Gli occhi della comunità internazionale sui crimini russi in Ucraina

Le parole del procuratore della Corte penale internazionale Karim Khan sono state eloquenti: “Non esiteremo a presentare ulteriori richieste di mandato d’arresto quando le prove ci consentiranno di farlo”. Il mandato d’arresto emesso dalla Pre Trial Chamber della Corte penale internazionale dell’ Aia per l’accusa di deportazione e trasferimento illegale di minori, sanzionati dall’Articolo 8 dello Statuto di Roma (crimini di guerra), è solo un’anticipazione delle iniziative intraprese dal procuratorie dell’Aia che potranno avere altri seguiti.

Oltre il mandato d’arresto

Già nell’ iniziale azione di referral promossa da 42 Stati, inclusa l’Italia, i firmatari hanno richiesto al procuratore di indagare nel conflitto sorto in Ucraina su ogni atto integrante non solo “crimini di guerra”, ma anche “crimini contro l’umanità” e “genocidio”. Purtroppo le cronache dell’aggressione all’Ucraina hanno evidenziato una serie infinita di drammi umanitari riconducibili a tanti altri crimini di guerra (gli attacchi contro la popolazione e le infrastrutture civili, le torture e i trattamenti degradanti sui prigionieri di guerra, le distruzioni non giustificate dalla “necessità militare”) e a una estesa sequela di “crimini contro l’umanità”, tanto che le segnalazioni ufficiali dell’Ucraina pervenute alle Nazioni Unite parlano di oltre 70 mila crimini internazionali commessi dalle truppe d’invasione russe.

La configurazione dei crimini contro l’umanità è delineata all’ Articolo 7 dello Statuto della Cpi, e richiede il presupposto del c.d. elemento di contesto, l’ “attacco esteso e sistematico contro la popolazione civile“, dove assumono un diverso rilievo reati comuni come l’omicidio, la violenza sessuale, e si configurano crimini di massa: sterminio, schiavitù sessuale, prostituzione forzata, gravidanza forzata, persecuzioni contro un gruppo o una collettività, sparizione forzata delle persone, apartheid, etc.

“Ipotesi di genocidio”

Quanto alla evocazione del “genocidio” (Art. 6 dello Statuto) molti analisti hanno inteso affrontare la questione con cautela, anche perché nel senso comune il termine è storicamente associato al profondo dramma dell’Olocausto. Tuttavia le tristi vicende dell’umanità hanno portato gli studiosi di formazione storica e giuridica a individuare molti altri casi di “deliberata decisione di eliminare completamente un gruppo per la sua identità”, giungendo anche alla nozione di “genocidio culturale“, che include le persecuzioni contro i gruppi linguistici, politici, culturali ed economico-sociali.

Sulla base di queste premesse, l’Ufficio del procuratore della Cpi è nella fase più delicata della elaborazione degli elementi probatori, acquisiti peraltro con modalità assolutamente innovative basate su squadre investigative congiunte, dove è prevalsa naturalmente la composizione internazionale, sul coordinamento con le Procure nazionali (interessate soprattutto per le testimonianze dei profughi ucraini), sull’apporto di qualificati esperti in diritti umani delle Nazioni Unite, del Consiglio d’Europa, di Eurojust e di Eppo, la Procura indipendente dell’Unione Europea, nonché del contributo di avvocati e giuristi di ong e Istituzioni indipendenti nel ruolo di amicus curiae.

Tra questi ultimi apporti certamente un ruolo di primo piano è stato assunto dal Report del New Lines Institute e del Raoul Wallenberg Centre. Si tratta di un’indagine indipendente condotta da un gruppo di giuristi internazionali esperti in diritti umani accreditati presso le principali Università e organizzazioni internazionali, che si sono avvalsi anche di team di linguisti e di analisti dell’open source. Il loro lavoro si è posto l’obiettivo di interrogarsi se la Federazione Russa sia responsabile di violazioni della Convenzione sul Genocidio nell’invasione dell’Ucraina. Il dossier, articolato in oltre 40 pagine, oltre a documentare gli attacchi deliberati e le atrocità sistematiche contro la popolazione civile, si sofferma su tutta l’ampia narrazione degli organi ufficiali della Federazione Russa in cui si sono costruiti la “minaccia esistenziale ucraina” e i concetti di “denazificazione” e “disumanizzazione”. La conclusione degli esperti è netta, e conclude che ci sono: 1) ragionevoli motivi per ritenere che la Russia sia responsabile (i) di incitamento diretto e pubblico a commettere genocidio e (ii) di una serie di atrocità da cui si può dedurre l’intento di distruggere in parte il gruppo nazionale ucraino; e che sussista: 2) un grave rischio di genocidio in Ucraina, che fa scattare l’obbligo giuridico di tutti gli Stati di intervenire per prevenire il genocidio.

Torture e violenze sistematiche

Quanto ai contributi degli organismi internazionali, proprio in concomitanza con l’emissione dei primi mandati d’arresto della Cpi è stato reso noto il Report A/HRC/52/62 (ohchr.org) della Commissione d’inchiesta internazionale indipendente delle Nazioni Unite sull’Ucraina. Il presidente della Commissione, il norvegese Erik Møse già giudice del Tribunale per il Ruanda e della Corte europea dei diritti dell’uomo, ha dichiarato:  “Le perdite umane e il generale disprezzo per la vita dei civili sono sconvolgenti”. Essenziali sono i dati indicati nel capitolo Impact on the civilian population: 8.006 civili uccisi e 13.287 feriti in Ucraina dal 24 febbraio 2022 (e si precisa che le cifre effettive possono essere considerevolmente più alte); 8 milioni di rifugiati provenienti dall’Ucraina in tutta Europa, di cui il 90% donne e bambini; 18 milioni di persone in Ucraina bisognose di assistenza umanitaria.

Drammatiche purtroppo sono le testimonianze acquisite su torture sistematiche e altri atti degradanti e diffusi “che mostrano disprezzo per i civili”. Si parla dunque ancora di bambini deportati, e costretti ad assistere a stupri e a rimanere accanto ai corpi delle vittime. Altri casi riguardano violenze sessuali e di genere su donne, uomini e ragazze, di età compresa tra i 4 e gli 82 anni, con nudità forzate e umiliazioni imposte come metodo nelle perquisizioni domiciliari, nei campi di filtrazione e ai posti di blocco.

Alla domanda di molti giornalisti se le azioni di Mosca possano considerarsi sistematiche e non episodiche, Møse ha parlato di “ipotesi di genocidio”. Alla Corte penale internazionale spetterà ribadire, con fatti concreti, l’impegno assunto nel Preambolo dello Statuto: onorare la memoria di milioni di bambini, donne e uomini, che nel corso di questo secolo sono rimaste “vittime di atrocità inimmaginabili che turbano profondamente la coscienza dell’umanità”.

Foto di copertina EPA/UKRAINIAN PRESIDENTIAL PRESS SERVICE

Ultime pubblicazioni