Cosa ha ottenuto il “Global south” al G20 di Nuova Delhi

L’incontro del Gruppo dei 20 tenutosi a Nuova Delhi ha fornito spunti di riflessione e rappresentato un’occasione per misurare lo stato attuale delle posizioni diplomatiche di molti paesi emergenti e di alcune delle organizzazioni che ne sono divenute il riferimento negli ultimi anni, come i BRICS (fra i quali sono in atto profondi e significativi cambiamenti) e l’Unione Africana (accettata a tutti gli effetti nel consesso del G20 al pari dell’Unione Europea).

Le aspettative e i segnali

I BRICS si sono presentati a New Delhi, come ad un primo banco di prova dall’annuncio dell’invito a far parte del gruppo esteso ufficialmente a Argentina, Arabia Saudita, Egitto, Emirati Arabi Uniti, Etiopia e Iran e anche quindi alla dimostrazione concreta della volontà di essere una guida politica ed economica per i Paesi in un certo qual modo esclusi dalla governance globale di una guida per il sud del mondo.

L’assenza di Xi Jinping al vertice G20 in India, servita all’opinione pubblica internazionale come conseguenza del rimontare delle tensioni frontaliere, ha avuto, secondo alcuni analisti e secondo un’interpretazione che si confà alla sottigliezza dei metodi della diplomazia cinese, anche l’intenzione di ridimensionare la crescente potenza indiana ed il suo accresciuto ruolo di comprimario alla guida dei BRICS e, segnatamente, del sud globale. Quindi se i BRICS sono destinati a emergere definitivamente saranno presto destinati a dover risolvere in maniera positiva il rapporto fra India e Cina.

Unione Africana e BRICS

Per ciò che concerne il rapporto fra BRICS e Unione Africana questo non è sempre stato piano e, ad esempio, il fatto che Russia, India e Cina abbiano adottato politiche di sfruttamento delle risorse naturali in determinati paesi dell’Africa ha portato a delle tensioni all’interno dell’Unione. Sinora sembrava che grossa parte di queste questioni passasse attraverso la posizione che la Repubblica sudafricana si attagliava: potenza regionale in sé o potenza emergente in seno al proprio continente. Con l’apertura del gruppo dei BRICS all’Egitto e soprattutto all’Etiopia (dove hanno sede alcune importanti istituzioni dell’UA) gli equilibri saranno per forza di cose differenti.

In seno alla riunione dei BRICS il Presidente brasiliano Lula aveva già caldeggiato l’ingresso dell’Organizzazione Internazionale africana nel G20. Questo orientamento aveva trovato il consenso degli altri membri: a partire dal 2024 l’Egitto e l’Etiopia potranno armonizzare l’orientamento dei BRICS a quello dell’Unione e, con la presenza di quest’ultima nel G20, accrescere il peso del sud globale nel palcoscenico internazionale.

La riprova delle potenzialità di questa dinamica è nel peso dato all’Africa nel documento finale del summit di Nuova Delhi ma anche nel ruolo attivo del Sud Africa a sostegno delle necessità del sud globale. Ma le potenzialità di questo nuovo equilibrio potranno essere sfruttate appieno solo se l’Unione prima ancora di presentarsi sul palcoscenico internazionale, riuscirà ad armonizzare le proprie divisioni interne colmando i conflitti che talvolta hanno lacerato l’organizzazione (come quelli per la questione del Sahara occidentale) con la diplomazia.

La dichiarazione sulla guerra 

La dichiarazione sul conflitto russo ucraino, al punto otto del documento conclusivo,  non ha soddisfatto le aspettative dei paesi occidentali e dei loro alleati non facendo diretta menzione della Russia e non utilizzando ad esempio i termini di “aggressione” e “militare”, e questo è certo dipeso dal peso specifico dell’India come paese organizzatore e dei BRICS in generale. L’orientamento dei BRICS, con la presenza di Russia, India e Cina, come noto e naturale da un punto di vista geopolitico, non è di piena condanna di Mosca, e la blanda dichiarazione sulla guerra (così definita nel documento) in Ucraina appare alla maggioranza dei commentatori come una vittoria del gruppo e di Mosca in particolare.

Tuttavia, il fatto che una dichiarazione sia stata emessa con gli sforzi del Paese ospitante e che raccomandi di adattarsi a predisposizioni di diritto internazionale, in particolare alle Risoluzioni ES-11/1 del 2 marzo 2022 e ES-11/6 del 23 febbraio 2023 (dal voto delle quali, paradossalmente, l’India si era astenuta) costituisce più una vittoria della diplomazia di Nuova Delhi che dei BRICS in generale.

Il valore del vertice per l’India 

Narendra Modi, non a caso ha deciso di qualificare il proprio paese al G20 con il nome di Bharat (che riveste un significato tradizionale e allo stesso tempo inclusivo di tutto il Subcontinente), ha ottenuto un buon successo. In India il summit è già stato presentato da più voci come un grande evento, e se il “Times of India” titola: Global consesus made in India, il governo si stringe attorno alla figura del Primo ministro nazionalista celebrandone le capacità organizzative e di guida.

Si tratta di una celebrazione interna più che di un risultato vero e proprio, dal momento che rimangono insoluti vari nodi per la politica internazionale indiana, come il già citato rapporto con la Cina nel rinnovato gruppo dei BRICS, che non potrà che giovare al partito del Primo ministro nelle vicine elezioni della più grande “democrazia” del mondo (che pure sta perdendo il suo appeal democratico).

In ambito internazionale per Modi il vertice G20 lascia però molti più interrogativi che risposte. Come si definirà il rapporto fra potenze con Pechino? Fino a che punto il leader nazionalista di un partito nazionalista riuscirà a porsi a capo o comprimario capo di un fronte internazionale che raggruppi la maggioranza dei paesi emergenti per ottenere un più equo ordine internazionale? L’economia indiana, incamminatasi su una traccia lusinghiera, riuscirà a sostenere risultati degni del ruolo di potenza di Nuova Delhi?

Foto di copertina EPA/INDIA PRESS INFORMATION BUREAU

Ultime pubblicazioni