Il sistema della Corte penale internazionale alla prova in Ucraina

I resoconti delle agenzie internazionali non sembrano aver dato adeguato risalto alle conclusioni giunte alla Conferenza sulla responsabilità penale (accountability) per l’Ucraina promossa dal Ministero degli Affari esteri dei Paesi bassi, dall’Ufficio del procuratore della Corte penale internazionale (CPI) e dal Commissario europeo alla Giustizia. Intanto, la stampa ha tradotto con eccessiva semplificazione le dichiarazioni rese dal presidente ucraino Zelensky con alcuni titoli: “Serve un tribunale speciale sui crimini di guerra russi”, e poi: “Le istituzioni esistenti non sono in grado di garantire giustizia”.

Letti così, sembrano palesi dichiarazioni di sfiducia nei confronti della Cpi. In realtà, leggendo l’intervento dal sito della presidenza ucraina si comprende che la richiesta di Zelensky è riferita alla questione nota dei caveat  che al momento non consentono alla Cpi di procedere per il crimine di aggressione, cioè l’attacco contro la sovranità di uno Stato, in violazione dei principi della Carta delle Nazioni Unite e delle norme consuetudinarie sulla self-defence.

Semplificando anche qui, in atto se la Cpi volesse procedere per l’aggressione potrebbe farlo solo a seguito di una determinazione del Consiglio di Sicurezza, in cui è noto che Russia e Cina hanno potere di veto.  Da qui la proposta di istituire un Tribunale speciale per l’aggressione contro l’Ucraina, in cui si possa procedere a prescindere da determinazioni del Consiglio di Sicurezza e senza che valgano immunità per capi di Stato e di governo.

Le questioni aperte per un Tribunale speciale

A dire il vero, la prima condizione di non procedibilità è dovuta alla stessa Ucraina che non ha ancora ratificato lo Statuto della Cpi. Kyiv ha depositato a suo tempo, dopo la prima guerra nel Donbass, una ‘dichiarazione di accettazione’ della giurisdizione della Corte, limitatamente però ai crimini di guerra, contro l’umanità e il genocidio. Ad essere realistici – e anche secondo l’opinione di molti giuristi – sarebbe già più che soddisfacente se si realizzasse un percorso compiuto per imputare le responsabilità anche solo per questi crimini davanti alla Cpi.

Il discorso tuttavia è più articolato, e, ha comunque un senso la proposta di Zelensky di prevedere nell’urgenza un Tribunale speciale ad hoc per l’aggressione all’Ucraina, che potrebbe essere attuato anche con un accordo fra Stati “garanti”, con formule giurisdizionali tratte dall’ esperienza dei Tribunale per la ex Jugoslavia e/o dai c.d. tribunali “internazionalizzati” o “misti”. La soluzione quindi potrebbe anche non escludere un ruolo di supporto, cooperazione  e integrazione dei team investigativi e giudicanti della Corte penale internazionale.

La proposta appare motivata anche dall’altro ragionamento che Zelensky fa a proposito della necessità di superare con certezza ogni eventuale riserva sulle ‘immunità funzionali’, riferite evidentemente anche  a quelle ‘personali’ dei Capi di Stato e di Governo, oltre che  degli altri responsabili a livello politico e militare. Sul punto è opportuno considerare che sebbene lo Statuto della CPI parli all’articolo 27 della irrilevanza della qualifica ufficiale (per cui non sarebbero ammesse esclusioni di responsabilità anche per i capi di Stato e di governo), la norma non è considerata ancora completamente risolutiva rispetto ad altre previsioni convenzionali e a principi consolidati della giurisprudenza internazionale. Sulla questione vi è anche un richiamo nella Relazione presentata dalla Commissione sul progetto italiano del Codice dei Crimini Internazionali, all’esame del ministero della Giustizia.

Effettività e procedibilità della giurisdizione

Si tratta di temi tutti ampiamente noti nel dibattito della comunità dei giuristi che hanno a cuore il principio di effettività della giurisdizione penale internazionale, e che in ogni caso per essi non rappresentano una sconfessione del ruolo e delle conquiste fatte nel percorso della Cpi. Si è ben consapevoli che questi limiti vanno superati perché le attuali previsioni dello Statuto sono ancora il frutto di soluzioni di compromesso per raggiungere intanto una condivisione su principi fondamentali, non ultimo quello di accettare il superamento del dogma del ‘dominio riservato’ degli Stati sulla giurisdizione penale.

È pacifico che lo Statuto della Corte penale internazionale richieda ancora l’affermazione di una propria giurisprudenza (importante sarà proprio quella sulle immunità), e altri adeguamenti normativi necessari. Già si è detto che sarebbe auspicabile una nuova Conferenza diplomatica che elimini i caveat riferiti alle competenze del Consiglio di sicurezza specie sul crimine di aggressione.

Si possono prevedere infatti norme che estendano le condizioni di procedibilità – anche nei confronti di Stati che non hanno ratificato lo Statuto – alle determinazioni della più rappresentativa Assemblea Generale o anche a  più autonome decisioni collegiali della Pre Trial Chamber della Corte. Così come sarebbe necessaria la norma che più specificamente richiami espressamente l’incriminazione di capi di Stato e di governo per il crimine di aggressione, escludendo tassativamente residue ipotesi di ‘immunità’.

Soprattutto sarebbe necessaria una importante iniziativa diplomatica che porti ad una più estesa adesione al sistema della Corte penale internazionale da parte della comunità internazionale, in specie da parte delle democrazie del mondo, a cominciare dagli Stati Uniti.

Le conclusioni della Conferenza sull’accountability in Ucraina

La Conferenza sulla “accountability” non si è espressa formalmente sulla proposta di Zelensky. Il messaggio che sembra trarsi è questo: intanto è prioritario procedere per i crimini di guerra e contro l’umanità, poi, se le condizioni lo consentiranno, si potrà anche pensare a processare Putin e la sua nomenclatura per il crimine di aggressione.

In ogni caso, nella dichiarazione finale della Conferenza sono stati ribaditi alcuni principi importanti. Sono state richiamate le Risoluzioni dell’Assemblea Generale dell’Onu e l’order della Corte internazionale di giustizia che hanno condannato la guerra di aggressione della Russia, e si è confermata la scelta fatta dai 43 Stati che sottoscrivendo il referral hanno di fatto riconosciuto la giurisdizione della Cpi.

In proposito è stata riaffermata la competenza della giurisdizione nazionale dell’Ucraina, in osservanza al principio di complementarietà della Corte dell’Aja, ma si è sottolineato soprattutto il nuovo modello di cooperazione che il procuratore Karim Khan ha già promosso per la raccolta delle prove con Eurojust, il Consiglio d’Europa, la Rete europea contro il genocidio e le varie autorità giudiziarie europee. Su questi principi, la cooperazione potrebbe portare anche a definire un modello giurisdizionale ad hoc, comunque inquadrato nel “sistema della Corte”: un modello che va consolidato, e in ogni modo è  già accettato dai 123 Stati che hanno ratificato lo Statuto della Corte penale Internazionale.

Foto di copertina EPA/OLEG PETRASYUK

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