Le emergenze profughi in Pakistan e Myanmar

Nell’area del Subcontinente indiano sussiste una situazione d’emergenza che vede, secondo le stime dell’UNHCR, la presenza di poco meno di 3 milioni e mezzo di rifugiati censiti (senza contare i migranti in situazione di necessità) in condizioni di povertà molto spesso estrema. Le contingenze politico-sociali principali, che hanno portato all’aggravarsi della situazione, sono state quelle dell’Afghanistan e del Myanmar. 

Nel primo caso, il ritorno del governo talebano, che ha segnato il parziale fallimento politico dell’intervento NATO, ha riportato nel paese le condizioni di barbarie precedenti al 2001, precedenti al 2001. Al contempo nello stato dell’ASEAN la dittatura innestatasi sulla guerra civile all’inizio di febbraio 2021, sta imponendo un’escalation di violenza verso alcune etnie, costrette alla fuga per la sopravvivenza. Se in Pakistan, il numero dei rifugiati censiti era di 1,3 milioni nell’agosto di quest’anno e l’UNHCR cercava di supportare l’assistenza concessa dalla Repubblica islamica come uno dei suoi sforzi principali, vi sono nel Subcontinente e nella regione ASEAN tutta una serie di flussi di profughi meno conosciuti: causati sia da crisi politiche e di sicurezza che da eventi calamitosi che stanno trasformando questi paesi in un’area di crisi permanente.

I profughi afghani in Pakistan

La vicinanza all’Afghanistan e il coinvolgimento del Pakistan con le vicende del governo di Kabul e con il territorio dell’Afghanistan hanno portato il paese a ricevere un continuo flusso di migranti (rifugiati o di differente condizione) nell’arco di tutta la storia contemporanea. 

Nel 1994 il governo pakistano, grazie agli uffici del Ministro dell’Interno Generale Naseerullah Babar, iniziò la tragica avventura dei taleban, senza mai costruire un impenetrabile confine al tribalismo pashtun (etnia di cui fanno parte anche la maggioranza dei taleban) e all’estremismo islamico. Il Pakistan, infatti, non si è mai tirato indietro durante tutta la campagna militare in Afghanistan: ha fornito supporto pressoché incondizionato agli eserciti della Coalizione, mantenendo il proprio coinvolgimento nelle vicende afghane.

La conseguenza della vicinanza geopolitica e talvolta ideologica del paese, oggetto dell’operazione occidentale, è stato il naturale orientamento del flusso migratorio emergenziale. Flusso che ha poi raggiunto nuovo vigore con la ripresa del potere da parte dei talebani nel 2021. 

La situazione, già preoccupante al termine del 2022, ha raggiunto livelli che rendono problematica l’accoglienza in special modo nelle aree di confine con l’Emirato. Anche a causa della scarsità di risorse del Pakistan, il governo centrale di Islamabad si è mosso verso la direzione di una stretta, con l’inizio dei rimpatri forzosi, come avvenuto in varie occasioni precedenti. 

Sono state costruite varie strutture per il trattenimento forzato e il successivo rimpatrio e sono effettivamente iniziati i rientri da parte di cittadini afghani che hanno raccolto l’intimazione, un vero e proprio ordine di espulsione, del governo di Islamabad. La situazione nasconde sotto le ceneri il rancore dei profughi costretti al rientro in un paese insicuro. Un dramma sociale, descritto da parte della stampa pakistana, pronto a esplodere in un paese già provato dall’estremismo e da manifestazioni di intolleranza religiosa.

La situazione in Myanmar

La vicenda delle violenze contro l’etnia Rohingyia (di fede musulmana) ha contraddistinto la fase ultima della sfortunata parentesi di governo della Lega Nazionale per la Democrazia (LND) in Myanmar e si protrae ancora oggi nel paese del Sudest asiatico. 

Molti dei profughi fuggiti dal territorio di Myanmar, soprattutto verso il Bangladesh, risiede nei campi di accoglienza predisposti dal governo di Dacca da ormai più di sei anni, La loro permanenza si rende sempre più difficoltosa a causa del sovraffollamento delle strutture e della diminuzione delle risorse stanziate per affrontare l’emergenza

La fuga costante dell’etnia Rohingyia a partire dal 2017 è la drammatica prova della violenza esercitata dallo stato su molti dei propri cittadini e della lontananza di Myanmar dalla risoluzione di un conflitto sociale che allontana il paese da una possibile affrancatura dalla dittatura. Il regime militare, infatti, è riuscito ad avvicinarsi alle porzioni più estremiste e nazionaliste delle organizzazioni di fede buddhista e il protrarsi del pugno di ferro induce alcuni strati della società a tributare al Generale Min Aung Hlaing il proprio consenso.

La presenza dei profughi in Bangladesh è resa problematica anche dalla forte esistenza di organizzazioni malavitose che spesso si fondono con i movimenti per il riconoscimento dei diritti dell’etnia musulmana e giungono a ottenere il controllo di alcuni campi profughi.

Un’area di crisi permanente?

Di pari passo con le problematiche di sicurezza principali, incidono anche sulla gravità della situazione:

  • lo stato di continua crisi fra India e Pakistan in Kashmir, area nella quale a causa dei conflitti fra Pakistan e India dal 1947 fino ai giorni nostri, rimangono varie migliaia di profughi da una parte e dall’altra degli schieramenti;
  • la situazione di storica instabilità di alcuni paesi dell’ASEAN che ha causato negli anni la fuga di numerosi rifugiati politici da un paese all’altro;
  • la repressione violenta dell’estremismo nelle Filippine (in particolare nella regione del Mindanao) e le problematiche relative agli eventi calamitosi sempre più frequenti. 

Nella macro area del Sud e Sud est asiatico convivono quindi un’emergenza legata al displacement di un numero sempre maggiore di individui e d’altra parte uno sviluppo economico che crea le condizioni per il sovraffollamento di determinate aree, rendendo ancora più problematica la situazione. 

In un quadro del genere sussistono i presupposti perché la macro-area si caratterizzi nei prossimi anni come sede di un’emergenza sanitaria permanente e dagli aspetti sempre più gravi. La regione deve pertanto essere considerata, dai paesi sviluppati, anche sotto questa luce, per arginare la problematica o porvi rimedio ed evitare una degenerazione già in atto.

Foto di copertina EPA/SHAHZAIB AKBER

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