La Somalia prigioniera di Al-Shabaab

La Somalia, dopo oltre un ventennio di guerre civili e assenza del controllo statale, fenomeni che hanno permesso a gruppi terroristici come Al-Shabaab di insediarsi all’interno del Paese, sembra ora in procinto di uscire dalla fragilità e avviare un processo di ricostruzione. Il Paese africano però si trova ad affrontare innumerevoli sfide: i terroristi cercano continuamente di indebolire il già fragile governo. Inoltre, le donne hanno ancora bisogno di una rappresentanza adeguata nei settori della politica, della pace e della sicurezza.

Nel 2021 la Somalia si trova a vivere una situazione di impasse politica a causa del termine del mandato del presidente Mohamed Abdullahi Mohamed e il continuo rimandare le elezioni presidenziali e parlamentari, e questo ha portato a nuove violenze.

Il Paese, inoltre, si trova ad affrontare forti crisi climatiche. Oltre allo stato di emergenza causato dalla nuova invasione di locuste, si teme che la situazione possa peggiorare a causa dell’intensificarsi delle piogge di Deir e dell’impatto climatico di El Niño, con conseguenti inondazioni che potrebbero spingere altre centinaia di migliaia di persone verso l’insicurezza alimentare. La situazione umanitaria nel Paese rimane profondamente preoccupante, con quasi quattro milioni di persone che affrontano la fame e circa 1,2 milioni di sfollati.

Che cos’è Al Shabaab

La milizia di Al Shabaab è uno dei più grandi gruppi terroristici che opera in Africa, nato come ala giovanile radicale dell’ormai defunta Unione delle Corti Islamiche della Somalia, che controllava Mogadiscio nel 2006 prima di essere estromessa dalle forze etiopi, appoggiate dagli Stati Uniti. Dal 2006 l’Unione delle corti islamiche dichiara lo stato di guerra e invita i somali a prendere parte al combattimento contro l’Etiopia.

Al Shabaab, ha confermato la sua adesione alla rete di Al Qaeda nel 2010, riuscendo a costruire un regno del terrore. Nelle aree sotto il suo controllo ha imposto una versione rigida della Sharia, tra cui la lapidazione delle donne accusate di adulterio e l’amputazione delle mani dei ladri. Ad oggi si registrano 1.289 vittime civili in parte attribuibile agli attacchi di Al Shabaab, ma anche al conflitto in Laascaanood. La campagna militare contro Al Shabaab nella Somalia centrale ha subito battute d’arresto, per quanto l’esercito nazionale e le milizie claniche alleate sono state in grado di riconquistare inizialmente un territorio significativo.

La missione AMISOM e ATMIS. Dal 2007 ad oggi

Nel gennaio del 2007 viene autorizzata con mandato ad interim di 6 mesi la missione dell’Unione Africana (UA), AMISOM, un’operazione regionale di peacekeeping portata avanti con l’autorizzazione delle Nazioni Unite. Questa missione vuole fornire supporto al Governo federale di transizione (GTF) ed un potenziale processo di pace, oltre a fornire aiuto all’esercito nazionale somalo nel garantire l’ordine e nel contrastare le milizie di Al Shabaab.

Tra il 2007 e il 2008 le forze di Al Shabaab ottengono diverse vittorie, riuscendo così a collocarsi in alcune città chiave e importanti porti; il loro obiettivo è quello di dar vita ad un nuovo stato islamico dove viene applicata la Sharia e allontanare dal Paese le agenzie dell’Onu. Dal gennaio 2007, almeno 870.000 civili sono fuggiti da Mogadiscio, due terzi della popolazione della città. In tutta la Somalia centro-meridionale, 1.1 milioni di somali sono sfollati dalle loro case, e molti vivono in campi lungo la strada Mogadiscio-Afgooye, diventati essi stessi teatro di brutali combattimenti.

L’AMISOM tra il 2011 e il 2015 è riuscita ad infliggere una serie di sconfitte al gruppo radicale islamico. Sfortunatamente all’inizio del 2015, la minaccia di Al Shabaab è tornata in maniera più violenta, colpendo varie basi militari della missione di pace. Di conseguenza, il termine della missione, previsto nel 2021, è stato rimandato a marzo 2022. L’Unione Africana insieme all’Onu hanno, però, concordato la creazione di un nuova missione  l’African Transition Mission in Somalia, ATMIS, che ha simili obiettivi a quelli di AMISOM, come l’indebolimento delle forze di Al Shabaab e di altri gruppi terroristici, ma anche di fornire sicurezza e approvvigionamento, sostenere gli sforzi di pace e riconciliazione del GTF, contribuire allo sviluppo delle capacità delle istituzioni di sicurezza e giustizia.

A dispetto di AMISOM, l’ATMIS si basa su un dispiegamento rapido di forze più mobili e flessibili. Nonostante ciò, gli attentanti portati avanti dal gruppo jihadista Al-Shabaab proseguono.Infatti nel 2023 Al Shabaab ha aumentato l’uso di razzi da 107 mm, in particolare a Mogadiscio, conducendo anche attacchi mirati contro politici somali di alto profilo. Sebbene l’attuale operazione contro Al Shabaab abbia contribuito a migliorare la sicurezza, da gennaio a marzo del 2023, 430.000 persone sono state sfollate a causa della violenza e 580.000 vivono in aree controllate da attori armati non statali.

Il ritiro in una prospettiva futura

Nel 2022, l’Unione Europea lancia un ponte aereo umanitario in aree difficili da raggiungere e non più accessibili su strada per aiutare le persone durante il periodo di siccità più critico. L’anno seguente, sempre l’Ue ha stanziato 72.5 milioni di euro per progetti umanitari in Somalia, principalmente in risposta alla siccità in corso, per l’assistenza alimentare, i servizi sanitari e nutrizionali di base, acqua potabile, protezione, alloggi e istruzione.

Nel giugno del 2023 inizia il ritiro progressivo dalla Somalia. William Ruto, presidente del Kenya, già nei mesi precedenti, aveva già annunciato che le Forze di difesa del Kenya (KDF) inizieranno a ritirarsi dalla Somalia nel 2024. Questa decisione è finalizzata a contribuire alla stabilizzazione del Corno d’Africa dopo anni di conflitti tra clan e la minaccia del gruppo Al Shabaab. Kenya, Etiopia e Gibuti hanno ottenuto l’autorizzazione per inviare truppe al di fuori di ATMIS per aiutare l’esercito nazionale somalo nella seconda fase delle operazioni contro Al Shabaab.

Nel settembre del 2023 a Mogadiscio viene avviato dal Governo federale della Somalia e dalla Cooperazione italiana, il fondo Towards Peace and Stability In Somalia (TPSS). Il fondo serve per aiutare il Paese nella costruzione di una pace stabile e di istituzioni democratiche. Il ritiro completo avverrà entro il dicembre del 2024 e il timore è che si possa verificare uno scenario come quello dell’Afghanistan dopo l’agosto del 2021 ma per ora sembra che ci siano esiti positivi che mostrino la Somalia pronta per questa transizione.

Questo articolo, a cura di Valentina Del Monti, è stato scritto in collaborazione da Orizzonti Politici e Affari Internazionali, la rivista di IAI, nell’ambito del progetto sulle crisi umanitarie nel mondo.

foto di copertina EPA/Daniel Irungu

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