Le conseguenze della legge contro l’omosessualità in Uganda

Il 29 maggio 2023, il Presidente ugandese Yoweri Museveni ha firmato l’Anti-Homosexuality Act (AHA), una legge che aggrava le pene già previste dal codice penale ugandese per i rapporti omosessuali e contempla la pena di morte per i casi considerati “aggravati”. La legge ha attirato le critiche dei governi occidentali, mettendo a rischio le relazioni con i Paesi dell’Unione europea e gli Stati Uniti, tra i principali promotori di aiuti esteri. Questa dinamica si era già verificata nel 2014, quando un provvedimento simile era stato revocato dalla corte costituzionale, anche come conseguenza alla sospensione di alcuni programmi di aiuti finanziari.

Il Presidente statunitense Biden ha definito la legge “una violazione dei diritti umani universali”, e il Segretario di Stato Blinken ha ipotizzato restrizioni ai viaggi negli Stati Uniti di funzionari ugandesi.

Il caso dell’Uganda nel contesto africano

Sono 62 i Paesi nel mondo dove gli atti sessuali consensuali tra persone dello stesso sesso sono illegali, e la metà di questi sono Paesi africani. Nonostante diversi studi abbiano ricostruito la storia dell’omosessualità nell’Africa pre-coloniale e dimostrato la diffusione di rapporti non-eterosessuali in diverse società tribali, negli ultimi decenni si è imposta in vari Paesi la retorica dell’omosessualità come un retaggio del periodo coloniale, un lascito degli imperi europei estraneo alle culture locali. Tale narrativa è stata spesso strumentalizzata da alcuni leader politici africani per promuovere forme di legislazione repressive.

Paradossalmente, in diversi Paesi africani, e in particolare in Uganda, il sentimento omofobico si è rafforzato anche a causa degli stretti legami con gruppi di Cristiani evangelici statunitensi, che dagli anni ‘80 hanno cominciato ad influenzare l’agenda politica del Paese, orientandola in senso conservatore tramite un’intensa attività di proselitismo.

L’AHA è una delle leggi contro l’omosessualità più repressive al mondo: prevede l’ergastolo per chiunque intrattenga relazioni omosessuali e persino la pena di morte per individui sieropositivi che intrattengano rapporti con individui dello stesso sesso. Inoltre, essa punisce anche le attività che “promuovono” l’omosessualità -ad esempio affitare una casa ad una persona dichiaratamente omosessuale – con condanne fino a 20 anni di carcere.

I rapporti consensuali omosessuali tra adulti erano già criminalizzati in Uganda, ma l’AHA impone pene ancora più severe, con lo scopo di proteggere l’istituzione della “famiglia tradizionale” e “i bambini resi vulnerabili agli abusi sessuali a causa dell’omosessualità”. La legge, inoltre, presuppone che l’attrazione tra individui dello stesso sesso non sia una caratteristica immutabile, lasciando spazio alle cosiddette “terapie di conversione”, screditate dalle principali organizzazioni per la salute mentale.

Hiv, violenze e discriminazioni

Dopo l’approvazione della legge, il Global Fund e le Nazioni Unite hanno espresso preoccupazione per le conseguenze dell’AHA sulla salute dei cittadini e sui progressi nella risposta all’HIV.

Una delle conseguenze legate all’approvazione dell’AHA che preoccupa maggiormente la comunità scientifica, gli attivisti e gli operatori sanitari, è il potenziale aumento delle infezioni da HIV, in un Paese dove già 1.4 milioni di persone sono affette dal virus. L’Uganda ha compiuto importanti progressi nella lotta contro il virus nell’ultimo ventennio, ma la nuova legge potrebbe scoraggiare sia i membri della comunità LGBT sia coloro che non ne fanno parte dall’accedere ai servizi di prevenzione, di testing e alle cure. Nel Paese, come in molti altri Paesi africani, ad essere colpite dalle infezioni sono maggiormente le donne, ma la malattia è ancora soggetta allo stigma che la associa all’omosessualità. Di conseguenza, è probabile un aumento delle infezioni non rilevate dovuto al timore di essere denunciati e arrestati.

La legge provocherebbe la graduale demolizione delle conquiste raggiunte dal Paese nella lotta e nella prevenzione del virus: alcuni centri di cura per l’HIV lamentano già una drastica riduzione dei pazienti visitati, che non hanno più accesso ai farmaci antiretrovirali.

Inoltre, la legittimazione del’omofobia nella società ugandese potrebbe generare una nuova ondata di violenza contro gli omosessuali: nel 2014, dopo l’approvazione della prima versione dell’AHA, furono registrati aumenti del 750%-1900% nel numero di attacchi contro uomini gay rispetto ai due anni precedenti la legge. Anche oggi, il forte sentimento di intolleranza verso la comunità LGBT e i segnali di un inasprimento della violenza hanno spinto molte persone alla segregazione domestica o alla fuga dal Paese. Alcune migliaia di ugandesi si trovano già in Kenya come rifugiati, sebbene il clima di intolleranza stia peggiorando anche tra i kenioti e le condizioni di vita nei centri di accoglienza siano dure.

La questione ha anche riacceso il dibattito sui meccanismi di protezione adottati dai Paesi occidentali per rifugiati perseguitati a causa del loro orientamento sessuale, in particolare nel Regno Unito, dove gli ugandesi in cerca di protezione potrebbero essere detenuti in centri per l’immigrazione prima di affrontare un difficile processo per provare alle autorità britanniche di essere vittime di persecuzioni.

Il ritiro degli aiuti umanitari

Gli effetti negativi della legge potrebbero, però, interessare l’intera popolazione ugandese: come nel 2014, alcune organizzazioni internazionali e agenzie governative per lo sviluppo potrebbero decidere di sospendere i programmi di aiuti finanziari al Paese. Secondo i dati dell’OECD, l’assistenza finanziaria dai Paesi donatori all’Uganda negli ultimi anni ha costituito il 6-8% del prodotto nazionale lordo, ed è stata destinata principalmente al settore sanitario. La sospensione dei flussi di aiuti avrebbe conseguenze negative per tutta la popolazione: nel 2014, ad esempio, la Banca Mondiale sospese un prestito di 90 milioni di dollari che era destinato al miglioramento dei servizi sanitari nazionali.

Come allora, oggi, l’agenzia USAID, tra i più grandi donatori dell’Uganda, con una dichiarazione della direttrice Samantha Power, ha annunciato che l’AHA ostacolerà la collaborazione con Kampala e ha richiesto al governo ugandese di riconsiderare la legge.

Le pressioni della comunità internazionale e alcune irregolarità durante il processo di votazione parlamentare permisero di contrastare la legge del 2014: nove anni dopo, nuove anomalie durante l’iter parlamentare potrebbero fornire l’occasione di contestare la legge in tribunale. Tuttavia, la popolarità di cui l’AHA gode tra gli ugandesi e la determinazione del Presidente Museveni nel difendere uno dei punti cardine del suo programma politico non lasciano ipotizzare prospettive di speranza per la comunità omosessuale del Paese.

Foto di copertina EPA/DAI KUROKAWA

Questo articolo, a cura di Nicola Caserio, è stato scritto in collaborazione da Orizzonti Politici e Affari Internazionali, la rivista di IAI, nell’ambito del progetto sulle crisi umanitarie nel mondo

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