Gli Stati Uniti rivoluzionano il corpo dei Marine

Il confronto a tutto campo tra Cina e Stati Uniti si gioca anche e molto nel dominio marittimo, in particolare nell’Indo-Pacifico. È quindi interessante anche in questa chiave la trasformazione del corpo dei marine avviata negli ultimi anni, denominata Force Design 2030. L’obiettivo di questo processo è quello di rivoluzionare interamente gli assetti, la dottrina e il concetto operativo del Corpo dei Marine, in vista proprio di possibili impieghi futuri nello scenario dell’Indo-Pacifico.

Una forza armata duttile

Non è la prima volta nella loro storia che i Marine vanno incontro a una trasformazione radicale. Fondati ai tempi della Guerra d’Indipendenza come fanti di marina nelle disponibilità della Continental Navy, il corpo si è rapidamente espanso e ha preso parte alle maggiori operazioni anfibie della storia militare degli Stati Uniti, da Guadalcanal alla Corea. Bisogna infatti ricordare che i Marine rappresentano una delle sei, distintine, forze armate degli USA. 

Dalla Guerra del Vietnam in poi, i Marine hanno sviluppato una nuova dottrina operativa, divenendo capaci di operare in autonomia sui tre domini convenzionali tra cui, principalmente, quello terrestre. Le due Guerre del Golfo, in particolare, videro il Corpo operare come una forza di terra per offensive in profondità nel territorio nemico, mediante l’imponente utilizzo di unità corazzate. 

Nel più ampio contesto della Global War on Terror, i Marine hanno rappresentato quella forza d’azione rapida capace di essere impiegata velocemente, massicciamente ed efficacemente in ogni angolo del mondo per proteggere gli interessi americani. Oggi, con il progressivo ritiro militare degli Stati Uniti dallo scacchiere mediorentale, il Corpo dei Marine si appresta a subire un’ulteriore trasformazione che ha il sapore di un parziale ritorno alle origini. 

Il pivot to Asia dei Marine

L’attuale, imponente processo di trasformazione del corpo dei Marine si colloca nel più ampio riposizionamento statunitense nei confronti della Repubblica Popolare Cinese, iniziato dall’amministrazione Obama con il “Pivot to Asia” e continuato in toni diversi ma con sostanziale continuità dai presidenti Trump e Biden. 

Semmai la competizione geopolitica tra le due potenze mondiali dovesse spostarsi dal piano economico a quello militare, la prima linea dello scontro non sarebbero né le coste della California, né il territorio continentale cinese, bensì le acque dei Mari Orientale e Meridionale cinesi. Questo teatro operativo, cuore dell’Indo-Pacifico, vede la presenza fissa della Settima Flotta USA, distribuita tra le basi in Giappone e sull’isola di Guam, oltre ai sempre più numerosi contingenti negli Stati partner come Corea del Sud e Filippine

Poter disporre di una forza anfibia pienamente integrata con la flotta in loco e in grado di condurre operazioni multi-dominio, potrebbe sbilanciare fortemente gli equilibri di uno scontro in queste acque in favore degli Stati Uniti, anche a fronte di una marina cinese in costante aggiornamento ed espansione.

Scenari di combattimento nell’Indo-Pacifico

Il Force Design 2030, attualmente in corso, prevede di portare nuovamente il Corpo dei Marine ad essere impiegato in contesti marittimi, caratterizzati da spazi litoranei, atolli, arcipelaghi e specchi d’acqua contesi, nonché a rimpiazzare la quasi totalità degli assetti attuali. La nuova forza non disporrà infatti di unità pesanti come i carri armati, preferendo invece mezzi scarsamente blindati ma caratterizzati da ampia mobilità, autonomia e spiccate capacità anfibie. Inoltre, sia il numero che la consistenza dei battaglioni a disposizione verranno ridotti per incrementare le capacità di schieramento e spostamento rapido sul campo. 

Concettualmente, da forza autonoma pensata per penetrazioni in profondità dall’esterno della zona contesa, i Marine dovranno ora configurarsi come “Stand-In Force” capace di trovarsi da subito all’interno della zona contesa per condurre attacchi “mordi e fuggi” e operazioni di supporto alla Marina in contesti anfibi.

La struttura operativa privilegiata sarà composta da Marine Littoral Regiments,  composti da un massimo di 2000 unità. Queste formazioni dovranno essere in grado di operare in stretta sinergia con le altre forze armate (Marina in primis) in ottica di operazioni multi-dominio  volte ad azioni offensive o di interdizione d’area. Pensata per contesti geografici caratterizzati da isolotti e piccole formazioni terrestri su teatri marittimi, la dottrina di combattimento prevede Operazioni con Basi Avanzate di Spedizione per offrire supporto alle operazioni navali e Operazioni Distribuite su più obiettivi contemporaneamente per disorientare il nemico, fornire fuoco di copertura, ridurre la propria rilevabilità e condurre attacchi di precisione da più direzioni.

Navi anfibie leggere e droni per una “cavalleria marittima”

Per quanto riguarda assetti ed equipaggiamento, oltre ai sopracitati mezzi di trasporto medi, sono previste anche navi anfibie leggere per spostamenti rapidi coast-to-coast e sbarchi in aree litoranee contese, e assetti-soldato leggeri ma altamente efficienti. Risulta probabile, a seguito delle lezioni apprese sui campi dell’Ucraina, che tali assetti comprenderanno anche dispositivi antiaerei spalleggiabili e sistemi per il lancio di droni kamikaze. 

La componente Unmanned sarà infatti parte integrante della dottrina operativa del nuovo Corpo dei Marine. Oltre all’impiego di piccoli droni con scarsa tracciabilità radar, dediti alla ricognizione e al collegamento satellitare, è previsto l’utilizzo di veicoli medio-pesanti a pilotaggio remoto: è il caso del sistema NMESIS, un sistema missilistico anti-nave su ruote e totalmente unmanned, pensato per colpire navi nemiche da terra per poi ripararsi rapidamente all’interno della zona costiera. 

La conformazione finale che i Marine raggiungeranno, secondo alcuni analisti americani, rassomiglierà a quella di una “cavalleria marittima”, con grande mobilità e capacità di manovra, pronta a colpire (o interdire) velocemente e duramente lo schieramento nemico nelle zone marittime contese, specialmente se caratterizzate dalla presenza di anche piccolissimi rilievi terrestri.

In conclusione, la trasformazione del corpo dei marines attua e sostanzia a livello operativo, dottrinale e di capacità militari, il riposizionamento strategico degli Stati Uniti verso la Cina, a scapito di altri scenari come il Mediterraneo allargato.

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