La ratifica del MES: una commedia all’italiana

Attorno alla “vaexata quaestio” della ratifica del MES, nei giorni scorsi si è assistito ad una nuova puntata di una poco decorosa commedia all’italiana. In una riunione della Commissione Esteri della Camera, che stava esaminando un disegno di legge di autorizzazione alla ratifica proposto dalle opposizioni, il Governo non si è presentato e la maggioranza che sostiene il Governo non ha partecipato al voto. E tutto questo in un contesto in cui la Commissione Esteri aveva ricevuto un parere scritto del Ministero dell’Economia (da qualcuno derubricato a parere meramente tecnico) ampiamente favorevole alla ratifica.

A questo punto non è a chiaro cosa potrà succedere da oggi al 30 giugno, data concordata per l’esame della questione nell’aula della Camera. Ma appare possibile che in quella sede il Governo chieda un rinvio a dopo la pausa estiva, e che la maggioranza ovviamente approvi questo rinvio.

Le posizione del Governo sul MES

Anche quest’ultima poco edificante vicenda parlamentare conferma, al di là di ogni ragionevole dubbio, che la questione della ratifica del MES continua ad essere oggetto di grande imbarazzo per questo Governo, e per la maggioranza che lo sostiene in Parlamento. Il motivo è ovvio se si ricorda che, anche in un passato non troppo remoto, numerosi e autorevoli esponenti di Fratelli di Italia e della Lega avevano criticato il MES identificandolo come un perverso strumento che avrebbe reintrodotto politiche di austerity, lo spettro della “troika”, e condizionato le scelte di politica economica di Stati sovrani e indipendenti. Ed è quindi comprensibile che questi partiti oggi temano che fare marcia indietro, in assenza di una qualche presunta e improbabile contropartita, avrebbe un impatto negativo presso le rispettive “constituencies”, da anni abituate a sentirsi ripetere che il MES non può che danneggiare l’Italia.

Da qui le prese di posizione della stessa Presidente del Consiglio o di esponenti di Governo che in varie occasioni hanno tentato di collegare la ratifica italiana del MES al negoziato in corso sulla riforma del Patto di Stabilità, con la richiesta di non meglio precisate concessioni che l’Italia avrebbe potuto ottenere in quel contesto. Senza rendersi conto che Patto di Stabilità e MES sono questioni distinte e separate. E che richieste di questo tipo hanno come unico effetto quello di irritare quegli stessi partner europei con i quali avremmo interesse a esplorare convergenze sulla riforma del Patto di Stabilità.

Da qui le richieste di vari esponenti del Governo e della maggioranza di una ulteriore riforma del MES, che dovrebbe avere come obiettivo di trasformare il MES in uno strumento in grado di mobilizzare risorse destinate a finanziare le transizioni energetica e digitale. Richieste che non sembrano tener conto che l’ipotesi di una nuova riforma del MES, magari anche utile sul piano dei principi, presuppone come condizione minima l’entrata in vigore di una precedente riforma, negoziata lungo l’arco di due anni e a suo tempo sottoscritta da tutti i Paesi dell’Eurozona (Italia compresa). E che proporre ora una nuova riforma del MES continuando a bloccare l’entrata in vigore di quella che ben 19 (su 20) Paesi membri dell’Eurozona hanno firmato e ratificato, rischia di apparire ai nostri partner europei poco comprensibile e velleitario.

MES: una cronistoria

A volte si ha l’impressione che Governo e maggioranza non abbiano chiara la situazione. O non conoscano a fondo i termini dell’apparente problema. Eppure i fatti sono chiarissimi. Il Meccanismo Europeo di Stabilità, noto anche come Fondo Salva Stati, era stato creato nel 2012, con un capitale iniziale sottoscritto di  700 miliardi di euro (di cui solo 80 effettivamente versati dagli Stati membri parti dell’accordo) e con la possibilità di finanziarsi emettendo obbligazioni sui mercati. La sua funzione fondamentale era quella di concedere assistenza finanziaria (con prestiti sottoposti a determinate condizioni) a Paesi membri con difficoltà di accesso ai mercati finanziari. Negli anni della grande crisi economica e finanziaria aveva fornito questa assistenza alla Grecia (il caso più controverso) ma anche a Spagna, Portogallo, Irlanda e Cipro: tutti paesi che uscirono brillantemente dalla crisi grazie anche all’assistenza del MES.

Nel 2021 fu poi adottata (con un accordo sottoscritto anche dal governo italiano) una limitata riforma del MES, con la quale si è sostanzialmente prevista la possibilità per il MES di fornire una rete di sicurezza finanziaria al Fondo di Risoluzione comune per le banche. Di fatto una ulteriore garanzia della possibilità di intervenire, con uno strumento comune, per contenere i rischi di contagio nel caso di crisi bancarie. Con la stessa riforma si sono anche parzialmente modificate le condizioni di accesso alla assistenza finanziaria e introdotta una nuova linea di credito cosiddetta precauzionale.

Questa riforma è stata ormai ratificata da tutti gli altri Paesi membri dell’Eurozona. E a questo punto manca solo la ratifica italiana senza la quale l’accordo non può entrare in vigore. Continuare a procrastinare la ratifica italiana ha come unico risultato di impedire al MES riformato di diventare operativo. E quindi ad esempio di non consentire l’intervento del MES nel caso si riproducano nell’eurozona crisi bancarie del tipo di quelle che solo pochi mesi si erano verificate negli USA e in Svizzera.

Una ratifica che vale credibilità in Europa

La conclusione non può essere che una: la ratifica del MES non può essere ulteriormente rinviata per il semplice motivo che l’Italia da sola non si può permettere il lusso di bloccare una riforma non solo sottoscritta da un precedente Governo, ma soprattutto voluta e condivisa da tutti le altre parti dell’accordo. Anche perché il danno reputazionale per l’Italia della mancata ratifica rischia di indebolire la posizione italiana su altri tavoli del negoziato sulla riforma della governance economica europea.

Ma se, con un sano esercizio pedagogico, si riuscisse a far metabolizzare la nozione che ratificare la riforma del MES non significa impegnarsi a chiedere in futuro l’assistenza del MES, una plausibile via d’uscita mirata a superare le difficoltà del Governo e della maggioranza sulla carta dovrebbe essere semplice. Si tratterebbe di collegare l’approvazione del disegno di legge di autorizzazione alla ratifica ad un impegno, che il Parlamento (con un proprio ordine del giorno) potrebbe chiedere al Governo per impegnarsi a non far ricorso all’assistenza del MES. Prima si procede in questa direzione meglio è se si vuole sgombrare il campo da possibili equivoci sulle intenzioni del governo italiano. E se si vuole rafforzare quella credibilità di cui il Governo avrà bisogno per affrontare altri dossier molto più delicati e importanti anche per i nostri interessi nazionali.

Foto di copertina ANSA/ALESSANDRO DI MEO

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