Domenica 3 aprile l’Ungheria andrà al voto per rinnovare i 199 membri dell’Assemblea nazionale. Viktor Orbán, Primo ministro dal 2010, dovrà difendersi da un’opposizione unita dietro un’unica candidatura: quella di Péter Márki-Zay.
Rispetto alle elezioni del 2018 i principali partiti di opposizione sono riusciti a organizzarsi in una coalizione, aumentando le loro chances di vittoria contro Fidesz, partito nazional-conservatore e populista guidato da Orbán.
Orbán: la fine del dominio assoluto
Per la prima volta dalla sua prima vittoria nel 2010, Orbán si trova a dover gestire una sfida politica concreta e la reale minaccia di vedersi raggiunto dall’opposizione.
Negli ultimi mesi, il Primo ministro ha lanciato delle iniziative che hanno rinfrancato i consensi dei suoi elettori. Tra le più importanti troviamo l’introduzione di un tetto massimo al prezzo della benzina e del gasolio e l’introduzione di prezzi calmierati su alcuni prodotti alimentari di uso comune. Alla base della decisione di Orbán c’è la lotta all’inflazione, aumentata notevolmente negli ultimi anni, che ha colpito in maniera significativa il potere d’acquisto delle famiglie ungheresi.
D’altronde proprio la crescita dell’inflazione è uno dei problemi di cui Orbán è considerato responsabile, insieme alla lunga diatriba con l’Unione europea sullo stato di diritto che ha portato, infine, all’estrema conseguenza del congelamento dei 7,2 miliardi di euro del Recovery fund da parte di Bruxelles.
Per il resto, i temi della campagna elettorale di Fidesz sono quelli di sempre: difesa del sovranismo e strenua lotta all’immigrazione, oltre all’opposizione alla cosiddetta “propaganda LGBT” per cui è previsto un referendum proprio nello stesso giorno delle elezioni parlamentari.
Uniti per l’Ungheria: la coalizione anti-Orbàn
Péter Márki-Zay è il sindaco di Hódmezővásárhely, cittadina al sud dell’Ungheria, e il principale ostacolo alla rielezione di Orbán. La coalizione guidata da Márky-Zay è formata da sei partiti politici, i due più importanti al suo interno sono Demokratikus Koalíció (Coalizione Democratica), partito di centro-sinistra, e Jobbik, forza politica nata come populista di estrema destra e recentemente spostatasi verso un conservatorismo meno polarizzato. A completare il quadro ci sono, poi, due partiti ecologisti, il partito socialista ungherese e una forza liberale.
La composizione totalmente incoerente della coalizione lascia intendere quanto sia stato difficile trovare un accordo per dare vita a un progetto politico che sembrerebbe avere come unico punto di contatto la volontà di spodestare Orbán dalla posizione che occupa e di smantellare il sistema semi-autoritario costruito da lui negli ultimi dodici anni.
Dalla sua, la coalizione ha un candidato che potrebbe però piacere anche al classico elettorato di Fidesz. Márky-Zay, infatti, è un cattolico conservatore, indipendente sotto il punto di vista politico. Quando, nel 2018, ha vinto a sorpresa le elezioni comunali di Hódmezővásárhely, all’epoca roccaforte di Fidesz, la sua strategia politica fu molto simile a quella attuale: farsi appoggiare dal maggior numero di partiti in opposizione a quello del Primo ministro.
Anche le primarie per decretare il leader coalizione sono state vinte da Márky-Zay a sorpresa. In questo caso, la candidata alla vittoria era l’esponente dei democratici e vicepresidente del Parlamento europeo, Klara Dobrev, che aveva vinto al primo turno. Ma la decisione del sindaco di Budapest, Gergely Karácsony, di ritirarsi dal ballottaggio e appoggiare la candidatura del collega sindaco, ha di fatto aperto la strada all’elezione di Márky-Zay.
A completare il quadro dei partiti in corsa per il voto del 3 aprile, troviamo il Partito ungherese del cane a due code, forza politica satirica anti-Orbán, e il partito di estrema destra Mi Hazánk Mozgalom. Entrambe le forze sembrano destinate a non superare la soglia di sbarramento del 5%.
La sfida politica
Sembra difficile per la coalizione anti-Orbán poter vincere questa tornata elettorale. Grazie al controllo dei mass media e agli ingenti finanziamenti di cui può disporre, l’attuale Primo ministro si trova in una posizione di maggior forza rispetto a Márky-Zay, che riesce a ritagliarsi poco spazio in tv per sottoporre agli elettori il proprio programma e farsi conoscere. Ma è vero che un’opposizione a Orbán c’è ed è più forte che mai.
Un punto fondamentale sarà capire quanto del conservatorismo cattolico di Márky-Zay riuscirà ad attrarre il tradizionale elettorato di Fidesz – anziano, più povero e delle zone rurali – forte già del sostegno dei giovani, dei benestanti e delle città.
A cura di Gaia Cellante, redattrice della redazione Europa de Lo Spiegone.
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