Il Mar Nero, la guerra, il diritto

Tra le tante asimmetrie del conflitto russo-ucraino vi è quella delle operazioni navali russe. Kyiv, pur non avendo più l’ombra di una nave, riesce ad infliggere duri colpi alle forze russe; mentre Mosca, non riuscendo ad usare tutto il potenziale di cui dispone, si trincera dietro l’interdizione delle rotte marittime.

Se si guarda alla casistica dei conflitti navali più recenti come le Falkland-Malvinas (1982) tra Gran Bretagna ed Argentina, o i più recenti blocchi navali di Libano, Gaza e Yemen, ci si rende conto di come il mare sia di per sé un teatro di ostilità.

In mare, oltre ai belligeranti, a differenza di quanto accade sulla terra, ci sono però i neutrali che godono di specifici diritti. La loro posizione è ora un aspetto da considerare con attenzione, nel momento in cui si pensa che Paesi terzi possano scortare il grano imbarcato in porti ucraini.

Il paradigma delle Falkland

Dopo l’invasione argentina delle Falkland-Malvinas e la dura reazione della Gran Bretagna che inviò in poco tempo una nutrita forza navale, fu evidente l’esigenza di ammodernare il diritto bellico marittimo.

La necessità di tener conto nei conflitti armati dei nuovi principi umanitari delle Convenzioni di Ginevra del 1949 e del regime degli spazi marittimi della Convenzione di Montego Bay del 1982, apparve anche nel corso della guerra Iran-Iraq (1980-1988).

Di qui l’iniziativa del Comitato internazionale della Croce Rossa e dell’Istituto di diritto internazionale di Sanremo di convocare un gruppo di esperti per predisporre un testo di agile consultazione orientato alla prassi degli Stati che, senza essere un trattato vincolante per le parti, costituisse un riferimento per tutti.

Il risultato fu il Manuale di Sanremo sui conflitti armati in mare, per la cui redazione un ruolo fondamentale fu svolto dal Prof. Natalino Ronzitti, a tutt’oggi  ancora  impegnato nel lavoro di aggiornamento del testo.

Guerra navale in Mar Nero

Se guardiamo alle ostilità del Mar Nero con la lente del Manuale di Sanremo ci accorgiamo che non tutto quadra. Ad esempio, il minamento delle acque territoriali e della Zona economica esclusiva (Zee) dell’Ucraina ha penalizzato indebitamente la libera navigazione dei mercantili neutrali.

Ma anche il blocco delle coste ucraine, per quanto non dichiarato formalmente, si è tradotto in un’illegittima misura volta ad affamare sia la popolazione ucraina che tutti gli altri Paesi importatori di grano. Il blocco del Libano decretato da Israele nel 2006 contro le milizie di Hezbollah terminò quando il Consiglio di sicurezza autorizzò la costituzione di una forza navale di pace la quale, tra l’altro, rifornì di viveri e medicinali la popolazione locale.

Il Cremlino ha sinora avuto ingenti danni dall’affondamento da parte di Kyiv, con droni armati e missili, di sue navi da guerra, compresa l’ammiraglia ‘Moskva’. Le navi armate sono infatti legittimi combattenti da neutralizzare. Diverso il discorso per i mercantili nemici che possono essere distrutti se impegnati in attività belliche.

Esteso il ricorso da parte russa al bombardamento costiero in parte eseguito a danno di civili e beni culturali protetti, e perciò indiscriminato ed illegittimo. Probabilmente anche l’uso di missili da crociera è risultato non in linea con i principi di discriminazione dell’obiettivo, forse per i noti problemi tecnici che affliggono l’armamento russo e lo rendono inaffidabile.

Quanto all’arma subacquea russa il suo impiego è stato sinora in funzione di deterrenza e di intelligence. Unica eccezione, l’affondamento con siluri di un mercantile di bandiera neutrale considerato obiettivo militare perché impiegato nel sostegno logistico all’Ucraina.

Diritti dei neutrali

I Paesi occidentali, benché fautori della causa Ucraina e fornitori di materiale bellico, non sono parti direttamente coinvolte nel conflitto. La loro posizione configura una specie di neutralità qualificata e può essere inquadrata in quella che il Prof. Ronzitti chiamerebbe «non belligeranza».

L’ipotesi di una forza navale europea (o di una coalizione di volenterosi) di scorta a convogli trasportanti grano destinato ad aiuti umanitari, va perciò inquadrata nella realtà del contesto bellico del Mar Nero.

I Paesi che volessero, senza il consenso del Cremlino e con la sola richiesta di Kyiv, rendere sicura la navigazione nelle zone minata, comprometterebbero la loro neutralità e potrebbero quindi essere attaccati al pari di un belligerante.

La questione dello sminamento è dunque pregiudiziale alla scorta di mercantili che riuscissero ad imbarcare grano ad Odessa. Per il resto si può anche immaginare – come accaduto durante la guerra Iran-Iraq – che mercantili navighino sotto protezione di navi da guerra neutrali.

Diplomazia preventiva

Ma è possibile concepire una simile attività con il tacito consenso russo? Evidentemente no, se si vogliono escludere i tipici incidenti da incontri ravvicinati tra navi da guerra che nel Golfo Persico o nell’Indo-Pacifico spesso rasentano lo scontro armato. La soluzione diplomatica – magari incoraggiata dall’Onu – è la via maestra da seguire.

Certo è che non si può nemmeno prescindere dalla Turchia per far entrare navi da guerra in Mar Nero, e per attuare l’intera operazione i cui rischi comprometterebbero gli interessi di sicurezza di Ankara e degli altri Paesi rivieraschi.

La Ue ha nel suo patrimonio genetico le attività navali ‘tipo Petersberg’: esse escludono la contrapposizione militare ed implicano la diplomazia preventiva. Il coinvolgimento della Turchia e di Paesi extra Ue come Israele ed Egitto rafforzerebbe la non facile missione offrendo garanzie ai due belligeranti.

Foto di copertina EPA/SERGEI ILNITSKY

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