Pubblichiamo dei passaggi della rassegna stampa settimanale sull’Africa, curata da Jean-Léonard Touadi per RadioRadicale. È possibile ascoltare il podcast dal sito dell’emittente. Clicca qui per ascoltare
Malgrado la sua distanza geografica dall’Ucraina e dalla Russia, il continente africano è il primo a risentire del conflitto in corso. Insicurezza alimentare, inflazione ed esportazione di gas sono alcuni degli aspetti principali che questa rassegna del 12 marzo affronta nel dettaglio.
L’insicurezza alimentare dell’Africa
Andando oltre le conseguenze più evidenti del conflitto russo-ucraino, l’articolo scritto da Giuseppe Cavallini per Nigrizia ci permette di tener conto anche delle ripercussioni della guerra e delle conseguenti sanzioni occidentali alla Russia sulle economie e sulla sicurezza alimentare in Africa. Gli ultimi eventi legati al conflitto “hanno fatto impennare i prezzi dei cereali e dell’olio, cosa che potrebbe portare a condizioni di fame in gran parte dell’Africa e in vari casi portare in strada la popolazione esasperata”. Citando l’analista del South African Institute of International Affairs (SAIIA), Steven Gruzd, l’articolo di Nigrizia continua ritenendo “che l’insicurezza alimentare avrà conseguenze molto gravi a causa del conflitto in corso, considerato che la Russia è il maggiore esportatore di grano in Africa e l’Ucraina è al quinto posto. I paesi del Nordafrica, tra cui l’Egitto, il maggior partner commerciale della Russia, risentiranno maggiormente l’impatto delle sanzioni imposte a Mosca”. A causa delle sanzioni dell’Unione europea “Mosca ha già pianificato un’espansione delle operazioni commerciali in Africa, in cambio di prodotti quali frutta, tè e caffè”, è quanto dichiarato dal vicepresidente della Camera di commercio e dell’industria della Russia.
Tuttavia, Mosca non è l’unico attore con interessi economici, finanziari e politici in Africa. L’articolo di Nigrizia prosegue infatti offrendo un’analisi del ruolo della Cina, “la quale, dal canto suo, è ormai operativa in tutto il continente per mezzo di investimenti in infrastrutture di vario genere, prestiti e contratti commerciali. Secondo il già citato Steven Gruzd, l’ammontare del commercio cinese con l’Africa è già oltre dieci volte superiore a quello russo e in caso di ulteriore riduzione dei rifornimenti dalla Russia, la Cina sarebbe la nazione favorita nel rimpiazzare Mosca. C’è però tra gli economisti sudafricani chi sostiene che, più che la Cina, saranno l’Unione europea, gli Stati uniti e il Canada i meglio piazzati per soddisfare la necessità di grano e olio, in quanto la potenza asiatica non produce cereali e olio a sufficienza per coprire il fabbisogno dell’Africa, dato che – pur essendo tra i maggiori produttori di cereali – gran parte di quanto raccolto va a coprire il fabbisogno interno”.
Sempre connesso all’insicurezza alimentare che colpisce il continente africano è qui necessario citare l’allarme lanciato da OXFAM nel febbraio 2022, che spiega come in Africa ogni minuto muoiano di fame sei persone. Questo appello, lanciato prima del Summit dell’Unione africana in Etiopia, vuole ricordare “che in Africa 1 persona su 5 – 282 milioni di abitanti – soffre di denutrizione e 93 milioni di persone in 36 paesi rimangono letteralmente senza cibo”. In un continente già colpito da conflitti, cambiamenti climatici e “che continua ad essere depredato di ogni ricchezza, livelli di disuguaglianza sempre più estremi stanno lasciando in povertà intere generazioni di giovani africani, portando le economie nazionali verso livelli di indebitamento sempre più alti”, scrive OXFAM.
In particolare, il Corno d’Africa è interessato “da una delle più gravi siccità degli ultimi 40 anni, dopo tre stagioni senza pioggia, a cui si sommano i conflitti in corso in Etiopia e in Somalia e per cui un totale di quasi 15 milioni di persone stanno restando senza cibo e acqua. In Africa occidentale, il numero di persone che dipendono dagli aiuti umanitari per sopravvivere, potrebbe salire quest’anno a 35,7 milioni, soprattutto durante la stagione secca che va da giugno ad agosto. Infine, in Africa meridionale, la popolazione dello Zimbabwe meridionale, del Lesotho, del Mozambico, del Malawi e del Madagascar sta lottando per resistere all’impatto combinato di eventi climatici sempre più estremi e della pandemia”.
