L’Italia e le sfide della Bussola strategica

Con la riunione speciale del 30-31 maggio, dedicata al conflitto in Ucraina, il Consiglio europeo ha dato ulteriore slancio alla cooperazione e all’integrazione europea sulla difesa, approvando di fatto le misure annunciate dalla Comunicazione congiunta della Commissione e dell’Alto rappresentante sull’analisi delle carenze di investimenti nel settore della difesa e sulle prospettive di percorso.

Le conclusioni pubblicate il 31 maggio fanno parte di un processo più ampio, accelerato dalla Dichiarazione di Versailles dell’11 marzo scorso che, nel contesto di insicurezza alimentato dall’invasione russa dell’Ucraina, affidava alla Commissione il compito di presentare un’analisi delle carenze di investimenti nella difesa e di proporre le misure necessarie per rafforzare la base industriale e tecnologica di difesa europea.

Di questo processo, ricco di sfide e opportunità per l’Italia, si discuterà il 7 giugno in un webinar organizzato dall’ Istituto Affari Internazionali per riflettere sulla posizione che l’Italia dovrebbe assumere al fine di svolgere un ruolo attivo nell’attuazione della Bussola Strategica (Strategic Compass) adottato dall’Ue lo scorso marzo, tutelando al meglio gli interessi nazionali.

Una forte accelerazione

Con le misure previste dalla Comunicazione congiunta, gli Stati dell’Ue fanno fronte comune per rafforzare nel breve termine le loro difese, in parallelo con gli ingenti aumenti della spesa militare in corso in tutto il continente. Una linea d’azione comune e coordinata, completa di procurement congiunto dove possibile, permetterebbe infatti di ottenere migliori risultati a parità di investimenti, e maggiori ritorni per le industrie europee rispetto a una serie di acquisti chiavi in mano da fornitori extra Ue.

Questo fronte comune non può e non deve però limitarsi al procurement di breve termine, ma deve essere esteso a una visione strategica condivisa a livello europeo, che possa influenzare una politica industriale di difesa per far stare l’Ue al passo con il sempre più veloce progresso tecnologico, evitando costose e dannose duplicazioni.

Il ritorno della guerra in Europa ha messo a nudo la necessità dell’Italia di accelerare l’aumento del bilancio della difesa, a maggior ragione nel contesto di repentina accelerazione impressa dalla Bussola sul percorso di integrazione della difesa europea. Al netto dall’auspicabile raggiungimento della spesa del 2% del Pil nella difesa entro il 2028, l’Italia impegna migliaia di militari all’estero in missioni Ue, Nato e Onu e rispetta da anni le linee guida condivise con gli alleati sull’investimento in equipaggiamenti e innovazione tecnologica. L’Italia dovrebbe farsi portavoce nei consessi Ue e Nato di un approccio che guarda al “come” e “quando” si investe nella difesa oltre che al solo “quanto”.

Le sfide strategiche della difesa comune

Tra i molteplici aspetti positivi in un’ottica nazionale, l’importanza riservata alla Nato dalla Bussola strategica rappresenta una piccola grande vittoria per l’Italia, che da sempre sostiene il ruolo dell’Alleanza come colonna portante della difesa europea, soprattutto nell’ambito operativo, capacitivo e di pianificazione.

Una delle novità più significative delineate nella Bussola è l’aggiornamento triennale di un’analisi delle minacce a livello europeo. Infatti, un’Italia più attrezzata e nel suo insieme convinta dell’influenza che può esercitare sulle politiche ed iniziative di difesa europee deve cogliere questa opportunità per fare in modo che le principali minacce percepite dal Paese, specialmente quelle provenienti dal Mediterraneo allargato, vengano incluse in una valutazione condivisa a livello europeo.

Minacce che richiedono anche azioni militari. La capacità di dispiegamento rapido (Rapid Deployment Capacity – RDC) prevista dalla Bussola rappresenta un interesse chiave per l’Italia, poiché ha il potenziale per dare uno slancio europeo al perseguimento di stabilità e sicurezza nel Mediterraneo allargato. Forte delle esperienze maturate dal Paese e le sue Forze armate nei decenni, l’Italia ha molto da offrire in un contesto europeo in termini di lezioni apprese, e può giocare un ruolo determinante nel facilitare l’attuazione e l’impiego della RDC. Il Parlamento può contribuire attivamente a questo processo, vista la responsabilità nel decidere l’impiego dei militari italiani all’estero.

Attuare la Bussola in Italia

La Bussola è il trampolino di lancio per un’Europa più consapevole dei propri mezzi ma soprattutto dei suoi principali interessi dal punto di vista strategico. Seppur non vincolante, il progetto di difesa comune rappresenta una linea d’indirizzo e dovrà ora essere attuata in modo soddisfacente, evitando passi indietro. In questo contesto, l’Italia dovrà posizionarsi bene per far sì che la fase d’implementazione non riservi sorprese e che la sua traiettoria resti in linea con gli interessi del Paese, che vanno inevitabilmente definiti e aggiornati costantemente seguendo i ritmi degli sviluppi futuri a livello Ue.

A tal fine, come prima cosa, urge da parte di governo, parlamento e sistema-Paese (comprendente istituzioni pubbliche, settore privato, mondo della ricerca e società civile) un cambio di passo nella capacità delle istituzioni italiane di coordinarsi tra loro a livello interministeriale e tra Governo e Parlamento e di influenzare politiche e decisioni europee sui vari dossier aperti dalla Bussola. Tale accelerazione richiede all’Italia di  migliorare e aumentare la presenza italiana nelle istituzioni europee rilevanti.

L’esponenziale allargamento degli orizzonti dell’Europa della difesa richiede necessariamente un deciso rafforzamento delle capacità organizzative e gestionali a livello ministeriale e delle singole Forze armate (nonché un adeguamento delle risorse umane negli uffici dedicati) per poter affrontare la mole di lavoro per l’attuazione della Bussola, che si somma a quella per gestire le attività PESCO ed EDF.

L’Italia, tramite gli sforzi delle sue Forze armate, fornisce un contributo di primo ordine alla sicurezza e alla difesa europea, e dispone di un’industria dell’aerospazio e difesa che per restare competitiva ha bisogno di una forte dimensione europea. Le iniziative a livello Ue si allineano sulla carta con gli interessi del Paese, ma non si può dare per scontata una ricaduta positiva sullo strumento militare e sulla base industriale e tecnologica nazionale senza l’impegno concreto da parte del Sistema-paese di tenere il passo in fase di attuazione con il ritmo imposto da altri Paesi storicamente più compatti del nostro.

Foto di copertina ANSA/ETTORE FERRARI

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