Arabia Saudita-Iran: un accordo ancora tutto da scrivere

L’accordo del 10 marzo tra Arabia Saudita e Iran non solo ristabilisce le relazioni diplomatiche fra le capitali rivali del Golfo, ma indica che Riyadh e Teheran non intendono arrivare allo scontro diretto. Un’ottima notizia non soltanto per il Medio Oriente, ma per tutti gli attori globali, dipendenti dall’energia nonché dalle rotte marittimo-commerciali del Golfo. A cominciare dalla Cina che ha mediato la fase finale di un’intesa che è il frutto, però, di un biennio di diplomazia araba – dunque interna alla regione – svoltasi fra Iraq e Oman.

Qui finiscono le certezze. Infatti, il resto è ancora tutto da scrivere: questo accordo è come una cornice senza tela. Nessuno si aspetta che i governi saudita e iraniano smettano, per davvero, di essere rivali nella regione: la promessa su cui si regge l’intesa è la fine delle ingerenze reciproche. Invece, i problemi che contrappongono aspramente Arabia Saudita e Iran sono ancora tutti sul tavolo: la questione del nucleare iraniano, quella missilistica nonché il ruolo dei gruppi armati filo-Teheran nella regione. L’accordo, insomma, è un importante punto di partenza, non un punto d’arrivo.

I segnali del disgelo tra Riyadh e Teheran

Tra Arabia Saudita e Iran, il vento è cominciato lentamente a cambiare dopo gli attacchi di matrice iraniana del 2019 contro le installazioni di Saudi Aramco. Di fronte alla non reazione degli Stati Uniti (Donald Trump era alla Casa Bianca), Riyadh ha compreso che occorreva muoversi lungo un doppio binario. E così ha fatto. Da un lato, il regno ha continuato a rafforzare le capacità militari, in autonomia o mediante la difesa integrata con gli Stati Uniti. Dall’altro, Riyadh ha rilanciato il dialogo diplomatico con il vicinato, incluso l’Iran. Con l’obiettivo di dotarsi di tutti gli strumenti possibili, militari e politici, per fronteggiare un eventuale scenario di crisi.

Dal 2021, sauditi e iraniani, che interruppero le relazioni diplomatiche nel 2016, hanno intrattenuto colloqui, prima in Iraq e poi in Oman. Fino alla stretta di mano in Cina.

Alcuni segnali suggerivano che qualcosa stesse accadendo. Gli Emirati Arabi Uniti, sempre i primi a ‘fiutare il clima’, avevano rimandato l’ambasciatore a Teheran in autunno; nessuna dichiarazione da parte dell’Arabia Saudita rispetto alle rivolte iraniane represse nel sangue; colloqui tra i sauditi e gli houthi dello Yemen (movimento-milizia sostenuto dall’Iran); soprattutto gli aiuti umanitari di Riyadh alla Siria dopo il terremoto, nelle aree tornate sotto il controllo del regime di Bashar Al-Assad, primo alleato di Teheran.

Per i sauditi, l’intesa con l’Iran – come già la tregua in Yemen – significa mettersi al riparo dagli attacchi contro il proprio territorio e da escalation che danneggerebbero i progetti economici di Vision 2030. Le autorità iraniane provano invece a ri-legittimarsi sulla scena internazionale, depotenziando il piano di una coalizione anti-Iran coltivato da Israele e, fin qui, in parte assecondato dai sauditi.

Golfo nucleare?

Ci sono due domande che l’intesa di Pechino lascia inevase. Innanzitutto il nucleare iraniano. Attualmente, il programma nucleare dell’Arabia Saudita non rientra nella strategia della deterrenza. Ma nel medio-lungo periodo? A differenza di Abu Dhabi (che produce energia nucleare dal 2020), Riyadh non ha siglato la gold standard per la non-proliferazione. Il principe ereditario Mohamed bin Salman Al Saud intende utilizzare le vaste risorse di uranio del regno. Soprattutto, ha ammonito che se l’Iran avrà la bomba, anche i sauditi l’avranno. La nuclearizzazione del Golfo non è dunque un’ipotesi remota. A meno che, proprio i sauditi, vogliano provare a ′disinnescare` la questione nucleare dell’Iran, magari nel quadro più ampio della possibile normalizzazione fra Arabia Saudita e Israele. Al momento è solo uno scenario. E non è l’unico.

Infatti, il tempismo dell’intesa Riyadh-Teheran potrebbe anche riflettere la consapevolezza dei sauditi che Israele non accetterà mai un Iran con la bomba atomica (e i dem gli Stati Uniti, vista anche la cooperazione militare tra Iran e Russia), quando la soglia nucleare sarà raggiunta: e manca davvero poco secondo l’AIEA. Ecco perché Riyadh avrebbe stretto la mano a Teheran adesso: se il peggiore degli scenari per la regione, ovvero un attacco all’Iran, dovesse avvenire, l’Arabia Saudita potrebbe così limitare i danni diretti, essendosi smarcata in anticipo.

Lo Yemen dopo l’accordo

L’altra domanda senza risposta dell’accordo riguarda le milizie filo-iraniane nella regione (Siria, Iraq, Libano, Yemen). E le loro reazioni, al di là delle dichiarazioni. Milizie tutte legate a Teheran ma in maniera differente: ci sono i proxies, e poi gli attori armati con un profilo politico più autonomo come gli houthi dello Yemen. A proposito di Yemen, di cui ricorrono gli otto anni di guerra, il disgelo tra Arabia Saudita e Iran è un incentivo esterno a rinnovare la tregua nazionale, magari trasformandola in un formale cessate il fuoco. La tregua fu siglata nell’aprile 2022, ovvero due mesi dopo che gli houthi attaccarono per due volte gli Emirati Arabi Uniti.

C’è però un dettaglio che spesso sfugge: quella in Yemen non è una guerra per procura. Quindi l’accordo tra Arabia Saudita e Iran non deve alimentare qui attese eccessive. Sauditi e iraniani (ma anche sauditi ed emiratini) giocano in Yemen una lotta d’influenza: ma le origini del conflitto sono interne, per il potere politico, il controllo delle risorse e le autonomie locali. L’Arabia Saudita potrebbe ora sfruttare l’accordo con l’Iran per trovare un’intesa specifica con gli houthi, incentrata sulla sicurezza del confine saudita-yemenita. Forse l’exit strategy dallo Yemen che Riyadh cercava da tempo per declassare il conflitto, nella sua agenda, a ‘piccola guerra locale’. Da mesi, i colloqui sauditi-houthi escludono il governo riconosciuto yemenita, nonché il Consiglio presidenziale voluto proprio da Riyadh. Tra i secessionisti del Consiglio di Transizione del Sud, che del governo fanno formalmente parte, monta lo scontento anche per questo.

L’accordo di Pechino fra Arabia Saudita e Iran apre dunque una stagione di opportunità per il Medio Oriente e non solo. È però probabile che Riyadh e Teheran debbano ancora scoprire delle carte: da queste dipenderanno i reali equilibri futuri dell’area.

Foto di copertina EPA/NOURNEWS AGENCY

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