Soccorso in mare: manca un patto europeo sul sistema Sar

Italia, Cipro, Grecia e Malta hanno assunto una posizione comune su immigrazione e asilo che riguarda anche il ruolo delle ong nel soccorso in mare (Sar – Search and rescue) e la responsabilità degli Stati di bandiera sul loro operato. La dichiarazione congiunta sembra andare verso il coordinamento delle operazioni Sar, sinora assente. C’è da chiedersi perché la Spagna non vi abbia aderito. Potrebbero realizzarsi le condizioni per un patto Sar mediterraneo, che aggreghi il consenso europeo su un tema sinora eluso da Bruxelles.

Ricerche in mare e responsabilità: la storia infinita

I migranti irregolari approdati in Italia negli ultimi trent’anni raggiungono il milione. Tra questi una gran parte è stata soccorsa in mare, venendo poi condotta nel nostro Paese in un “luogo sicuro” (il luogo dove la vita ed i diritti delle persone salvate siano tutelate, secondo i principi stabiliti in specifiche convenzioni internazionali).

Al di là di ogni polemica, può parlarsi a buon diritto di ruolo titanico dell’Italia nel Sar mediterraneo per fronteggiare esodi che, nel periodo 2013-2019, hanno assunto aspetti epocali. In ogni caso, le statistiche sono da mettersi in relazione coi nostri recenti cambi di Governo e con le altalenanti politiche verso la Libia evidenziate dagli accordi degli esecutivi di Berlusconi (2008) e Gentiloni (2017).

In questo quadro, si inseriscono due fatti distinti ma correlati. Da un lato, l’adozione dall’Italia, in forma autonoma e non coordinata con la Ue, di politiche di respingimento in mare (casi Albania 1997 e Libia 2009) cui sono seguiti, come una sorta di pentimento collettivo, periodi di grande impegno nel Sar. Dall’altro, assunzione da parte delle Ong di un ruolo di sussidiarietà nel soccorso in mare rispetto a quello del servizio pubblico (vds. audizione del Procuratore Zuccaro alla Commissione  Schengen).

Norme ambigue sul sistema Sar

È noto che il sistema del Sar, disciplinato dalla Convenzione delle Onu sul diritto del mare (Unclos), da quella di Amburgo del 1979 e dalla Solas (Safety of life at sea),  mal si adatta al salvataggio dei migranti in mare il cui regime riguarda anche protezione dei diritti umani e riconoscimento dello status di rifugiato.

Nonostante i principi del luogo sicuro configurino un obbligo di far sbarcare i migranti al termine di un salvataggio, non è possibile ipotizzare, dal punto di vista del diritto internazionale, che esista un diritto di ingresso dei migranti in un porto estero.

Quanto al ruolo delle ong, i nodi riguardano sia l’assunzione del coordinamento del loro operato da un’autorità Sar, sia i poteri demandati dall’Unclos agli Stati di bandiera su tutte le attività delle navi iscritte nei loro registri e quindi anche in questa forma di “Sar sistematico”.

L’impegno comune senza Madrid

Con la loro dichiarazione congiunta Italia, Cipro, Grecia e Malta concordano ora su un impegno comune nei confronti delle ong “che agiscono in totale autonomia rispetto alle autorità statali competenti” ed il cui modus operandi “non è in linea con lo spirito della cornice giuridica internazionale sulle operazioni di search and rescue, che dovrebbe essere rispettata. Ogni Stato deve effettivamente esercitare la giurisdizione e il controllo sulle navi battenti la propria bandiera”.

Rilevante è anche che i quattro Paesi ritengano necessaria una “discussione seria su come coordinare meglio queste operazioni nel Mediterraneo“. Ritorna così di attualità il monito di David Sassoli: “a pensare ad un’azione comune dell’Unione europea nel Mediterraneo per salvare le persone, un’azione che tolga terreno ai trafficanti. Occorre un meccanismo europeo di ricerca e salvataggio in mare“.

La speranza è quindi di europeizzare finalmente le questioni del Sar e delle ong. La risposta francese non pare al momento favorevole. Ma lascia anche perplessi il fatto che la Spagna non abbia aderito all’iniziativa dei Quattro. Questo si spiega se si pensa alla volontà di Madrid di mantenere un profilo autonomo rispetto all’Italia – che le assicuri i favori di Parigi – sulla base delle sue consolidate e non contestate politiche di contenimento dei flussi verso le Canarie provenienti da Mauritania, Senegal e Marocco.

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