Il 26 novembre si è tenuto a Roma, presso la sede dell’Istituto Affari Internazionali, l’evento “Salute e sicurezza: l’impatto delle epidemie sulla sicurezza europea e globale”. In quest’incontro, attraverso gli interventi di policy-makers, membri di organizzazioni internazionali e ufficiali militari, è stata posta in evidenza la rilevanza delle minacce sanitarie per la sfera della sicurezza, con particolare attenzione rivolta ai rischi epidemici e pandemici.
Il nesso sicurezza e salute: il ruolo dell’HIV/AIDS
La consapevolezza che malattie trasmissibili possano incidere sulla sicurezza di un’area geografica — minando l’ordine pubblico e la stabilità delle istituzioni, generando nuove dinamiche conflittuali o inasprendo quelle esistenti — non è certamente una novità degli ultimi anni. La Costituzione dell’Organizzazione Mondiale della Sanità, documento risalente al 1946, già riconosceva come la salute «rappresenti un elemento fondamentale al fine di perseguire la pace e la sicurezza». Tuttavia, solo a partire dagli anni ΄80, la maggioranza dei governi e degli operatori della difesa hanno cominciato a esaminare in modo più approfondito il nesso esistente tra sicurezza e salute, ponendo crescente attenzione sui possibili spillovers derivanti da quest’ultimo ambito e abbracciando una visione ampia del concetto di sicurezza che, andando oltre la tradizionale difesa dei confini dello Stato, incorpora la dimensione di salute umana e salute sociale delle persone affette da virus, a trecentosessanta gradi. In quest’ottica, l’HIV/AIDS ha giocato un ruolo “propulsivo” fondamentale: la diffusione di questa malattia nei Paesi economicamente avanzati ha infatti indotto i decisori politici, sulla scorta anche di un crescente numero di ricerche accademiche, a prendere in esame il pericoloso effetto domino potenzialmente derivante da un’ampia diffusione del morbo in aree anche lontane del mondo. L’attenzione si è concentrata in particolare sugli Stati a medio-basso reddito: questi, da un lato, rischiavano di impoverirsi ulteriormente e di veder minacciata la propria stabilità a fronte di un’ampia diffusione della malattia, così come, dall’altro, potevano assistere ad un indebolimento delle proprie forze armate a seguito di un’elevata esposizione di queste al morbo. Non deve dunque sorprendere che proprio l’HIV/AIDS sia stata la prima malattia identificata dal Consiglio di Sicurezza delle Nazioni Unite come un rischio per la stabilità e la sicurezza globale, come esplicitato nella Risoluzione 1308 (2000). Ne è seguito l’avvio di importanti iniziative internazionali mirate a contrastare — attraverso una mobilitazione di risorse senza precedenti — un morbo che mieteva un numero di vittime vieppiù crescente: tra queste emerge il Global Fund to Fight AIDS, Tuberculosis and Malaria, organizzazione creata con il G8 del 2001 che ha contribuito, secondo le stime, a salvare la vita a più di sessanta milioni di persone a livello mondiale.
Covid-19, una crisi senza precedenti
A partire dagli anni 2000 diverse epidemie sono periodicamente emerse, vuoi come conseguenza dell’insorgenza di un nuovo virus (come nel caso di SARS),vuoi per la recrudescenza di malattie che si pensava fossero ormai sotto controllo (per esempio, Ebola). L’azione delle istituzioni internazionali, così come le modalità di trasmissione di questi morbi, hanno però permesso di limitarne la diffusione ad aree territoriali relativamente circoscritte, evitando destabilizzanti effetti a catena su scala globale. Anche alla luce di questi eventi — spesso legati alla crescente penetrazione umana in zone abitate da fauna selvaggia —, vari esponenti del mondo scientifico e di organizzazioni internazionali hanno messo in guardia dalla possibilità di avere un virus capace di superare con facilità i confini nazionali e di diffondersi a livello mondiale. Quanto avvenuto con Covid-19 mostra come questi avvertimenti siano rimasti ampiamente inascoltati.
La pandemia avviatasi nel 2020 ha rappresentato una crisi senza precedenti nella storia contemporanea e, in tal senso, ha evidenziato perfettamente la rilevanza dei rischi sanitari per la stabilità internazionale: invero, una criticità emersa in una provincia cinese si è rapidamente diffusa al resto del mondo, portando alla saturazione degli ospedali di tutti i continenti e ad una grave e prolungata limitazione dei movimenti di persone e merci. In questo scenario, le minacce per la sicurezza europea e occidentale sono presto emerse in piena luce, compresa l’azione di gruppi estremistici o eversivi che, attraverso la diffusione di fake news sui social networks, hanno cercato di delegittimare le misure adottate dalle istituzioni liberal-democratiche, sminuendo la portata e pericolosità del virus e contestando la campagna vaccinale con teorie prive di fondamento scientifico. Inoltre, l’impiego dell’esercito per supportare l’azione di contrasto al virus ha inevitabilmente portato a distogliere ingenti risorse dalle funzioni core delle forze armate, con ricadute negative sulle loro capacità e prontezza operativa.
In un mondo altamente interconnesso come quello attuale, il rischio di nuove epidemie continuerà ad incombere; in quest’ottica, l’azione europea ed internazionale deve dunque essere rivolta ad un contrasto di queste minacce che possa portare ad un rapido contingentamento dei virus nelle loro fasi primordiali. Il rafforzamento delle organizzazioni internazionali competenti in materia sanitaria, così come un aumento delle risorse mobilitate in favore dei sistemi sanitari di tutto il mondo, restano le armi migliori per combattere questi fenomeni in modo efficace e tempestivo. La creazione del Pandemic Fund — diretta conseguenza della recente pandemia — è un segnale incoraggiante che deve però rappresentare una base di lavoro, piuttosto che un punto d’arrivo, nella consapevolezza che malattie come il Covid-19, minacciando la salute globale, comportano un significativo rischio per la sicurezza del vecchio continente e dell’intero globo.