L’Africa e la diplomazia dei summit

Da quando, nel marzo 2020, l’Unione europea (Ue) ha pubblicato la sua proposta di “Nuova strategia complessiva con l’Africa”, si è fatto riferimento al sesto summit Unione europea-Unione africana (Ue-Ua), da tenersi a Bruxelles nell’autunno dello stesso anno, come momento topico per la ridefinizione del partenariato tra i due continenti.

La diplomazia torna al lavoro

All’inizio del 2020, nel quadro dell’elaborazione del partenariato, la Commissione europea aveva portato alla sede dell’Unione africana (Ua) di Addis Abeba la delegazione di commissari europei più grande di sempre, manifestando l’investimento su tale prospettiva. Tre anni dopo il vertice di Abidjan, l’attenzione mostrata nei confronti del summit a venire testimoniava la centralità dell’Africa nella strategia politica della Commissione europea, ma anche l’importanza attribuita a questo tipo di incontro, che riunisce personalità di alto profilo in momenti di alta valenza sia diplomatica che simbolica.

La pandemia da Covid-19 ha imposto una battuta d’arresto a questo processo, con il rinvio del summit fino a febbraio 2022; tuttavia l’attenzione su di esso è rimasta alta, e inframmezzata dal vertice ministeriale Ue-Ua tenutosi a Kigali a novembre 2021. Anche i summit Turchia-Africa e quello con gli Stati arabi, inizialmente previsti per il 2020, sono stati rinviati a causa della pandemia. Queste sospensioni appaiono comunque solo come intoppi in uno scenario che negli ultimi anni è stato caratterizzato da una ricca agenda di incontri internazionali tra Paesi africani e partner internazionali.

La fine del 2021 ha visto la macchina dei summit riprendere il ritmo con due incontri di alto profilo: l’ottavo Forum Cina-Africa (Forum on China-Africa Cooperation – FOCAC) a Dakar, a novembre, e il terzo Summit Turchia-Africa a Istanbul, a dicembre. I prossimi mesi non si prospettano meno intensi: il summit di Bruxelles apre un’ampia serie di incontri tra capi di governo africani e partner internazionali, dalla Russia agli Stati Uniti, dal Giappone all’Arabia Saudita.

L’Africa protagonista più di prima

I summit di alto livello con partner internazionali non sono una novità nelle relazioni esterne del continente. Il formato di incontri con capi di stato da tenersi a cadenza regolare è stato inaugurato dalla Francia nel 1973 con il Sommet France-Afrique, inizialmente limitato ai Paesi francofoni e poi esteso a tutto il continente. Nel 1993 il Giappone ha formalizzato la Tokyo International Conference on African Development (TICAD), presto seguita dal Forum Cina-Africa (FOCAC) nel 2000. Nel 2008 anche l’India e la Turchia hanno formalizzato le loro relazioni con il continente, istituendo rispettivamente l’India-Africa Forum Summit (IAFS) e il Turkey-Africa Summit. Due anni dopo si è tenuto a Sirte il summit con gli Stati arabi, per la prima volta dalla prima edizione al Cairo nel 1977. L’Ue ha inaugurato il suo primo vertice con l’Africa nel 2000 al Cairo, ma alcuni Stati europei hanno anche istituito iniziative nazionali.

A parte il vertice francese, ribattezzato nel 2010 Sommet Afrique-France, negli ultimi anni sempre più Paesi europei hanno intrapreso iniziative simili, anche se solo occasionalmente a livello di capi di governo. Roma ha ospitato la Conferenza ministeriale Italia-Africa nel 2016, 2018 e 2021, l’Ungheria ha tenuto il Budapest Africa Forum (2013, 2015, 2018), mentre nel 2017 la Germania ha fatto dell’iniziativa ad hoc Compact with Africa un punto centrale della sua presidenza del G20. Negli ultimi anni si è vista dunque una proliferazione di vertici che ha coinvolto capi di stato, ministri, ma anche il mondo del business e la società civile.

