L’Ucraina nella Nato rafforzerà la sicurezza europea

Le polemiche sui tempi e i modi di una futura adesione alla Nato dell’Ucraina hanno oscurato i risultati del vertice di Vilnius, che sono invece molto significativi e in parte storici.

Un vertice in parte storico

La Nato ha guadagnato un altro membro: non (ancora) l’Ucraina ma la Svezia. L’Alleanza aumenta così le capacità di contenimento della Russia nell’area del Baltico, dove in anni recenti i russi sono stati molto attivi in operazioni di disturbo, intimidazione e sabotaggi (per esempio di cavi sottomarini).

La Svezia ha avuto luce verde dopo che la Turchia (subito seguita dall’Ungheria) ha tolto il veto. A sbloccare la situazione è stata la promessa dell’amministrazione Biden di consentire la vendita di caccia F16 ad Ankara, il che riporta la Turchia più vicina ai paesi occidentali dopo la spaccatura sulla sua decisione nel 2017 di acquistare il sistema di difesa antimissile russo S400.

La Nato ha approvato nuovi piani di difesa e deterrenza, anche attraverso l’aumento degli schieramenti nei paesi più vicini alla Russia, e si è accordata su programmi di spesa e investimenti militari più ambiziosi.

Aiuti oggi, adesione domani?

Soprattutto i paesi Nato hanno riaffermato l’impegno a sostenere la difesa dell’Ucraina. I paesi del G7 e altri hanno fornito assicurazioni in materia di forniture di armi, addestramento delle truppe ucraine e condivisione di intelligence. Undici paesi Nato si sono accordati per addestrare piloti ucraini a manovrare i caccia F16 sul loro territorio e spazio aereo. La Francia ha rivelato di aver inviato in Ucraina missili a lunga gittata (è il secondo paese dopo il Regno Unito).

Queste sono misure fondamentali per la capacità ucraina di poter respingere i russi sempre più indietro e riconquistare territorio. In quanto tali, questi punti sono molto più importanti del dibattito su un’adesione alla Nato che in ogni caso non potrebbe avvenire prima che le ostilità siano cessate e la guerra trovato una qualche risoluzione di lungo periodo.

L’Ucraina esce comunque dal vertice più integrata con la Nato e con l’assicurazione che un giorno diventerà uno Stato membro. La questione dei tempi e dei modi della sua adesione – subito dopo la guerra o dopo qualche tempo? Solo se sarà stato liberato tutto il territorio ucraino o basta parte di esso? – tornerà ad animare il dibattito e dividere i governi così come gli osservatori.

La Russia ha demolito l’idea di uno spazio di sicurezza europeo unico e integrato

Ma la domanda a cui val la pena rispondere oggi ancora è se sia davvero opportuno che l’Ucraina aderisca alla Nato o meno, anche se la decisione è già stata presa (al netto della fumosità su tempi e modi). La risposta è sì: la sicurezza europea uscirebbe rafforzata dall’adesione dell’Ucraina alla Nato.

Per spiegare perché, bisogna fare un passo indietro. Nel vertice Nato di Bucarest dell’aprile 2008, su pesante insistenza americana, Ucraina e Georgia ottennero una vaga promessa che un giorno avrebbero fatto parte dell’Alleanza. L’estate successiva la Russia attaccò la Georgia e la Nato mise la questione della membership ucraina e georgiana nel cassetto, dov’è rimasta fino a oggi.

Molti sostengono che fu un errore non dare maggiore sostanza alla promessa del 2008. La Russia non avrebbe attaccato la Georgia né invaso l’Ucraina nel 2014 e poi nel 2022.

Questi argomenti sono validi ma non del tutto convincenti. La Russia avrebbe potuto attaccare la Georgia (o l’Ucraina) durante il processo di adesione, mettendo la Nato di fronte al dilemma terribile se intervenire o meno in difesa di un paese aderente ma non ancora coperto dall’articolo 5 di mutua difesa. Né sarebbe stato facile per i governi Usa ed europei (con l’eccezione di baltici e Polonia) giustificare il rischio di una terza guerra mondiale per la difesa di paesi periferici per la stragrande maggioranza dell’opinione pubblica.

