Il futuro di al-Qaeda dopo al-Zawahiri

Da un punto di vista simbolico, l’uccisione di al-Zawahiri è stato un duro colpo per al-Qaeda e un formidabile successo per gli Stati Uniti, poiché dimostra che Washington mantiene – nonostante tutto – una capacità ineguagliata di portare a termine operazioni di tale complessità, basate su un’intelligence estremamente precisa e una straordinaria capacità di colpire i bersagli, anche in un luogo come l’Afghanistan da cui gli Stati Uniti sono usciti in modo caotico e disordinato l’anno scorso

Un movimento decentralizzato

Da un punto di vista più prettamente operativo, invece, è improbabile che la morte di al-Zawahiri cambi in modo sostanziale la situazione di al-Qaeda, almeno nel breve termine. I problemi logistici che perseguitano la leadership dal 2001, e al-Zawahiri in particolare dopo la morte di Osama Bin Laden nel 2011, hanno favorito l’emergere di un’organizzazione profondamente decentralizzata: un movimento orizzontale più che un’organizzazione gerarchica e verticale in cui la leadership centrale detta in maniera perentoria l’agenda, le strategie e gli obiettivi principali ai gruppi locali.

In questo senso, si è avuta una divaricazione con ciò che invece avveniva all’interno dello Stato islamico e il suo emergere come attore globale. In particolare nei primi anni della sua espansione in Siria e Iraq e della sua diffusione in altre parti del mondo (come in Libia) lo Stato islamico ha sempre imposto gli obiettivi e le strategie decise dalle sue élite a Raqqa rispetto alle necessità e gli sviluppi dei gruppi locali, spesso con leader inviati dalla capitale del califfato per prendere il controllo dei gruppi locali (il caso della Libia tra il 2014 e il 2016 è particolarmente indicativo in tal senso).

Tuttavia, il fatto che al-Qaeda si sia trasformata in un movimento decentralizzato e fluido in cui le sue filiali locali hanno gradualmente goduto di un maggiore grado di libertà non ha reso il movimento meno pericoloso. Questa dinamica ha invece semplicemente modificato parte della sua logica d’azione. I gruppi locali hanno mostrato una sorprendente capacità non solo di adattarsi alle condizioni locali, ma anche di riformulare il loro messaggio per rispondere alle rimostranze locali e storiche di gruppi etnici, sociali ed economici contro le elite dominanti dei rispettivi paesi e che storicamente hanno avuto poco da fare con l’islam radicale, come dimostrato dall’ascesa dei gruppi qaedisti nel Sahel.

Il cosiddetto “Jihad rurale” promosso di Djamal Okacha, uno dei leader storici di Al-Qaeda nel Maghreb Islamico (AQMI), ucciso dai francesi nel 2019 si è rivelata particolarmente efficace nel farsi strada in Mali, in Niger, in Burkina Faso, tramite la creazione del gruppo Fronte d’Appoggio all’Islam e i Musulmani (Jama’at Nasr al-Islam wal Muslimin (JNIM). Tale gruppo, che rappresenta la peculiare versione della regionalizzazione e internazionalizzazione del jihadismo algerino degli anni ’90, si sta ora spingendo verso gli stati litoranei dell’Africa occidentale e del Golfo di Guinea, con la Costa d’Avorio, il Togo e il Benin sempre più sotto attacco dei combattenti jihadisti (non solo di al-Qaeda, ma anche dello Stato islamico). Dall’altra parte dell’Africa, al-Shabaab – l’affiliata somala di Al-Qaeda – sta dimostrando sempre di più avere gradualmente acquisito capacità che l’hanno resa più pericolosa e continua a dimostrare di avere ambizioni più ampie, con obiettivi globali che non si limitano alla sola Somalia.

Il futuro del vertice qaedista

La morte di al-Zawahiri solleva chiaramente dubbi sul suo successore. In un rapporto rilasciato a metà luglio, le Nazioni Unite hanno delineato i profili dei potenziali leader di al-Qaeda che, data la loro anzianità all’interno del movimento, potrebbero succedere ad al-Zawahiri. L’elenco comprende: Sayf-al ‘Adl; Abdal-Rahman al-Maghrebi; Yazid Mebrak, più comunemente noto come Abu Ubaydah Yusuf al-Annabi, l’algerino emiro di AQIM, e Ahmed Diriye (Ahmed Umar Abu Ubaidah), l’emiro di al-Shabaab. I primi due si trovano attualmente in Iran, condizione che crea potenziali problemi di legittimità. Negli anni scorsi, tre gruppi affiliati ad al-Qaeda hanno messo in dubbio la credibilità delle istruzioni provenienti da Sayf-al ‘Adl a causa del fatto che fosse in Iran. Un leader di questo tipo potrebbe favorire un ulteriore allontanamento di molti gruppi locali da Al-Qaeda centrale.

Invece, qualora la scelta dovesse cadere sul leader di un affiliato africano, creerebbe “un trasferimento senza precedenti della leadership globale in un’area diversa”, come notato da Aaron Zelin. Tuttavia, mentre il prossimo leader potrebbe ri-galvanizzare il momento a livello globale e dargli nuovo slancio, la situazione così com’è, in particolare in Africa, suggerisce che è probabile che gli affiliati di al-Qaeda continueranno la loro crescita indipendentemente da chi prenderà il comando dell’organizzazione a livello globale. Al-Zawahiri ha rappresentato uno degli elementi chiave dell’ascesa di al-Qaeda in Africa negli anni ’90. Quello è stato un momento cruciale nella globalizzazione dell’organizzazione, un passaggio essenziale prima degli attacchi dell’11 settembre.

I territori in cui opera al-Qaeda sono visti anche come potenziali piattaforme da cui rilanciare la propria azione per riprendere una determinata rilevanza globale. Osservando le traiettorie di al-Qaeda negli ultimi decenni, nonostante la sua natura liquida e confusa, il gruppo è sistematicamente alla ricerca di rifugi stabili e territoriali sicuri in cui, e da cui, operare. Come dimostra la presenza di Al-Zawahiri in Afghanistan, anche il paese sotto il controllo talebano si è riproposto come una base importante per il gruppo. Eppure, al momento, il centro di gravità qaedista è chiaramente in Africa. Le capacità dei gruppi qaedisti locali di cogliere le opportunità di crescita che le condizioni locali hanno offerto suggeriscono che, indipendentemente dal fatto che il prossimo leader dell’organizzazione provenga effettivamente da un affiliato africano, questo spazio sarà in ogni caso cruciale per la direzione futura del gruppo. È improbabile che l’uccisione di Al-Zawahiri modifichi tale dinamica in modo sostanziale.

Foto di copertina EPA/HANDOUT/US DISTRICT COURT

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