In fuga dalla guerra in Ucraina: le prime risposte europee ai rifugiati

Il deterioramento del conflitto in Ucraina a seguito dell’aggressione da parte della Russia sta avendo pesantissime conseguenze migratorie e umanitarie. Secondo i dati dell’Unhcr più di un milione di persone sono già fuggite dal paese in guerra (dati aggiornati al 3 marzo 2022), raggiungendo i paesi limitrofi. Si tratta di numeri impressionanti e in rapida crescita. Per mettere nella giusta prospettiva gli avvenimenti di queste giornate, è utile ricordare i numeri che hanno caratterizzato la tanto discussa crisi dei migranti di alcuni anni fa, quando nel 2016, al picco del flusso di arrivi irregolari attraverso il Mediterraneo, erano giunti in Italia 181.000 migranti in un anno. In pochi giorni, dunque, la crisi in Ucraina ha generato un numero di profughi di molto superiore.

La risposta dell’Unione europea

Sarebbe evidentemente errato comparare due fenomeni migratori così diversi per prossimità geografica, composizione del flusso, tempistiche e cause della migrazione forzata. In questo caso, siamo di fronte a un conflitto scoppiato improvvisamente subito al di là della frontiera esterna dell’Unione europea. Tuttavia, il rimando alla crisi di alcuni fa è utile per sottolineare come la prima risposta dell’Ue all’arrivo di centinaia di migliaia di profughi ucraini si stia muovendo su linee d’azione completamente diverse da quelle sperimentate negli ultimi anni su altri fronti migratori. Le misure securitarie e restrittive messe in campo dall’Ue appaiono oggi non percorribili di fronte alla grave crisi in Ucraina. Le prime azioni europee sembrano infatti essere dettate da un approccio votato all’accoglienza e alla solidarietà.

Si guardi ad esempio alla Polonia, un paese tradizionalmente contrario a ogni forma di redistribuzione interna all’Ue dei richiedenti asilo, ma che già presenta una numerosa diaspora ucraina. Sin dai primi giorni dell’avanzata russa, il governo di Varsavia si è detto pronto ad accogliere i rifugiati ucraini. Si ritiene che la Polonia abbia sinora accolto circa metà dei profughi dall’Ucraina, mentre anche Ungheria, Moldavia e Romania hanno ricevuto decine di migliaia di arrivi. Le autorità nazionali e locali in questi paesi hanno approntato delle prime misure di accoglienza per coloro in fuga dall’Ucraina, spesso con il decisivo supporto di volontari e organizzazioni della società civile.

La Direttiva sulla Protezione Temporanea per i rifugiati dall’Ucraina

Anche le istituzioni europee si sono dette pronte a fare la loro parte. Lunedì il Commissario agli Affari Interni Ylva Johansson ha visitato le località al confine fra Romania e Ucraina, in un gesto simbolico volto a testimoniare la vicinanza dell’Ue. Soprattutto, nei giorni scorsi la Commissione Europea ha proposto l’attivazione di uno strumento a disposizione dell’Ue da oltre vent’anni, ma che non era mai stato utilizzato sinora, nemmeno durante la crisi del 2014-17. Si tratta della Direttiva sulla Protezione Temporanea, che, approvata nel lontano 2001, propone modalità eccezionali di flessibilità per concedere una forma di protezione limitata nel tempo a cittadini di paesi non-UE in cui non sia possibile fare ritorno. A testimonianza dell’eccezionalità del momento, la proposta della Commissione ha già raccolto un “ampio consenso” fra gli Stati membri durante la riunione straordinaria del Consiglio Giustizia e Affari Interni del 27 febbraio. La decisione definitiva a riguardo dovrebbe essere adottata durante la prossima riunione del Consiglio, in programma giovedì 3 marzo.

Che cosa prevede la protezione temporanea? Si tratta di una protezione relativamente limitata nel tempo, rinnovabile fino a 3 anni, che non viene riconosciuta tramite i tradizionali canali delle richieste di asilo. L’obiettivo è quello di non ingolfare i sistemi nazionali di asilo – come invece è accaduto durante la crisi di alcuni anni fa – nel caso di un massiccio e improvviso afflusso di richiedenti nei paesi Ue, proprio come sta accadendo in questi giorni. Questa forma di protezione, le cui modalità sono armonizzate a livello europeo, prevede il riconoscimento di un permesso di residenza nell’Ue, l’accesso a servizi pubblici e di welfare, ma anche ai sistemi scolastici e al mercato del lavoro.

Il meccanismo di solidarietà interna

L’altro aspetto legato alla protezione temporanea – e che porrebbe la decisione di adottarla in netto contrasto con la linea politica seguita dall’Ue dal 2015 ad oggi – riguarda la predisposizione di un meccanismo di solidarietà interna per la redistribuzione dei beneficiari fra gli Stati membri. La redistribuzione dei richiedenti asilo è sempre stata lo scoglio su cui si è scontrato ogni tentativo di soluzione europea alla questione migratoria. In queste ore invece gli Stati Ue starebbero discutendo un sistema su base volontaria (ogni Stato deve dichiarare quanti rifugiati è intenzionato ad accogliere e le persone coinvolte devono a loro volta acconsentire alla nuova destinazione), se non addirittura a un meccanismo di quote nazionali: le prime stime parlano di un’Italia pronta ad accogliere il 13% dei cittadini ucraini che accederanno al sistema. Una questione cruciale ancora da dirimere riguarda invece l’ampliamento delle misure di solidarietà rivolte ai profughi ucraini anche ai richiedenti asilo e rifugiati provenienti da altri paesi, alcuni in arrivo dall’Ucraina stessa.

Come in altri ambiti delle politiche europee, anche nel campo delle migrazioni l’Ue pare dunque pronta ad adottare misure impensabili fino a pochi giorni fa. La crisi in Ucraina rafforza – per usare un eufemismo – il focus dell’Ue sulla frontiera esterna orientale, dopo che già l’anno scorso le tensioni con la Bielorussia avevano portato l’Unione a concentrarsi su questo nuovo fronte. Andrà ora valutato l’effetto di questi cambiamenti sull’investimento politico e finanziario che l’Ue ha svolto in questi anni per il rafforzamento dei confini nel Mediterraneo. Infine, se il trend votato all’accoglienza dei profughi ucraini venisse confermato nelle prossime settimane e mesi, potremmo assistere a un riallineamento degli interessi degli Stati membri rispetto al tema migratorio, con Stati come quelli dell’Europa orientale che improvvisamente si trovano a svolgere il ruolo di ‘paese di primo arrivo’ che finora era appannaggio delle nazioni affacciate sul Mediterraneo.

Foto di copertina EPA/MARTIN DIVISEK

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