L’inflazione sta tornando
Ce lo spiega un articolo di Jeune Afrique scritto da Estelle Maussion, secondo cui “il prezzo della maggioranza dei prodotti agricoli di base sta crescendo velocemente, mettendo sotto pressione gli stati, i consumatori e il settore privato africano, soprattutto laddove nessuna soluzione a breve termine sembra ancora soddisfacente. Questa impennata inflazionistica, che ha portato molti a protestare contro il carovita, fa parte di una tendenza globale (+28% in un anno per i prezzi dei prodotti alimentari, secondo gli ultimi dati FAO) e sebbene non sia la prima a colpire il continente, si sta verificando in un difficile contesto di ripresa post-pandemia che dovrebbe durare, secondo gli osservatori, fino al 2022”.
La Direttrice del Fondo Monetario Internazionale (FMI), Kristalina Georgieva, è tornata sulle conseguenze dell’invasione russa in Ucraina sulle economie africane. Un altro articolo di Jeune Afrique riporta le sue parole, secondo cui “l’Africa è particolarmente vulnerabile agli impatti della guerra in Ucraina attraverso quattro canali principali: prezzi alimentari e prezzi del carburante più alti, minori entrate dal turismo e potenziali maggiori difficoltà di accesso ai mercati internazionali dei capitali”. L’articolo di Joël Té-Léssia Assoko riferisce inoltre che “il FMI è pronto ad aiutare i paesi africani a far fronte alle conseguenze della guerra e a progettare e attuare le riforme attraverso consulenze politiche, sviluppo delle capacità e prestiti”.
Gas africano: un’opportunità per il continente
Mentre insicurezza alimentare e instabilità politica in Africa sono identificate come i principali risultati e conseguenze dell’invasione russa in Ucraina, molti analisti vedono in questa crisi un’opportunità per i paesi africani ricchi di petrolio e gas per rappresentare un’alternativa alle forniture russe. Secondo un articolo di Al Jazeera, scritto da Festus Iyorah, “i paesi europei faranno di tutto per trovare una rete alternativa di rifornimento”. Considerata l’impossibilità di Qatar e dei paesi esportatori di gas (GEFC) di fornire una quantità considerevole di gas all’Europa in sostituzione di quello russo, “si è così acceso un dibattuto sulla possibilità per i paesi africani, che detengono alcuni tra i più importanti giacimenti di gas del mondo, di potersi fare avanti per riempire il vacuum, rispondendo a una domanda annua di 150-190 miliardi di metri cubi forniti abitualmente dalla Russia all’Europa”.
Festus Iyorah aggiunge che “la Tanzania – al sesto posto in Africa per le sue riserve di gas, per un volume stimato di 1,6 miliardi di metri cubi – afferma di essere al lavoro con la Shell per usare le sue enormi riserve di gas offshore ed esportarle in Europa e altrove, e la Nigeria dichiara di voler costruire un gasdotto trans-sahariano che porti il gas del paese in Algeria e da lì in Europa”.
Nell’articolo di Al Jazeera vengono però sollevate alcune incertezze circa la possibilità che i paesi africani possano offrire un’alternativa temporanea adeguata, data la mancanza di infrastrutture. Difatti, “secondo gli esperti, una mancanza storica di investimenti nelle infrastrutture per il gas ha ostacolato il settore energetico nell’Africa subsahariana, a differenza di quanto accaduto in Nordafrica”. Secondo l’analisi offerta da Festus Iyorah, molti paesi africani con grandi riserve di gas hanno avuto difficoltà ad attrarre investimenti per realizzare progetti di infrastrutture per il gas a causa di problemi tecnici e operativi, come in Angola, o per i rischi posti da guerriglie e insicurezza, come in Mozambico.
Jean-Léonard Touadi è funzionario FAO, docente di geografia dello sviluppo in Africa, Università degli Studi di Roma “La Sapienza”
Foto di copertina EPA/DAI KUROKAWA