Un nuovo anno per le Afriche

Contrassegnato dalla sua diversità, il continente africano deve affrontare sfide significative. Le trasformazioni guidate dalla crescita demografica, dall’urbanizzazione e dalle nuove tecnologie coincidono con gli effetti del cambiamento climatico, delle crisi geopolitiche e delle nuove rivalità strategiche. Molti occhi sono ora rivolti al continente, non solo a causa delle sfide di vecchia data  che le “afriche” devono affrontare, ma soprattutto per le nuove opportunità che offrono.

Alcuni “afro-ottimisti” definiscono l’Africa come la nuova frontiera della geopolitica e dell’economia mondiale, la Cina di domani o un futuro El Dorado. Altri “afro pessimisti” la vedono come la perfetta illustrazione delle “tre parche mortali” di Malthus: guerre, epidemie e carestie.

Più realisticamente, è opportuno analizzare le opportunità, i rischi e le sfide di un continente e di Stati contrastanti, in pieno fermento, che, come un vulcano, portano fertilità, creatività e vulnerabilità. L’Africa raddoppierà la sua popolazione entro il 2050 per raggiungere circa 2 miliardi di abitanti, ovvero più del 20% della popolazione mondiale, con una percentuale crescente di giovani. Ciò può, a seconda delle strategie seguite, costituire una leva per lo sviluppo oppure una bomba a orologeria. Alcune aree verranno integrate nel “sistema mondiale” mentre altre verranno emarginate.

Nelle analisi della  grande transizione che vive il continente, occorre non solo distinguere le aree geografiche che sviluppano ciascuna proprie dinamiche, ma anche gli ambiti economici, politici e geopolitici, tenendo in debita considerazione, nel contempo, le caratteristiche comuni di un continente che sta da 60 anni dentro un processo unitario discontinuo, a tratti deludente, ma che ha finito per porre le basi di una visione panafricana condivisa e destinato  a svilupparsi nel futuro.

Economia ferita ma vivace

L’Africa è il continente più vario del mondo, sia dal punto di vista climatico, ambientale, sociale e politico, sia da quello economico e demografico. Tra i 54 Stati africani ci sono certamente alcuni tratti comuni, come l’economia della rendita, i poteri politici personalizzati, il peso dei referenti identitari rispetto ad una coscienza nazionale. Alcune economie hanno registrato una forte crescita dopo l’indipendenza (Botswana, Mauritius), mentre altre sono regredite (Madagascar, Zimbabwe). Stanno emergendo alcune potenze come il Sudafrica, l’Etiopia o la Nigeria, mentre alcuni stati sono senza sbocco sul mare o in conflitto (come la Somalia,  i due Sudan o alcuni Stati del Sahel).

Secondo il rapporto 2023  della BAD (Banca Africana dello Sviluppo), la crescita media stimata del PIL reale in Africa è rallentata al 3,8% nel 2022, rispetto al 4,8% nel 2021, a fronte delle grandi sfide seguite allo shock del Covid-19 e all’invasione dell’Ucraina da parte della Russia. Nonostante questo rallentamento economico, 53 dei 54 paesi africani hanno mostrato una crescita positiva. Le cinque regioni del continente rimangono resilienti con prospettive stabili a medio termine.

Tuttavia, il rapporto invita anche a tener conto degli attuali rischi globali e regionali. Questi rischi includono l’impennata dei prezzi dei prodotti alimentari e dell’energia, l’inasprimento delle condizioni finanziarie globali e il connesso aumento dei costi del servizio del debito interno. Il cambiamento climatico – con i suoi effetti negativi sulle forniture alimentari e il potenziale rischio di un cambiamento politico nei paesi con elezioni nel 2024 – pone minacce altrettanto temibili.

Nel 2023-24, L’Africa diventerà la seconda regione a più rapida crescita al mondo dopo l’Asia, dimostrando così la continua resilienza della sua economia, nonostante i molteplici shock globali. Ma, secondo l’edizione 2023 del rapporto della Banca africana di sviluppo intitolato “Africa Economic Outlook 2023 – Mobilitare i finanziamenti del settore privato per il clima e la crescita verde”, la crescita prevista dipenderà dalle condizioni globali e dalla capacità del continente di rafforzare la propria resilienza economica.

Si prevede un consolidamento della ripresa dall’impatto della pandemia di COVID-19, con una crescita del PIL del 4,3% nel 2024, rispetto al 3,8% del 2022. Circa 22 paesi registreranno tassi di crescita superiori al 5%. Il rapporto raccomanda azioni politiche vigorose, tra cui l’incoraggiamento delle industrie verdi e la fornitura di garanzie su larga scala per ridurre i rischi associati agli investimenti del settore privato nella gestione delle ricchezze naturali del continente. Pur evidenziandone le sfide, l’African Economic Outlook 2023 si concentra principalmente sulle opportunità per mobilitare investimenti privati ​​e know-how e sfruttare il vasto capitale naturale del continente per combattere il cambiamento climatico e promuovere la transizione verso una crescita verde.

Nel 2023-2024, le  cinque economie africane con le migliori performance nel periodo pre-Covid-19 cresceranno di media oltre il 5,5% e riconquisteranno il loro posto tra le dieci economie più dinamiche del mondo. Questi paesi sono Ruanda (7,9%), Costa d’Avorio (7,1%), Benin (6,4%), Etiopia (6,0%) e Tanzania (5,6%). Ma, più in generale, anche altri paesi africani registreranno la stessa crescita: Repubblica Democratica del Congo (6,8%), Gambia (6,4%), Libia (12,9%), Mozambico (6,5%), Niger (9,6%), Senegal (9,4%) e Togo (6,3%).

