Il ritorno delle migrazioni in campagna elettorale

Qualsiasi illusione che le tematiche migratorie fossero state de-politicizzate e ridimensionate nel dibattito politico italiano dalle conseguenze della pandemia e dall’azione del governo a forte trazione europeista di Mario Draghi è stata prontamente smentita dalle prime settimane di campagna elettorale. Il tema della migrazione è tornato prepotentemente alla ribalta non appena le Camere sono state sciolte e i partiti politici si sono lanciati in questa inusuale competizione elettorale estiva.

La fine della migrazione de-politicizzata

Non che l’agenda migratoria fosse completamente sparita dai radar delle forze politiche italiane e del governo: in realtà, con toni meno accesi rispetto al passato, l’Italia ha mantenuto una linea di sostanziale continuità nella gestione restrittiva delle migrazioni, concentrandosi prevalentemente sulla prevenzione degli arrivi irregolari attraverso il Mediterraneo, nuovamente in crescita a partire dal 2020.

Questa dinamica aveva anche spinto il presidente del Consiglio Draghi a manifestare, poche settimane fa, le difficoltà italiane, affermando che l’Italia è stato “il Paese più aperto ma non si può essere aperti senza limiti. A un certo punto il Paese che accoglie non ce la fa più”. Nonostante il suo governo abbia mantenuto un impianto di collaborazione con i paesi lungo le rotte migratorie per il controllo degli arrivi, Draghi ha nel frattempo anche compiuto i primi passi verso una politica più complessiva, ad esempio raddoppiando la quota di lavoratori migranti regolari ammessi in Italia nel 2022.

A fronte di questa situazione comunque abbastanza consolidata, i temi migratori sembravano essere stati de-potenziati nel dibattito politico, quantomeno rispetto ad alcuni anni fa. La presenza in una maggioranza di governo di unità nazionale di forze politiche che solitamente utilizzano la carta dei migranti a fini di consenso elettorale – come la Lega, ma a tratti anche il Movimento Cinque Stelle (fu il Ministro e membro del Movimento Luigi di Maio a definire le ONG “taxi del mare”) – ha probabilmente agito da fattore rasserenante per il dibattito su questi temi, in aggiunta alle emergenze sanitarie ed economiche affrontate negli ultimi anni. Tuttavia, non appena la campagna elettorale è risultata inevitabile, il tema è tornato al centro dall’attenzione, a causa della forte offensiva social e mediatica di forze politiche come Fratelli d’Italia e la Lega.

Ha sostenuto questo ritorno in scena anche l’aumento degli arrivi irregolari nel mese di luglio, che alcune fonti attribuiscono anche a manovre in Libia da parte della compagnia di mercenari russi Wagner per destabilizzare un’Italia in piena crisi politica. Tuttavia, questa prospettiva che dipinge i migranti esclusivamente come ‘armi’ utilizzate da Stati terzi per esercitare pressione sui paesi europei ne de-umanizza l’esperienza migratoria – e gli abusi subiti – e sottovaluta la complessità delle ragioni che spingono le persone a migrare o a lasciare un paese di transito come la Libia, che non possono essere ridotte esclusivamente all’azione di un attore straniero. Va comunque preso atto che il tema della strumentalizzazione domina ormai l’agenda europea in materia di migrazioni, soprattutto alla luce dell’accresciuta competizione strategica con la Russia.

Quali prospettive?

Alla luce di questo quadro, ci si interroga dunque sull’evoluzione dalle politiche migratorie italiane nei prossimi mesi, soprattutto nel caso di vittoria da parte del centro-destra e di una possibile recrudescenza nei toni della polemica con l’Unione europea, accusata di aver lasciato l’Italia da sola di fronte all’aumento della pressione migratoria. Il nuovo governo italiano dovrà innanzitutto interloquire con la presidenza di turno detenuta dalla Repubblica Ceca, che in tema di migrazioni intende proseguire nel solco dell’approccio graduale intrapreso da quella francese nei primi sei mesi del 2022, concentrandosi su temi tradizionali come i rimpatri e la prevenzione degli arrivi irregolari.

In Italia è invece quasi certa una netta continuità con l’attuale approccio restrittivo. Probabile anche che riprendano i tentativi di ostacolare le attività della Ong attive in operazioni di ricerca e salvataggio nel Mediterraneo e gli interventi per de-potenziare il sistema di accoglienza.

La coalizione di destra

Fratelli d’Italia ha poi proposto più volte un blocco navale che, nelle intenzioni dei promotori, dovrebbe fermare –  tramite una missione militare – gli arrivi irregolari dalle coste africane. L’attuazione di una tale misura appare però molto intricata, non solo per il quadro giuridico internazionale, ma anche perché negli ultimi anni i punti di partenza verso l’Italia sono diversificati: i migranti non partono solo dalla Libia (47% nel 2021), ma anche dalla Tunisia (30%) e dalla Turchia (19%). In generale, appare complesso inasprire un impianto già restrittivo, come dimostra la conferma della collaborazione con la Guardia Costiera Libica, il cui operato in violazione dei diritti umani è stato più volte denunciato dalle Nazioni Unite.

Il (ri)posizionamento del Partito democratico

Su questo tema, un cambiamento di atteggiamento in questa campagna elettorale pare invece riguardare il Partito Democratico. Non bisogna dimenticare che era stato proprio un ministro espressione del PD, Marco Minniti, ad inaugurare nel 2017 l’attuale stagione delle politiche migratorie italiane, poi confermata dagli esecutivi successivi. E infatti, in questi anni il PD ha sempre sostenuto misure controverse come il sostegno alle forze libiche per la gestione delle operazioni di ‘salvataggio’ nel Mediterraneo. Tuttavia, proprio in questi giorni, il partito ha marcato una prima differenza rispetto al passato, non votando la scheda 47 del dl Missioni Internazionali – comunque approvato con i voti degli altri partiti – riguardante proprio le operazioni in Libia e in particolare il rifinanziamento della missione di sostegno alla Guardia Costiera Libica.

Il quadro politico italiano si sta dunque (ri)posizionando rispetto alla questione migratoria, che certamente rimarrà fra le priorità del prossimo governo, indipendentemente dal suo colore politico. Quello che però sembra mancare – non una novità – è una visione complessiva delle migrazioni come fenomeno strutturale. È molto probabile invece che nei mesi e gli anni a venire ci si continuerà a concentrare sulla significativa, ma parziale, tematica di come ridurre le migrazioni irregolari attraverso il Mar Mediterraneo.

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