Inoltre, nel 2008, la speranza di fare dell’Europa uno spazio di sicurezza unico e integrato, esteso alla Russia, non era venuta meno, nonostante numerose avvisaglie in senso contrario da parte di Mosca.

Il biennio 2007-8 aveva visto le tensioni crescere – prima sullo schieramento della difesa antibalistica Usa in Europa orientale, che Vladimir Putin paragonò alla crisi dei missili di Cuba; poi sull’indipendenza del Kosovo, che Mosca avversò; e poi proprio col vertice Nato di Bucarest.

L’accumularsi di tensioni convinse molti in Occidente che fosse necessario ristabilire un dialogo con Mosca. Del resto, tanto per gli Usa quanto per l’Europa occidentale la Russia era meno una minaccia quanto un interlocutore – difficile ma imprescindibile – su questioni come non-proliferazione e disarmo nucleare, Iran e Corea del Nord, lotta al terrorismo islamista e assistenza logistica in Afghanistan. Era pertanto possibile ipotizzare un dialogo con la Russia sull’Europa orientale sulla base di cooperazione sui questi dossier.

Niente di tutto questo è ancora valido. L’ostilità della Russia verso Usa ed Europa negli ultimi quindici anni – e in particolare dal 2011, quando la Russia fu scossa da proteste anti-governative che Putin attribuì a sobillatori americani – è cresciuta vertiginosamente.

Mosca ha demolito ogni speranza di una coesistenza pacifica su termini accettabili per Nato e Ue. Ha attaccato i suoi vicini (tre volte), usato violenza indiscriminata in Siria, usato i mercenari della Wagner in chiave anti-europea in Libia, Mali e Repubblica Centrafricana, ricorso a ricatti energetici, assassinato dissidenti (anche in territorio Nato), violato accordi di controllo degli armamenti e diffuso propaganda e disinformazione nei paesi europei e negli Usa.

L’Europa sarà divisa per anni a venire

L’invasione del 2022 ha distrutto quel pochissimo che restava del sistema di sicurezza europea post-Guerra fredda. L’idea che si possa costruirne uno nuovo con la Russia di Putin o di qualcuno che abbia la stessa visione di politica estera dell’attuale presidente è del tutto irrealistica. Per anni, forse decenni a venire, la sicurezza europea non potrà essere costruita con la Russia ma in difesa da essa.

In questo senso, lasciare l’Ucraina fuori dalla Nato aumenta il rischio che diventi fonte perpetua di instabilità, perché la Russia avrebbe meno preoccupazioni ad attaccarla nuovamente o comunque a promuoverne la destabilizzazione perenne. Questo aumenterebbe il rischio di escalation perché i paesi Nato non potrebbero restare passivi.

Ma perché non offrire garanzie di sicurezza bilaterali invece della membership Nato? Un primo motivo è che la mutua difesa Nato è un deterrente più efficace (anche se non certo) di garanzie bilaterali. Un altro è che l’integrazione dell’Ucraina nelle strutture decisionali e militari Nato ne limiterebbe la capacità di fare fughe in avanti e ridurrebbe il rischio che la relazione bilaterale Usa-Ucraina (il c.d. modello Israele) imponga indirettamente le sue decisioni sugli altri alleati. Infine, la membership è una garanzia di ancoraggio di lungo periodo dell’Ucraina al quadro politico-normativo dell’Alleanza, con ricadute positive sullo stato della democrazia in Ucraina.

In conclusione, i tempi per un’adesione dell’Ucraina alla Nato non sono maturi. Ma a prescindere da come finirà la guerra, gli alleati dovranno trovare una formula per consentire all’Ucraina di aderire. Per ridare credibilità al sogno di un’Europa intera e unita, bisogna riconoscere la realtà di un’Europa divisa, e impedire che la frattura si allarghi. Nell’architettura di sicurezza europea futura, l’Ucraina è la pietra angolare.

Foto di copertina EPA/SERGEY DOLZHENKO

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