Quale giustizia per i crimini delle forze russe in Ucraina?

Con il passare dei giorni si allunga l’elenco dei crimini internazionali di cui potrebbero essere accusati i vertici militari russi e i loro sottoposti, in relazione alle ostilità contro l’Ucraina scatenate il 24 febbraio scorso.

Non solo obiettivi militari

Un numero crescente di azioni delle forze armate russe configurano, ad un primo esame, crimini di guerra secondo lo Statuto di Roma della Corte penale internazionale (Cpi), della quale l’Ucraina ha accettato la giurisdizione, come si dirà più avanti. Vengono in considerazione innanzitutto gli attacchi deliberati contro la popolazione civile, singoli civili non partecipanti direttamente alle ostilità e beni civili. Sono stati oggetto dei bombardamenti russi moltissimi edifici ad uso abitativo. Questi sono beni civili per eccellenza. Possono diventare obiettivi militari, e quindi essere attaccati, solo se impiegati dal nemico per scopi militari, come lo stoccaggio di armi.

Secondo il I Protocollo addizionale alle Convenzioni di Ginevra del 1949, di cui sono parti sia l’Ucraina che la Russia, in caso di dubbio si deve presumere che un bene normalmente destinato ad uso civile non sia utilizzato per fini militari. I civili, poi, non possono essere attaccati, tranne che e per il tempo in cui partecipino direttamente alle ostilità. In caso di dubbio circa lo status di un individuo, questo deve essere considerato un civile. Sono stati colpiti dalle forze russe pure scuole, università, teatri, chiese e persino ospedali. L’attacco deliberato contro queste strutture, tipicamente civili, è un crimine di guerra specificamente previsto dallo Statuto della Cpi.

Costituiscono inoltre crimini di guerra gli attacchi contro obiettivi militari lanciati con la consapevolezza che non rispetteranno il principio di proporzionalità, cioè che provocheranno incidentalmente un numero di morti e feriti tra i civili o danni a beni civili eccessivi rispetto al vantaggio militare complessivo, diretto e concreto previsto. Vi sono ragionevoli dubbi che molti attacchi condotti dalle forze russe rispettino questo principio.

Attacchi indiscriminati e la centrale di Zaporizhzhia

Possono rientrare nella fattispecie criminosa in questione anche gli attacchi indiscriminati, come quelli con bombe a grappolo, sganciate in più occasioni dagli aerei russi, quantunque la Russia non sia parte della Convenzione sulle cluster munitions del 2008, che ne vieta la produzione e l’uso. Le bombe a grappolo sono armi indiscriminate, poiché i loro effetti non possono essere limitati agli obiettivi militari, tranne che le submunizioni in esse contenute siano dotate di un meccanismo di disattivazione. Le submunizioni inesplose, infatti, possono esplodere a distanza di tempo, uccidendo o mutilando civili.

Sono suscettibili di violare il principio di proporzionalità e di costituire perciò crimini di guerra anche gli attacchi contro centrali nucleari per la produzione di energia elettrica che siano obiettivi militari. Secondo il I Protocollo, gli attacchi contro installazioni che racchiudono forze pericolose, come le centrali nucleari, sono vietati anche quando queste siano obiettivi militari e lo stesso divieto vale per gli obiettivi militari nelle loro vicinanze, se dall’attacco può derivare il rilascio di tali forze (per le centrali nucleari radiazioni), con conseguenti gravi perdite tra la popolazione civile. L’attacco contro le installazioni in questione nella consapevolezza che non rispetterà il principio di proporzionalità è un’infrazione grave del I Protocollo.

Le altre infrazioni della Convenzione di Ginevra del 1949

È un crimine di guerra pure l’impiego di civili come scudi umani a protezione di obiettivi militari allo scopo di impedire che questi siano attaccati dal nemico. Lo stesso deve dirsi della pratica di affamare i civili, privandoli dei beni indispensabili per la sopravvivenza, quali acqua, cibo e medicinali, in particolare impedendo deliberatamente l’arrivo dei soccorsi umanitari.

Infine, con specifico riferimento al territorio ucraino occupato dalle forze russe, è da ricordare che costituiscono infrazioni gravi della IV Convenzione di Ginevra del 1949, e quindi crimini di guerra: l’omicidio volontario, l’inflizione intenzionale di grandi sofferenze o gravi lesioni, la tortura e i trattamenti inumani di civili da parte delle forze occupanti.

L’omicidio volontario, la tortura e altri atti inumani che causino intenzionalmente ai civili grandi sofferenze o gravi lesioni potrebbero costituire addirittura crimini contro l’umanità, qualora fosse accertato che rientrano nell’ambito di un attacco esteso o addirittura sistematico contro la popolazione civile ucraina, pianificato dalle autorità russe.

L’indagine della Corte penale internazionale

Su tutti i crimini di guerra e i crimini contro l’umanità commessi dalle forze russe potrà pronunciarsi la Cpi, in virtù della dichiarazione di accettazione della sua giurisdizione da parte dell’Ucraina dell’8 settembre 2015. L’Ucraina non è parte dello Statuto, ma già nel 2014 aveva dichiarato di accettare la giurisdizione della Corte con riguardo ai crimini commessi sul suo territorio dall’inizio delle proteste contro il regime del filorusso Viktor Yanukovych (21 novembre 2013) alla sua destituzione da parte del Parlamento di Kiev (22 febbraio 2014). Nel 2015, poi, l’Ucraina aveva formulato una seconda dichiarazione di accettazione della giurisdizione della Cpi avente ad oggetto i crimini perpetrati sul suo territorio, a partire dal 20 febbraio 2014, senza alcun termine finale.