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Come evidenzia la figura 1, se si considerano solo quelli che coinvolgono capi di governo, negli anni ’90 si sono tenuti sette summit; tra il 2000 e il 2009, questi erano raddoppiati, con l’avvio di incontri con Pechino, Bruxelles, Istanbul e Nuova Delhi. Tra il 2010 e il 2019 il numero era salito a venti, con l’entrata in campo di nuovi attori: non solo la ripresa del summit con gli Stati arabi, ma anche il summit US-Africa Leaders del 2014 e quello russo di Sochi del 2019. Di questi ultimi si è tenuta finora una sola edizione, ma entrambi saranno ripetuti nel 2022. Nel giro di tre decenni, dunque, incontri di alto livello tra Paesi africani e una potenza esterna sono quasi triplicati, e dopo la breve sospensione del 2020, sono destinati ad aumentare.

Partenariati a geometrie variabili

Se il Covid-19 ha avuto un pesante impatto sulle economie africane, uno sguardo al calendario dei prossimi eventi suggerisce un’Africa tutt’altro che isolata nel contesto internazionale. Le tendenze strutturali che hanno caratterizzato l’ultimo decennio continuano a segnarne positivamente l’immagine, nonostante le incertezze dettate dallo shock economico causato dalla pandemia, dai problemi di sicurezza nel Sahel e nel Corno d’Africa, e dalla recente ondata di colpi di stato. L’interesse degli attori internazionali verso il continente è visibile anche nell’inaugurazione, o nel rafforzamento, della loro presenza diplomatica. Ne è un chiaro esempio la Turchia, le cui ambasciate sono passate in vent’anni da 12 a 43, ma anche gli Stati del Golfo (primo fra tutti il Qatar), il Giappone, il Brasile, l’India e vari Paesi europei, mentre anche la Cina ha consolidato la sua presenza in Africa.

In un contesto di concorrenza sempre più agguerrita, i summit sono l’occasione per i partner di mostrare i loro vantaggi competitivi, chiarire le loro priorità e i valori fondamentali della loro politica estera: dal messaggio di superamento della logica della dipendenza verso un “partenariato tra pari” proposto dall’Ue, all’approccio pragmatico della Cina basato sulla non interferenza, passando per nuovi attori come la Turchia, che si presenta come alternativa ai partner tradizionali del continente.

Dal punto di vista africano, questo scenario offre un maggiore spazio di manovra, permettendo ai governi di attirare investimenti esteri e possibilità di cooperazione economica, diversificare partner e fonti di finanziamento, diminuire la dipendenza dai donatori tradizionali e ridurre il rischio di isolamento politico. Ciò si riflette anche nella capacità di questi eventi di attrarre un numero significativo di capi di stato, a volte maggiore della partecipazione alla stessa Assemblea Generale delle Nazioni Unite.

La salute al centro dell’agenda internazionale

Un esempio particolarmente attuale di come i summit siano catalizzatori di impegni finanziari da parte di potenze esterne è dato dalle promesse fatte sulle donazioni di vaccini. In un contesto in cui solo l’11% della popolazione africana è completamente vaccinata, la salute è diventata un argomento centrale nelle agende dei summit recenti. Nel vertice di Istanbul, il presidente Recep Tayyip Erdogan ha promesso la donazione di 15 milioni di dosi nei prossimi mesi, definendo la mancanza di accesso ai vaccini in Africa “una vergogna per l’umanità”. Nel recente FOCAC, Pechino ha fatto promesse ambiziose sul fronte sanitario, tra cui la fornitura di un ulteriore miliardo di dosi. La salute e la produzione di vaccini sono in agenda anche al summit di Bruxelles.

La pandemia ha posto ulteriori sfide ai Paesi di entrambi i continenti, imponendo una ricalibrazione delle priorità del partenariato verso la salute, la lotta alla povertà e la ripresa economica. In un contesto di competizione geopolitica che presenta al continente africano opportunità di partenariato diversificate, il summit arriva quindi in un momento in cui l’Europa è invitata a riaffermare il valore aggiunto di un allineamento su scala globale tra i “twin continents” attraverso iniziative concrete.

Nel 2022, il summit Ue-Ua sarà seguito dal US-Africa Leaders summit, destinato a invertire la posizione defilata nei confronti dell’Africa che ha caratterizzato l’amministrazione Trump, dal summit con la Russia (forse in ottobre-novembre), per il quale il ministro degli esteri Sergej Lavrov ha promesso “proposte concrete“, dal TICAD in Tunisia e dal summit saudita: questa serie di eventi darà nei prossimi mesi una panoramica di come attori internazionali consolidati ed emergenti si collocano in uno scenario africano in evoluzione.

Foto di copertina EPA/LEGNAN KOULA

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