva e quindi in certo qual modo difensiva, ora Putin non esagera quando chiama il crescendo delle sanzioni “guerra economica“. Che come tutte le guerre arreca gravi danni a entrambe le
parti.
Le forniture militari allo stato aggredito sono ineludibili se non si vuole essere agnostici di fronte all’aggressione. Mantenerle al di sotto di una prudente soglia, come vorrebbero alcuni europei, può solo servire a prolungare lo spargimento di sangue e far pagare cara ai
russi la loro conquista di territori altrui, suscitando in loro un forte desiderio di rivalsa. Gli americani puntano invece a fermare la loro avanzata e mettere gli ucraini in grado di sferrare delle controffensive. Il fine ulteriore è di umiliare Putin e i suoi generali, e di logorare l’apparato militare della Russia.

‘War by proxy’

È esattamente quello che Reagan aveva fatto, con successo, negli anni Ottanta armando i mujahiddin afghani (soprattutto con i missili anti-aerei Stinger, che ora rivediamo); o quello che, sul versante opposto, avevano fatto i sovietici con le guerre di Corea e Vietnam. La “war by proxy” è una valida alternativa allo scontro militare diretto fra grandi potenze, ma non è priva di rischi.
Nel caso ucraino l’esito della guerra di logoramento dipende dalla capacità americana di far affluire con grande rapidità forniture massicce di armi pesanti, e dalla capacità russa di distruggere tali armi nei depositi o durante il trasporto. Mosca ha definito i convogli
come “bersagli legittimi“; per ora si astiene dal colpirli fuori del territorio ucraino ma non si può escludere che, vedendo ignorate le proprie messe in guardia e aumentata l’efficacia delle armi fornite all’Ucraina, possa rispondere con rappresaglie che causino vittime fra
gli americani o fra i militari di altri paesi Nato. Il potenziale per un un’estensione dell’incendio è evidente.
L’evocare il pericolo di una terza guerra mondiale, da parte di Lavrov, è un tentativo di dissuasione, non una minaccia. La Russia non ha alcun interesse ad un allargamento del conflitto. Ma non è disposta a fare un passo indietro, perciò alla sfida americana risponde con una sfida. È la logica della escalation, che si intende controllata ma comporta sempre un margine di incertezza.
Mosca ha a disposizione una serie di opzioni per rispondere al salto di qualità del coinvolgimento degli Stati Uniti e, con maggiore o minore zelo, dei loro alleati; e per vendicarsi di eventuali rovesci che dovesse subire sul campo. Scegliendo quelle più adatte a mettere in imbarazzo l’avversario, o cui è più difficile replicare.

La possibilità dell’allargamento del conflitto

Una prima avvisaglia è la sospensione delle forniture di gas a Polonia e Bulgaria, che colpisce indirettamente gli altri europei in quanto provoca una impennata dei prezzi. Una rappresaglia più incendiaria che ha già minacciato è il lancio di missili su ambasciate occidentali a Kyiv (gli americani stanno per riaprire la loro). Se fosse confermato
che gli attentati di questi giorni in Transnistria sono una false flag operation (lo fa pensare il fatto che si sia badato a non causare vittime), si profilerebbe la prospettiva di un ultimatum o una aggressione alla Moldavia, che non farebbe scattare la garanzia NATO.
Ma a quel punto l’Alleanza dovrebbe domandarsi come reagire se il passo successivo fosse un attacco di limitata entità alla Estonia o la Lettonia, che prendesse spunto da una provocazione organizzata in una delle zone a maggioranza russa.
Il ministro della Difesa americano dice di puntare ad una vittoria dell’Ucraina, ma non a una vittoria rapida. Si prepara ad una guerra prolungata, tanto è vero che si prevede una ripetizione della riunione di Ramstein a cadenza mensile. Per la Russia una guerra di logoramento poteva essere vincente contro la sola Ucraina, ma è da evitare nel
caso di una proxy war con la Nato. Escludendo di ritirarsi, non può che raddoppiare gli sforzi per sfondare nel Donbass, prima di offrire un armistizio.
Accettandolo, l’Ucraina salverebbe dall’occupazione Kharkiv, Dnipro, Odessa. Non il Donbass allargato, né la regione meridionale fino a Kherson, dove è già in corso la russificazione dell’amministrazione e dell’istruzione. Essendo impensabile che firmi la cessione di tali territori, si prospetta purtroppo un nuovo conflitto “congelato”, che
rende oltretutto problematica l’ammissione dell’ Ucraina “libera” nella Ue e nella Nato. L’alternativa, una guerra prolungata come quella di Corea, con i connessi rischi di ulteriore escalation, è ancora peggiore.

Foto di copertina Twitter di Volodymyr Zelensky

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