Il 2022 della difesa italiana

La guerra scatenata dalla Russia contro l’Ucraina ha riportato al centro dell’agenda politica Nato, europea e italiana i temi legati alla deterrenza e difesa collettiva da una minaccia russa. Nel 2022 è stato approvato il nuovo Concetto strategico al summit di Madrid, che è il risultato sia del ritorno della guerra su larga scala sul continente europeo, sia di un processo di rinnovamento e coordinamento interno all’alleanza per adeguare la Nato ad un contesto di multipolarismo aggressivo con un orizzonte al 2030. Il Concetto dà priorità alla Russia tra le diverse sfide che lambiscono lo spazio euro-atlantico, considerando però anche la crescente assertività cinese, la presenza russa nel Mediterraneo e l’instabilità sul fianco sud.

Il fianco est

Il core task di deterrenza e difesa collettiva contro la Russia è stata l’attività cardine dell’Alleanza nel 2022 alla luce della guerra in corso ai confini con ben quattro Stati membri e della spregiudicatezza della leadership russa. In un’ottica di rafforzamento, è stato infatti preso l’impegno a tenere circa 300 mila unità degli Stati membri ad alto livello di prontezza come espressione di un “nuovo modello di forze” (New Force Model, Nfm).

L’Italia ha contribuito attivamente anche potenziando la sua presenza in Ungheria e Bulgaria, assumendo in quest’ultima la guida del dispiegamento di difesa avanzata Nato. Sommando questi nuovi contingenti e la presenza navale nel Mar Nero e nel Mediterraneo, il contributo italiano sul fianco est ha raggiunto le 2.193 unità, oltre a 519 mezzi terrestri e 15 mezzi aerei. A questi si aggiunge la partecipazione di 1.350 unità e 77 mezzi terrestri alla Very High Joint Readiness Task Force (Vjtf), la punta di lancia delle forze di reazione rapida Nato, critica dal punto di vista operativo e politico per l’Alleanza per rinforzare rapidamente il fianco est.

Il rinnovato impegno sul fianco est non ha tuttavia determinato un abbandono di altri teatri di operazione extra-europei: l’Italia rimane al comando di missioni d’alto profilo di peacekeeping e capacity building, come Kfor in Kosovo, Unifil in Libano e Nato training mission Iraq. Per il ministero della Difesa italiano, la sfida sarà quella di mantenere l’impegno in missioni vecchie e nuove, e al contempo preservare risorse per interventi militari nel Mediterraneo allargato.

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Passaggio di governo: continuità e credibilità

Gli impegni assunti dall’esecutivo Draghi nella prima parte dell’anno sono stati seguiti da un forte sostegno retorico, politico e operativo da parte del nuovo governo di Giorgia Meloni all’Alleanza atlantica. È inoltre emersa una forte continuità nell’impegno militare e politico di Roma sul tema prioritario per l’Alleanza, ovvero la deterrenza e difesa sul fianco orientale. Questa continuità ha confermato la credibilità dell’Italia come uno dei principali contributori non solo alle missioni fuori area, ma anche nel teatro europeo.

Un altro elemento di continuità fra gli esecutivi di Draghi e Meloni è la centralità del Mediterraneo allargato nell’agenda italiana nella Nato, soprattutto considerata la prossima espansione dell’Alleanza in Scandinavia. La Strategia di sicurezza e difesa per il Mediterraneo pubblicata a maggio 2022 indica l’intenzione di Roma di “svolgere un ruolo di riferimento per i principali Alleati in ambito Nato”.

A ciò si associa l’ambizione italiana di adeguare lo strumento militare non solo per rispondere alla minaccia emanata dal Cremlino, ma anche per “tutelare gli interessi strategici nazionali, ovunque si collochino – e in particolare nel Mediterraneo allargato”, come illustrato dall’ultimo Documento programmatico pluriennale della Difesa (Dpp) del governo Draghi. Il primo discorso parlamentare del neopresidente del Consiglio Meloni si è mosso sostanzialmente sulle stesse direttrici Nato, mediterranea ed europea.

La difesa europea

Sia il governo Draghi che l’esecutivo Meloni hanno visto l’Alleanza atlantica e la difesa europea come complementari, secondo una linea che gode di ampio e duraturo consenso politico in Italia. Nell’ambito dell’Europa della difesa, Roma ha sostenuto e partecipato allo sviluppo delle iniziative comuni, anche alla luce del conflitto ucraino. Oltre al continuo contributo a diverse missioni militari Ue in corso, le istituzioni italiane hanno infatti partecipato attivamente e tempestivamente alla finalizzazione della Bussola strategica (Strategic Compass) nel primo trimestre 2022. L’Italia ha ottenuto una forte attenzione per il Mediterraneo allargato, una prospettiva di sinergia e cooperazione tra Nato e Ue che trova il giusto equilibrio tra europeismo e atlantismo, e una formulazione delle priorità per gli investimenti nell’Europa della difesa in linea con gli interessi militari e industriali italiani.

Le istituzioni hanno inoltre lavorato per definire la normativa dello Strumento per il rafforzamento dell’industria europea della difesa mediante acquisti comuni (Edirpa) in linea con gli interessi nazionali. Sempre nel 2022, tramite il Fondo europeo per la difesa (Edf) sono stati allocati circa 1,2 miliardi di euro a livello Ue per progetti di ricerca e sviluppo di tecnologie militari presentati nel 2021: l’Italia è il secondo paese in termini di entità partecipanti alle proposte selezionate in maniera competitiva, confermando così la sua posizione preminente sui progetti chiave avviati in Europa.

Legge di bilancio e iniziative future

Nonostante l’attivo impegno italiano, l’obiettivo del 2 per cento per le spese militari concordato in sede Nato nel 2014 rimane ancora lontano dal 1,54 per cento messo a bilancio per il 2022. Se il governo Draghi si era espresso a favore di un aumento graduale delle spese, posponendo al 2028 il raggiungimento della quota del 2 per cento, l’esecutivo Meloni non ha finora definito una tabella di marcia alternativa. Questo è significativo se si considera che, alla luce del ritorno della guerra ad alta intensità in Europa e del conseguente aumento significativo dei bilanci della difesa di quasi tutti i Paesi europei, l’obiettivo del 2 per cento sarà verosimilmente rivisto al rialzo in ambito Nato.

Il nuovo esecutivo dovrebbe in primo luogo aumentare gli stanziamenti per la difesa in modo commisurato ad ambizioni ed impegni presi, e al tempo stesso sanare gli squilibri di bilancio dovuti a una insufficiente la spesa in addestramento e operazioni a fronte di uscite per i costi del personale al di sopra della media dell’Alleanza. Questi squilibri persistono anche nella prima legge di bilancio approvata dalla nuova maggioranza lo scorso dicembre, e rappresentano quindi una sfida per il governo Meloni. In conclusione, è possibile dire che nel 2022 non ci sia stato alcun cambio di rotta sostanziale in ambito difesa tra i due esecutivi, a vantaggio della continuità e credibilità dell’azione internazionale dell’Italia in questo settore.

Foto di copertina EPA/Filippo Attili

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