Un tribunale speciale per l’Ucraina

Era stato già il presidente ucraino Zelensky a promuovere l’idea di costituire un Tribunale speciale per l’Ucraina, che ora è stata rilanciata dalla Presidente della Commissione europea von der Leyen, e formalizzata in una iniziativa ufficiale dell’esecutivo europeo.

Si discute sulla valutazione “politica” della scelta, perché secondo diverse analisi non sarebbe questo il momento di prospettare l’avvio di processi internazionali, visto che si sta cercando con fatica di promuovere i negoziati. Sebbene susciti un grave sconcerto, una visione realistica della situazione non può che prendere atto delle difficoltà attuali di un percorso diplomatico per giungere alla pace o a un cessate il fuoco.

Sono troppe le distanze tra gli attori in causa: Putin  pretende ancora l’annessione dei territori occupati, incluse di quelle aree ora riconquistate dagli ucraini, mentre Zelensky è sostenuto da una popolazione che, sebbene fiaccata dai bombardamenti, è animata da un forte sentimento nazionale che rivendica i territori perduti e ora guarda persino alla Crimea, che pure i russi davano acquisita per fatto compiuto dall’occupazione del 2014.

Tra gli Stati che nell’Unione Europea si sentono più vicini all’Ucraina è quindi prevalsa la prospettiva opposta: proprio perché c’è l’ostacolo oggettivo per l’avvio dei negoziati è necessario puntellare con maggiore determinazione la pressione sull’aggressore russo, non solo sostenendo con l’aiuto armato l’Ucraina, ma anche con tutti gli altri strumenti consentiti: dal sistema delle sanzioni alla riprovazione e all’isolamento internazionale, ricorrendo pure alla giustizia penale internazionale.

Le iniziative europee

Il mese scorso è stato innanzitutto il Parlamento europeo a promuovere la risoluzione 2022/2896 del 23 novembre 2022, che ha riconosciuto la Federazione russa “come Stato sostenitore del terrorismo”. Il documento richiama la “guerra di aggressione illegale, non provocata e ingiustificata contro l’Ucraina” e le esecuzioni sommarie, i rapimenti, le violenze sessuali, torture e altre atrocità, tra cui i massacri di civili a Bucha, Irpin, Izium e Lyman, l’attacco al teatro di Mariupol che ha ucciso centinaia di persone, e alla stazione ferroviaria di Kramatorsk, che ha causato 60 vittime civili.

La risoluzione menziona 40 mila crimini di guerra sinora documentati, e la replica nei campi di detenzione dei trattamenti disumani praticati nel “famigerato del carcere di Izolyatsi a Doneck”. Si passa poi alle terribili conseguenze dei bombardamenti russi: l’Ucraina è stata bombardata per 24 mila volte, anche dalla Bielorussia; sono state distrutte 60.982 infrastrutture civili, tra cui 42.818 edifici e abitazioni residenziali, 1.960 istituti scolastici, 396 strutture mediche, 392 edifici culturali, 87 edifici religiosi e 5.315 infrastrutture idriche ed elettriche.

La risoluzione accusa la Russia di essere la “responsabile della crisi mondiale della sicurezza alimentare” e si conclude con un impegno comune a definire anche un più preciso quadro giuridico per perseguire il “terrorismo di Stato” della Russia, praticato anche ai danni della sua popolazione. Il Parlamento europeo ha poi voluto commemorare simbolicamente la giornata del 23 ottobre dedicata alla ricorrenza dell’Holodomor, la carestia imposta dalle politiche di Stalin negli anni 1932-1933 che si rilevò un vero e proprio sterminio per fame di quattro milioni di contadini. Significativa è stata la contestuale decisione di avvalersi delle ultime ricostruzioni storiche per riconoscere l’Holodomor come “genocidio”, così come già decretato dal Parlamento tedesco, un’iniziativa che vale anche come monito per la Russia di oggi che sta replicando un’altra infamia sugli ucraini.

