Patto di Stabilità: la Commissione ha presentato le sue proposte, ora la parola ai governi

Dopo lunga attesa, e all’esito di un lungo e approfondito processo di consultazione pubblica, la Commissione europea ha pubblicato qualche settimana fa una Comunicazione con la quale si identificano le grandi linee di una riforma delle regole vigenti in materia di disciplina di bilancio.

La proposta parte da una valutazione critica delle regole attualmente in vigore, anche se temporaneamente sospese per consentire ai governi di attuare politiche fiscali espansive destinate a compensare gli effetti della pandemia da Covid-19. Queste regole, che sono il risultato di una stratificazione di successive modifiche delle regole originarie, sono valutate dalla Commissione come troppo complesse e poco trasparenti, in taluni casi irrealistiche (come per la regola della riduzione del debito), spesso con effetti eccessivamente pro-ciclici, e comunque non in grado di assicurare una sufficiente responsabilizzazione degli Stati membri né di garantire un livello credibile di enforcement.

Le novità sul debito nella proposta della Commissione 

La nuova proposta della Commissione propone regole più semplici e trasparenti. Ma soprattutto propone di definire un sistema di sorveglianza sui bilanci nazionali in grado di conciliare la disciplina di bilancio con politiche di sostegno agli investimenti necessari per garantire una crescita sostenibile e le transizioni energetica e digitale.

In estrema sintesi, il nuovo sistema proposto dalla Commissione prevede la rinuncia a un quadro unico di regole valide per tutti, e il passaggio al principio di percorsi di aggiustamento definiti per ciascuno Stato membro sulla base di una interlocuzione fra Commissione e singoli governi. La Commissione definisce un quadro di riferimento e su questa base i governi propongono un piano di rientro dal debito che sarà specifico per Paese, e che dovrà essere approvato dalla Commissione e validato dal Consiglio.

La seconda novità che la Commissione propone è quella di utilizzare come criterio per valutare la sostenibilità dei piani nazionali non più il saldo netto strutturale, ma quello della evoluzione della spesa pubblica primaria, al netto cioè della spesa per interessi e per interventi straordinari e congiunturali, che dovrà essere tale da consentire una “riduzione plausibile” del debito. La valutazione sulla attuazione dei singoli piani nazionali verrebbe effettuata dalla Commissione non con riferimento a benchmark numerici e automatici, ma con ricorso, sempre da parte della Commissione, ad analisi sulla sostenibilità del debito del singolo paese sotto esame.

I piani nazionali di rientro dal debito avranno una durata di quattro anni; ma potranno essere prolungati fino ad un massimo di sette su richiesta del Paese interessato. E saranno graduati in funzione del livello di indebitamento del singolo Paese. In questo senso la Commissione distingue tre categorie di Paesi a debito basso, moderato ed elevato.

Le procedure di infrazione per debito

La componente di enforcement del processo si baserà sul mantenimento della procedura sia per deficit che per debito eccessivo. Quella per deficit resterebbe sostanzialmente invariata, e scatterebbe in presenza di una violazione del limite del 3% di deficit. Quella per debito eccessivo non prevedrebbe più la regola (del tutto irrealistica nella presente congiuntura) della riduzione di un ventesimo su base annua, ma si attiverebbe in presenza di una deviazione significativa dal percorso concordato di riduzione del debito. Entrambe continuerebbero a prevedere un ‘braccio’ preventivo (che si sostanzierebbe in raccomandazioni indirizzate dalla Commissione al Paese sotto procedura) e un ‘braccio’ correttivo (nel cui contesto sarebbero anche previste sanzioni di vario tipo).

Oltre a sanzioni finanziarie sarebbero previste sanzioni ‘reputazionali’ con la possibilità per i governi di cui si prevedono deviazioni significative dal percorso concordato di essere chiamati a riferire davanti al Parlamento europeo. Ma soprattutto la Commissione propone di introdurre una nuova categoria di sanzioni ‘macro-economiche’ che potrebbero comportare la sospensione dell’erogazione di fondi europei al Paese sotto procedura.

Per ora la Commissione ha preferito limitarsi a presentare una comunicazione. L’obiettivo è quello di sondare il terreno, e registrare le reazioni dei governi, per poi presentare le proposte legislative possibilmente nella Primavera 2023. Ma si tratta di una comunicazione non solo decisamente innovativa ma anche molto dettagliata. Se finora il dibattito su questo tema si era sviluppato a partire da ipotesi di riforma elaborate da centri studi o da singoli esperti, d’ora in poi il confronto vedrà come protagonisti i governi, e si dovrà sviluppare a partire da questa proposta, come previsto dai normali processi decisionali della UE e dell’Eurozona.

Cosa ne pensano i governi

Gli Stati membri per ora non si sono ancora espressi ufficialmente sulle proposte della Commissione. Risulterebbe però una posizione critica e negativa della Germania (e probabilmente di altri Paesi like-minded), che rimprovererebbe alla Commissione di avere individuato un meccanismo che consente eccessivi margini di manovra agli Stati membri nella definizione e attuazione dei programmi nazionali di aggiustamento e di rientro dal debito.

In Italia il dibattito (talora vivace) è per ora rimasto circoscritto all’ambito degli specialisti della materia. Le critiche principali si sono prevalentemente concentrate su quattro aspetti della comunicazione.

In primo luogo, secondo questi rilievi, queste proposte concederebbero margini eccessivi di discrezionalità alla Commissione (cui competerebbe di giudicare non solo sul volume complessivo della spesa pubblica primaria ma anche sulla sua composizione). In secondo luogo, la scelta, come criterio di riferimento, dell’evoluzione delle spesa pubblica primaria invece dei saldi strutturali, e il riferimento a riduzioni plausibili del debito, si presterebbero a valutazioni soggettive. In terzo luogo, la reintroduzione della possibilità per la Commissione di effettuare analisi sulla sostenibilità dei debiti pubblici introdurrebbe elementi di complessità e imprevedibilità nella valutazione dei percorsi di aggiustamento. E infine la previsione di tre categorie di Paesi in funzione del livello del loro debito sarebbe eccessivamente penalizzante per l’Italia.

Opportunità e il convegno Iai

Ma è anche vero che la previsione di piani nazionali specifici di rientro dal debito potrebbe offrire migliori opportunità di conciliare disciplina di bilancio e spese per investimenti. E che nell’ambito dei piani nazionali ogni Governo potrebbe scegliere il mix di politiche più appropriato per raggiungere l’obiettivo condiviso di una riduzione sostenibile del debito.

Siamo solo all’inizio di un percorso negoziale che si presenta non privo di difficoltà e complessità. Ma non c’è dubbio che, considerato il livello del debito pubblico italiano, la posizione che il governo italiano assumerà su questa proposta della Commissione sarà oggetto di speciale attenzione a Bruxelles e nelle maggiori capitali europee.

Il tema può apparire a prima vista complesso ed esoterico. Si tratta però di questione di importanza centrale dato che le future regole europee sono destinate a condizionare le nostre scelte future di politica economica. Si tratta quindi di un tema meriterebbe un più ampio confronto pubblico.

Intanto su queste proposte, e più in generale sulla riforma della governance economica europea, lo Iai insieme ad Europeos, Assonime e il Ministero per gli Affari Esteri e la Cooperazione Internazionale ha organizzato un convegno pubblico per il prossimo 14 dicembre.

Foto di copertina EPA/STEPHANIE LECOCQ

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