Un nuovo futuro per la Nato: innovazione, dislocamenti e sicurezza globale

Siamo sempre tentati di semplificare, rendendo dozzinali realtà complesse”. Così ci insegnava Simone Weil, la prima Presidente del Parlamento Europeo eletto. La sicurezza è senza dubbio una di queste “realtà complesse” e, ogni volta che si cerca di semplificarla, la si mette inevitabilmente a repentaglio. Gli esperti concordano che la sicurezza vada intesa in senso ampio, non limitandosi alla sfera militare. In linea di massima, la sicurezza è la condizione in cui un attore può sopravvivere a minacce esistenziali adottando delle misure opportune. Un concetto multidimensionale, dunque, con versanti economici, politici, sociali.

Questa riflessione non è di solito trasmessa adeguatamente all’opinione pubblica. Ad esempio, si è spesso tentati di vedere la Nato come un’alleanza militare. Essa è invece qualcosa di più: uno snodo fondamentale della sicurezza euroatlantica, sotto tutti i punti di vista. Per tale motivo, nel gergo dell’Alleanza, si è consolidata l’espressione “sicurezza a 360 gradi”. Tale sicurezza tocca quindi molteplici aspetti: non solo militari, ma anche ambientali, energetici, economici, come pure sottolineato nel Concetto strategico appena approvato a Madrid. Per offrire un esempio: l’Italia non si trova in guerra al momento, ma la sua sicurezza è comunque minata dall’aggressione russa, con l’alterazione dei prezzi energetici e alimentari, l’instabilità in Medioriente e Nord Africa (c.d. “area MENA”), le azioni di disinformazione e gli attacchi cibernetici, a danno del tessuto democratico del nostro Paese.

Chiarito ciò, bisogna ammettere una cosa: la Nato garantisce la più forte alleanza militare della storia, ma non agisce a sufficienza su questi altri aspetti. Dal punto di vista europeo, ci sono almeno tre nodi che vanno sciolti con urgenza, alla luce dello scenario geopolitico: la piena valorizzazione del Patto Atlantico; il ruolo del Mediterraneo; il rapporto con l’Ue.

L’aggressione russa all’Ucraina e la multidimensionalità delle minacce

Il vertice di Madrid è stato dominato dall’aggressione russa contro l’Ucraina: questa azione criminosa ha costretto gli Alleati a dedicare crescente attenzione al fianco orientale. Dal punto di vista strettamente militare, scontato l’arsenale nucleare, la Russia non è un attore particolarmente preoccupante per la Nato. Tuttavia, com’è evidente in questi difficili mesi, ciò non impedisce a Putin di compiere atrocità nei Paesi esterni all’Organizzazione e di moltiplicare i rischi per la sicurezza dei Membri della Nato attraverso le dimensioni energetica, alimentare, migratoria, ecc. Fermo il nostro doveroso contributo alla difesa ucraina, compreso l’invio di armi, la Nato dovrebbe al contempo provvedere alla sicurezza dei Paesi membri, dedicandosi anche alle altre dimensioni delle crisi in corso.

Da un punto di vista formale abbiamo a disposizione il minimo indispensabile già dal 1949: gli articoli 2 e 4 del Patto Atlantico. Come noto, l’articolo 2 chiarisce la dimensione (anche) economica e politica dell’Alleanza. L’articolo 4 permette agli Stati parti di consultarsi in caso di minaccia alla loro sicurezza. Uno strumento flessibile di dialogo per la sicurezza comune, sotto più aspetti e sin dalle origini. Il resto, la parte veramente difficile, è dato dalla nostra lungimiranza.

Assistiamo oggi a crisi che non ci consentono di rimandare ancora queste decisioni. L’aggressione russa è l’ultimo campanello di allarme per problematiche che covavano da decenni: l’insicurezza non solo alimentare, ma più in generale umana, dei nostri vicini che favorisce massicce ondate migratorie; il cambiamento climatico; le minacce ibride e terroristiche.

Con ciò chiaramente non si intende dire che la Nato dovrebbe diventare un’organizzazione tentacolare, aperta a qualunque questione. Più semplicemente, si deve attuare seriamente l’idea della sicurezza “a 360 gradi”, tenendo conto della situazione contemporanea. Minacce non meramente militari, ma multidimensionali. Ed è compito dell’Organizzazione provvedere alla sicurezza dei suoi Membri anche sotto tali aspetti.

La centralità dell’area MENA

In particolare, sembra che il nuovo Concetto strategico dedichi troppa poca attenzione al Mediterraneo, punto cruciale della sicurezza euro-atlantica e specchio di tutte le crisi menzionate. Abbiamo sentito parlare a lungo di un “rischio da sud” per l’Europa. È chiara oggi la necessità di un approccio diverso.

La storia sempre ci mostra che il Mediterraneo è fonte di opportunità: non possiamo fantasticare di confini che escludano i Paesi della sponda sud senza compromettere anche la nostra sicurezza. L’instabilità dei nostri vicini e partner è si un rischio per noi; ma tale rischio può essere scongiurato solo aprendoci alla cooperazione e trovando soluzioni alle nostre preoccupazioni comuni. L’area MENA vede oggi acuirsi, anche a causa dell’aggressione russa, le preesistenti “sfide demografiche, economiche e politiche”, come riconosce il nuovo concetto strategico. L’impatto congiunto di istituzioni fragili, emergenza ambientale e sanitaria, crisi alimentare, pregiudica gravemente la sicurezza umana di questi Paesi e delle loro popolazioni, facendo proliferare la tratta di esseri umani, la prostituzione forzata, il terrorismo.

La via per una risposta a 360 gradi nel Mediterraneo

Per lottare contro tali fenomeni, la Nato dovrebbe aumentare il dialogo con l’Ue, beneficiando delle abilità e dell’esperienza comune europea sul Mediterraneo. Dall’altro lato, l’Ue deve avere il coraggio di rivendicare il proprio ruolo di guida globale nell’ambito del cambiamento climatico, della transizione digitale, della tutela dei diritti civili e sociali che sono il cuore della sicurezza umana. La Bussola strategica è un primo passo per una dimensione europea della difesa, integrata con i nostri partner e in grado di far fronte alle minacce dei nostri giorni. Il dialogo Ue-Nato deve quindi esaltare le nostre reciproche capacità, rafforzando la sicurezza di tutti.

L’Unione sta poi lavorando molto in questi giorni proprio sul fronte umano, ambientale, energetico dei Paesi mediterranei, come anche la recente visita della Presidente von der Leyen mostra. L’aiuto deve essere non solo nel breve, ma anche nel lungo periodo, favorendo le transizioni verdi e digitali e rafforzando l’ambiente istituzionale per coltivare la democrazia.

Di fronte alla moltiplicazione dei rischi è quindi necessario moltiplicare anche il nostro dialogo, non solo da una parte all’altra dell’Atlantico, ma anche del Mediterraneo. Solo così sarà possibile garantire la nostra sicurezza sotto ogni aspetto e difendere i valori comuni che sono alla base della nostra prosperità.

foto di copertina EPA/TOMS KALNINS

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