Il rapporto raccomanda l’adozione di misure forti per affrontare questi rischi, che includono un mix di politiche monetarie, fiscali e strutturali, tra cui:

– un inasprimento rapido e aggressivo della politica monetaria nei paesi con elevata inflazione e un inasprimento moderato nei paesi con basse pressioni inflazionistiche. Un efficace coordinamento delle azioni fiscali e monetarie ottimizzerà i risultati degli interventi mirati, volti a controllare l’inflazione e le pressioni di bilancio.

– Rafforzare la resilienza attraverso la stimolazione del commercio intra-africano, soprattutto per quanto riguarda i manufatti, al fine di attenuare gli effetti della volatilità dei prezzi delle materie prime sulle economie.

– Accelerare le riforme strutturali per rafforzare la capacità dell’amministrazione fiscale e investire nella digitalizzazione e nella governance elettronica per migliorare la trasparenza, ridurre i flussi finanziari illeciti e aumentare la mobilitazione delle risorse nazionali.

– Migliorare la governance istituzionale e adottare politiche in grado di mobilitare i finanziamenti del settore privato, in particolare nel contesto di progetti completamente nuovi, resistenti ai cambiamenti climatici e alle pandemie, e mobilitare le risorse dell’Africa per uno sviluppo inclusivo e sostenibile.

– Adottare azioni decisive per ridurre i deficit di bilancio strutturali e l’accumulo di debito pubblico nei paesi ad alto rischio di difficoltà debitoria o già in una situazione di difficoltà debitoria.

Questo rapporto evidenzia, inoltre, l’importante ruolo dell’immensa ricchezza naturale dell’Africa e sottolinea l’urgenza di accelerare l’azione per il clima e le transizioni verdi al fine di guidare lo sviluppo inclusivo e sostenibile del continente.

Crescita economica senza sviluppo

Tuttavia, l’attuale mancanza di  crescita economica ha contribuito a ridurre le disuguaglianze solo in modo limitato, e questo solo in un terzo dei paesi della regione. In tal modo, anche a causa della forte crescita demografica, circa un terzo della popolazione continua a vivere in estrema povertà. Attualmente, il 70% dei poveri del pianeta vive in Africa. Inoltre, i progressi compiuti in questi ultimi anni sono stati in parte minacciati dalla pandemia di COVID-19. Quest’ultima, infatti, ha già portato ad un netto calo dei trasferimenti di fondi della diaspora, una manna essenziale per molte persone. Nel 2019, questi pagamenti sono stati complessivamente più di 48 miliardi di dollari, circa l’equivalente dei fondi pubblici e globali destinati agli aiuti allo sviluppo nel continente.

Inoltre, quasi il 90% dei posti di lavoro esistenti in Africa sub-sahariana rientrano nel settore informale. Anche al di fuori dell’agricoltura – che rimane il settore dominante –, questo tasso supera il 75%. La regione soffre anche di carenza di posti di lavoro e mancanza di prospettive per i giovani. Tuttavia, è solo sviluppando il settore formale che  sarà possibile includere i più giovani, aumentare la base imponibile e garantire un’assicurazione sociale, favorendo così l’emergere di una classe media con un certo potere d’acquisto.

L’innovazione è un importante motore di crescita anche in Africa,  dove vive un’imprenditorialità giovane e dinamica, che investe in start up e incubatori. Un altro potenziale motore di crescita risiede nella sua ricchezza di materie prime. La dipendenza da quest’ultimo, però, comporta anche dei rischi, legati alla fragilità del settore di fronte agli shock dei fattori esterni, nonché al debito e alla corruzione. Anche la ricchezza delle materie prime contribuisce solo debolmente alla prosperità della popolazione e rappresenta, seppur parzialmente, un ostacolo alla diversificazione economica. Tuttavia, questa diversificazione è essenziale per lo sviluppo di un’economia sostenibile.

Proprio l’impoverimento di massa, nonostante statistiche ottimiste, merita una profonda analisi per le ripercussioni che ha sui processi politici e geopolitici. Occorre, a nostro avviso,  archiviare gli entusiasmi esagerati dei processi di democratizzazione che non hanno portato democrazia ma “democrature” pressoché’ ovunque, persino in Senegal, una volta vetrina di democrazia. Organizzare elezioni, avere formali istituzioni scimmiottate da modelli extra africani, imitare modelli autocratici cinesi o russi, non rispettare la libertà di stampa, rendere eterna la permanenza al potere, mettere la museruola agli oppositori, clochardizzare un intero popolo nelle città e nelle campagne non significa democratizzare l’Africa.

Trentaquattro anni d’inganno democratico (1990-2024) devono cessare. E, nella loro complessità e ambiguità, i colpi di stato evidenziano la stanchezza e la delusione dei popoli nei confronti di questa parodia di democrazia dell’uomo solo al comando. Si riparta da zero con l’affermazione solenne che non c’è democrazia senza l’accesso di tutti ai beni essenziali. Basic needs are basic rights deve diventare il motto dei processi della nuova democratizzazione del continente. E questa scelta la devono fare gli africani, senza l’alibi del cattivo colonizzatore che opprime. La democrazia, prima ridà la vita alla maggioranza, poi cerca le vie istituzionali per la partecipazione e la gestione del potere. Solo a partire da questo si potranno capire le dinamiche politiche e geopolitiche in corso nel continente e che saranno oggetto della nostra attenzione nelle prossime edizioni dell’Africa che verrà nel 2024.

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