Già sulla base della prima dichiarazione, il precedente Procuratore della Cpi, Fatou Bensouda, aveva avviato un esame preliminare sugli eventuali crimini commessi in Ucraina, giungendo nel 2020 alla conclusione che vi erano elementi ragionevoli per ritenere che in Crimea fossero stati commessi crimini di guerra e crimini contro l’umanità e nel Donbass crimini di guerra.

Il 2 marzo scorso, sulla base di tale esame preliminare, il Procuratore della Cpi, Karim Khan, ha annunciato l’apertura di un’indagine sui crimini di guerra e i crimini contro l’umanità perpetrati in Ucraina fin dal 21 novembre 2013. L’indagine riguarderà anche i nuovi crimini commessi nelle ultime settimane. L’avvio dell’indagine è stato possibile senza dover richiedere e attendere l’autorizzazione della Camera Preliminare, grazie al deferimento (referral) della situazione in Ucraina da parte di ben trentanove Stati parti dello Statuto, tra cui l’Italia.

I maggiori responsabili dei crimini di guerra e crimini contro l’umanità perpetrati in territorio ucraino potrebbero perciò in futuro essere destinatari di un mandato d’arresto della Cpi e, in caso cattura e trasferimento all’Aja, essere sottoposti a processo. Va infatti ricordato che la Corte non può celebrare processi in contumacia.

La Cpi non potrà invece processare i vertici politici e militari russi per il crimine di aggressione. La Russia non è parte dello Statuto e, quando procede in base al referral di uno o più Stati parti, come nel caso concreto, la Corte non ha giurisdizione sul crimine di aggressione commesso dai cittadini di Stati non parti. Solo un referral del Consiglio di Sicurezza potrebbe conferire alla Cpi giurisdizione sul crimine di aggressione commesso da Putin. Questo è tuttavia allo stato da escludere, poiché la Russia porrebbe il veto alla relativa risoluzione.

La Corte internazionale di giustizia

L’indagine iniziata dal Procuratore della Cpi va tenuta distinta dal procedimento dinanzi alla Corte internazionale di giustizia (Cig), avviato dall’Ucraina contro la Federazione Russa sulle accuse di genocidio nelle autoproclamate Repubbliche di Donestk e Luhansk formulate dal Governo di Mosca contro le autorità ucraine.

Il 26 febbraio scorso, l’Ucraina ha presentato un ricorso alla Cig contro la Russia, chiedendole di accertare che non è stato commesso alcun genocidio nei confronti della minoranza russofona delle aree di Donestk e Luhansk, come invece ripetutamente affermato da Putin per giustificare il riconoscimento delle relative repubbliche secessioniste e la successiva dichiarata “operazione militare speciale” in Ucraina. La controversia verte sull’interpretazione e applicazione della Convenzione del 1948 sul genocidio, di cui sia Ucraina che Russia sono parti.

Il 7 marzo, si è tenuta un’udienza sulla richiesta ucraina di indicazione di misure provvisorie. L’Ucraina ha chiesto alla Cig di ordinare alla Russia di sospendere immediatamente le operazioni militari iniziate il 24 febbraio scorso con il preteso obiettivo di impedire la prosecuzione del genocidio a Donestk e Luhansk. La Russia non si è presentata in aula. La Corte si pronuncerà nelle prossime settimane.

I tribunali nazionali e la giurisdizione penale

Tornando all’indagine del Procuratore della Cpi, va sottolineato che la Corte ha una giurisdizione complementare a quella dei tribunali nazionali. Se e quando l’invasione sarà respinta e la pace sarà ristabilita, i responsabili dei crimini commessi in Ucraina potrebbero essere processati da tribunali ucraini. Non si può escludere che processi nei confronti di criminali russi siano instaurati nella stessa Russia, nell’ipotesi, attualmente remota, di un cambio di regime.

Alla repressione dei crimini in questione potrebbero contribuire i tribunali di quegli Stati che hanno recepito nella loro legislazione il principio della giurisdizione universale sui crimini internazionali. Secondo questo principio, i responsabili di crimini di guerra, crimini contro l’umanità e del crimine di genocidio possono essere processati dai tribunali di qualsiasi Stato, a prescindere dalla loro nazionalità, da quella delle vittime, dal luogo di commissione del crimine e da qualsiasi altro collegamento tra lo Stato procedente e il crimine.

Tra i Paesi che hanno una legislazione sulla giurisdizione universale per crimini internazionali vi sono Stati membri dell’Unione Europea, come la Germania, la Francia, l’Olanda, la Svezia, il Belgio e la Spagna. I criminali russi, che in futuro fossero rintracciati sul territorio di questi Stati, potrebbero essere processati dai relativi tribunali, qualora fossero soddisfatte le condizioni poste dalle rispettive norme interne. Qualcosa si sta già muovendo. L’8 marzo è stata resa nota l’apertura di un’indagine “strutturale” sui crimini delle forze russe in Ucraina da parte del Procuratore generale federale tedesco, Peter Frank. Lo stesso giorno, l’avvio di un’indagine preliminare su questi crimini è stato deciso pure dal Procuratore generale spagnolo, Dolores Delgado.

In Italia questa strada purtroppo non è percorribile. Il nostro Paese non si è ancora dotato di una legislazione che assicuri la repressione di tutte le fattispecie criminose previste dallo Statuto della Cpi e tantomeno di una legislazione sulla giurisdizione universale. Basti pensare che la disciplina dei crimini di guerra è contenuta nel codice penale militare di guerra, che risale al 1941 e non è stato finora oggetto di una riforma organica, ma solo di limitate modifiche. Tale disciplina si applica ai crimini di guerra commessi dai militari italiani e a quelli commessi da appartenenti a forze armate nemiche, dunque solo in relazione  a conflitti armati di cui l’Italia sia parte.

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