Perché un nuovo tribunale

È questo dunque il contesto in cui va inquadrata l’iniziativa della Commissione europea di istituire un Tribunale speciale per l’Ucraina, proposta che peraltro è annunciata insieme a quella di costituire una struttura di gestione dei 319 miliardi di euro già congelati alla Banca centrale russa e agli oligarchi russi per indennizzare, almeno in parte, il governo ucraino.

Sulla questione del Tribunale speciale alcuni giuristi hanno manifestato la preoccupazione che l’istituzione di un nuovo Tribunale speciale per l’Ucraina possa non garantire i principi di imparzialità e indipendenza, e confliggere con il percorso compiuto dall’approvazione dello Statuto di Roma del 1998 con l’istituzione della Corte penale internazionale (Cpi). Peraltro il procuratore della Corte penale dell’Aja dalle prime fasi della guerra si è mosso con fermezza, disponendo l’invio di team investigativi in Ucraina e allacciando anche una efficace cooperazione con le autorità giudiziarie ucraine, ma anche con Eurojust e le varie procure europee, specie per assicurare la fase decisiva della raccolta delle prove.

La proposta di istituire un Tribunale speciale per l’Ucraina ha tuttavia un senso perché Kyiv ha accettato la giurisdizione della Cpi per i crimini di guerra, contro l’umanità, e il genocidio, ma non lo ha ancora fatto per il crimine di aggressione, l’attacco alla sovranità territoriale di uno Stato compiuto al difuori delle ipotesi della self-defence e in violazione dei principi della Carta delle Nazioni Unite. Inoltre, la Russia non è parte dello Statuto di Roma ed esercitando il potere di veto nel Consiglio di Sicurezza delle Nazioni Unite può ostacolare una sua Risoluzione che disponga l’avvio di una indagine della Corte penale internazionale.

Il ruolo della Corte penale internazionale

Il documento della Commissione chiarisce ora il contesto dell’iniziativa, che non si contrappone affatto alla giurisdizione della Corte penale internazionale. Infatti Bruxelles precisa che “sostiene pienamente la Cpi nelle sue indagini sui crimini di guerra e sui crimini contro l’umanità”, e si dichiara pronta a collaborare con la istituzione di un tribunale internazionale ad hoc o un tribunale specializzato “ibrido” al fine di “perseguire il crimine di aggressione della Russia”, indicando peraltro che “è un crimine commesso dai più alti dirigenti politici e militari”.

Suggerisce perciò in questa fase due modelli: un tribunale internazionale speciale indipendente basato su un trattato multilaterale, o un tribunale specializzato in un sistema giudiziario nazionale integrato con giudici internazionali, un tribunale ibrido. La soluzione quindi può includere anche un ruolo di supporto, cooperazione  e integrazione dei team investigativi e giudicanti della Corte penale internazionale.

In altri termini, il modello che i giuristi europei potrebbero mettere a fuoco è quello di sostenere una risoluzione stavolta dell’Assemblea generale delle Nazioni Unite o un accordo tra Unione Europea, Ucraina e Cpi, aperto anche alla sottoscrizione di altri attori della comunità internazionale. Di fatto si rafforzerebbero i principi istitutivi della Corte penale internazionale perché in tal modo si potrà assicurare un quadro di legalità e di effettività della giurisdizione penale internazionale per tutte le violazioni sancite dallo Statuto di Roma, incluso il crimine di aggressione.

Quanto al rilievo effettivo che questa decisione potrà avere sulla Russia, basta rifarsi ai resoconti sui talk show moscoviti dove opinionisti molto popolari come Olga Skabeyeva continuano a incitare alla guerra: “Se il nostro paese non riuscirà a vincere, allora ognuno di noi russi rischierà di finire all’Aja. Tutti saremo colpevoli”. Ed è probabile che le aule del Tribunale di Norimberga e della Corte penale internazionale, con le celle di Scheveningen dove sono stati reclusi i criminali di guerra della ex Jugoslavia Milošević e Karadžić, comincino a far parte degli incubi notturni di Putin e dei suoi generali.

Foto di copertina EPA/STEPHANIE LECOCQ

Ultime pubblicazioni