La realizzazione dell’aspirazione europea dell’Ucraina

L’aggressione russa dell’Ucraina del 24 febbraio 2022 ha impattato in maniera travolgente sull’Unione europea, che proprio in quel periodo cercava di riprendersi dalle conseguenze economiche e sociali della pandemia da Covid-19.

L’Ue cambiata dalla guerra

A un anno di distanza, l’Ue si presenta diversa. Innanzitutto è più grande, o quantomeno si appresta ad esserlo in vista dell’adesione di due nuovi Stati membri – Ucraina e Moldavia – ai quali ha concesso lo status di candidati a giugno 2022. Il percorso di allargamento si prospetta lungo e non privo di ostacoli, a partire da importanti riforme che dovranno essere attuate dal governo ucraino in materia economica e di rispetto dello Stato di diritto. Ma la strada è aperta per accogliere i due Paesi – e forse anche la Georgia – nella casa europea, con importanti conseguenze anche sull’altro fronte dell’allargamento – quello dei Balcani occidentali – e sulle riforme interne che l’Unione dovrà mettere in atto per poter funzionare anche con 35 o più Stati membri.

L’Unione si è anche dimostrata capace di mobilitare le sue risorse per un’azione di politica estera più tempestiva ed efficace. Sono 4,8 milioni i rifugiati ucraini che beneficiano del meccanismo di protezione temporanea dell’Ue. Inoltre, ad oggi l’Unione ha mobilitato 3,6 miliardi di euro per il supporto militare alle forze armate ucraine e un sostegno complessivo all’Ucraina di 50 miliardi di euro. L’Unione è stata compatta anche nell’imposizione di dure sanzioni alla Russia, e questa settimana si discuterà a Bruxelles un nuovo pacchetto di misure coercitive, il decimo.

Confini e ribilanciamento interno

Abbiamo assistito anche a un ribilanciamento interno a favore dei Paesi baltici e dell’Europa orientale, in prima linea nella risposta europea all’aggressione e che hanno alzato la voce a Bruxelles per affermare la loro visione sul futuro dell’Unione. A livello politico, questo si traduce in un atteggiamento intransigente di contenimento delle mire espansionistiche russe, ben lontano dall’approccio cooperativo di merkeliana memoria, mentre la difesa europea resta inevitabilmente vincolata al ruolo degli Stati Uniti e dell’Alleanza Atlantica, nonostante le velleità di autonomia strategica avanzate dal presidente francese Macron e dalla Commissione ‘geopolitica’ di Von der Leyen.

Il rafforzamento del fronte nord-orientale va di pari passo con un indebolimento di quello mediterraneo, soprattutto dovuto al cambio di governo in Italia e alle conseguenti difficoltà di coordinamento sui dossier europei con Francia e Spagna. Infine, si registra anche una minore solidità del motore franco-tedesco, fiaccato da difficoltà di politica interna dei due governi e da una mancata sincronia sia sulle riforme europee che sulla politica estera.

Se guardiamo all’opinione pubblica, la congiuntura di policrisi che l’Europa sta vivendo ha portato ad emergere fragilità e paure, pur in un clima generalmente favorevole a continuare gli sforzi di sostegno alla causa ucraina. Dall’Eurobarometro si evince che il principale timore dei cittadini europei è l’aumento del costo della vita (93%), seguito da povertà ed esclusione sociale (82%) e dal cambiamento climatico e dal potenziale allargamento del conflitto ucraino ad altri Paesi (entrambi all’81%). Tre quarti degli europei approvano la politica dell’Unione a sostegno dell’Ucraina e misure specifiche come le sanzioni, anche se ci sono notevoli differenze a livello nazionale – per esempio in Italia la percentuale scende al 62%.

Risposte nazionali e coordinamento europeo

In questa situazione di generale disorientamento, potrebbe crescere la tentazione dei governi a ricorrere a risposte nazionali, a volte anche a discapito di un maggiore coordinamento europeo, sulla scia di quanto è già avvenuto in Germania con le misure di sostegno a famiglie e imprese per contrastare la crisi energetica (il cosiddetto ‘bazooka’ di 200 miliardi di euro) oppure in Italia rispetto alla gestione dei migranti salvati dalle navi delle ong nel Mediterraneo. Le conseguenze di questa tendenza sarebbero nefaste per il progetto europeo e per la sua proiezione internazionale, perché la conseguenza inevitabile sarebbe la prevalenza di una logica transazionale a Bruxelles che non porterebbe mai oltre il minimo comun denominatore tra i diversi interessi nazionali e non fornirebbe all’Unione la visione e la spinta politica necessarie a navigare questi tempi incerti.

In ultima analisi, soltanto se sarà capace di costruire un difficile equilibrio tra la flessibilità necessaria ad accomodare le differenze nazionali e il consolidamento di politiche comuni basate su regole condivise, l’Unione potrà garantire la tenuta del patto europeo con i suoi cittadini – ma anche con il governo e il popolo ucraini per la realizzazione della loro aspirazione democratica europea.

Foto di copertina EPA/UKRAINIAN PRESIDENTIAL PRESS SERVICE

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