Le sfide per il Giappone al G7 di Hiroshima

Il Giappone del Primo ministro Kishida Fumio si prepara a ospitare il vertice dei capi di Stato e di Governo del G7, organizzato tra il 19 e il 21 maggio nella prefettura di Hiroshima, un luogo simbolico e denso di storia. Per quanto informale, il G7 è da sempre un punto di riferimento per la diplomazia del Giappone, che manca di un seggio permanente al Consiglio di sicurezza delle Nazioni unite. Due gli obiettivi del Primo ministro Kishida: ottenere rassicurazioni in merito alla stabilità e al vigore del cosiddetto “ordine internazionale basato sulle regole” e provare a portare quanti più Paesi del cosiddetto Sud Globale sulle posizioni dell’Euro-atlantico e Indo-Pacifico. Due gli ‘elefanti nella stanza’, peraltro non ben nascosti: la Russia di Vladimir Putin e la Cina di Xi Jinping.

Attivismo diplomatico

Il vertice del G7 arriva al culmine di un periodo di attivismo diplomatico intenso da parte del Primo ministro giapponese, volto a dimostrare che il Giappone può essere un attore chiave della politica internazionale. Oltre a visitare le proprie controparti in Francia, Italia, Regno Unito, Canada e Stati Uniti e a ricevere il Cancelliere tedesco Scholz, Kishida si è recato in Ucraina dal presidente Volodymir Zelensky, diventando il primo capo di governo giapponese a visitare una zona di conflitto dalla fine della Seconda guerra mondiale. Il recente tour di quattro Paesi del continente africano – Egitto, Mozambico, Ghana e Kenya – è stato preceduto da una visita in Corea del Sud al presidente Yoon Suk-Yeol, la prima di un leader giapponese da ben 12 anni, e in India, dal presidente Narendra Modi.

Dopo essersi mosso per mesi per avanzare gli interessi del Giappone, Kishida ora attende a Hiroshima non solo i rappresentanti del G7, ma anche una serie di leader da Paesi non-membri che ha appositamente invitato all’evento. La partecipazione è stata estesa ad Australia, Brasile, Comore, Isole Cook, India, Indonesia, Corea del Sud e Vietnam. È proprio guardando a questi inviti che le priorità economiche, strategiche e politiche del Giappone per questo summit diventano ancora più evidenti. 

Sicurezza nell’Indo-Pacifico

La priorità data alla sicurezza nell’Indo-Pacifico è resa chiara dall’invito esteso ad Australia e Corea del Sud, due degli alleati principali degli Stati Uniti e dell’anglosfera nell’area. Negli ultimi anni, Tokyo ha rafforzato i propri legami con Canberra sul piano della sicurezza e della difesa, stipulando accordi di accesso reciproco per le rispettive Forze di autodifesa. La partecipazione del presidente sudcoreano Yoon, che prevede anche un summit trilaterale con Joe Biden, rientra in un percorso intrapreso da Kishida per normalizzare le relazioni con Seoul. Oltre che in chiave strategica, gli inviti a vari Paesi democratici assumono anche una funzione retorica: l’invito a diverse democrazie mira a rafforzare la strategia – o visione – giapponese per l’Indo-Pacifico, che ha l’obiettivo a costruire una rete di Paesi democratici e “like-minded” attraverso l’oceano Pacifico e l’oceano Indiano. 

Avvicinarsi al ‘Sud Globale’

Estendere l’invito a Paesi che ricoprono la presidenza di turno di altri vertici informali come il G20 (India) o di organizzazioni come l’Unione Africana (Isole Comore) o l’ASEAN (Indonesia) rientra nelle pratiche diplomatiche tradizionali dei Paesi che ospitano il G7. L’aggiunta di Paesi come il Vietnam e il Brasile sottolinea invece la volontà politica di creare un blocco internazionale in chiave antirussa e anticinese

La missione risulta essere tanto ambiziosa quanto ardua. I Paesi che rientrano nel cosiddetto Sud Globale hanno priorità e interessi geopolitici piuttosto diversificati che spesso sono lontani da quelli del G7. Sul fronte antirusso, molti di questi Paesi non si sono uniti all’Occidente nell’imposizione delle sanzioni, ritenendo quest’ultime la vera causa dell’aumento del costo della vita e dell’energia a livello internazionale. Sul fronte anticinese, per molti Paesi del Sud Globale la Cina è uno dei principali partner economici e commerciali; pertanto, non hanno scelto in maniera né sicura né definitiva la sponda atlantica nel conflitto tra Cina e Stati Uniti. Il coinvolgimento di Vietnam, India e Indonesia può pertanto essere letto in chiave di sicurezza economica e di decentralizzazione della produzione e delle catene del valore verso Paesi meno ostili al Giappone e agli alleati occidentali. 

Piani ambiziosi, risultati incerti

Nonostante la rinnovata rilevanza e vigore data a meccanismi come il G7 dall’invasione russa in Ucraina, i Paesi del G7 soffrono di una progressiva perdita di rilevanza sul piano economico. Secondo stime del Fondo monetario internazionale, essi producono meno del 30% del PIL globale, un calo del venti percento rispetto agli anni Novanta. Negli ultimi dieci anni, hanno contribuito soltanto al 15% della crescita del pil globale. L’attivismo diplomatico degli ultimi mesi ha dato al Primo ministro giapponese una posizione di forza e credibilità tale da consentirgli di guidare un summit molto ambizioso. Tuttavia, la realtà geopolitica e geoeconomica dell’incontro risente delle tensioni a livello regionale e internazionale. Dall’esito del summit dipenderà l’agognato ruolo da leader nelle relazioni internazionali a cui il Giappone aspira da decenni. 

Foto di copertina ANSA/US PRESIDENZA DEL CONSIGLIO FILIPPO ATTILI

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