Portogallo: Costa vince la sfida del voto ma avanza l’estrema destra

Il 30 gennaio 2022 è un giorno che António Costa, leader del Partito Socialista (PS) portoghese a capo dell’esecutivo dal 2015, non dimenticherà facilmente. Chiamati alle urne in anticipo, i portoghesi hanno dimostrato la loro fiducia nel Primo ministro più longevo del Portogallo dai tempi della “Rivoluzione dei Garofani”. Superando anche i sondaggi più favorevoli, il PS ha ottenuto il 41,7% dei voti, conquistando 117 dei 230 seggi dell’unica Camera che compone l’Assembleia da República. Costa, il vincitore indiscusso di questo appuntamento elettorale, potrà così governare contando sulla maggioranza assoluta e senza bisogno degli altri partiti della sinistra, la cui rottura coi socialisti ha innescato la crisi che ha portato a queste elezioni anticipate.

La nuova composizione del Parlamento e la fiducia nel “Modello Costa”

Quando il presidente della Repubblica Marcelo Rebelo de Sousa ha sciolto ufficialmente la Camera il 5 novembre, Costa sapeva che le elezioni del 30 gennaio sarebbero state un banco di prova per la sua leadership. In caso di sconfitta avrebbe abbandonato la scena politica. Al contrario di quanto temuto, il PS ha ottenuto una vittoria schiacciante. Oltretutto, il discreto margine di vittoria ha permesso a Costa di svincolarsi dal supporto dei due partiti della sinistra radicale – Bloco de Esquerda (BE) e PCP-PEV – che gli avevano permesso di formare una maggioranza e governare nel 2019 per poi sottrarla nell’ottobre 2021 rifiutando la bozza di bilancio per il 2022.

Nelle elezioni di domenica, entrambi i partiti alleati del PS che non lo hanno sostenuto in questa campagna elettorale hanno registrato risultati poco soddisfacenti. Il BE risulta essere il partito che ha perso più punti rispetto al 2019, passando dal 9,5% al 4,5%. Il PCP-PEV invece si è mantenuto stabile intorno al 4%. Con questi risultati, gli elettori hanno voluto mandare un messaggio chiaro a Costa e a tutto il partito: solo i socialisti dovranno portare il Portogallo fuori dalla crisi causata dalla pandemia da Covid-19.

Nel discorso della vittoria, Costa ha espresso la sua soddisfazione, ma anche la consapevolezza che “la maggioranza assoluta non è il potere assoluto”. Ha detto che nei prossimi quattro anni lavorerà per dare “stabilità, sicurezza e certezze” per garantire la miglior gestione possibile dei fondi europei di ripresa (circa 45 milioni) previsti per rilanciare l’economia portoghese.

L’ascesa dell’estrema destra

Guardando a destra, il Partito Social Democratico (PSD) di Rui Rio, che era considerato l’avversario da battere, ha ottenuto lo stesso risultato del 2019 (27,8%) confermandosi la seconda scelta dei portoghesi, ma non riuscendo a strappare l’esecutivo all’ex sindaco di Lisbona, nonostante una campagna elettorale aggressiva. Tuttavia, la vera sorpresa di queste elezioni è senza dubbio l’ascesa del partito populista di estrema destra Chega, che sotto la guida dell’ex commentatore sportivo André Ventura è passato dall’1,9 % ottenuto nel 2019 al 7,2%, conquistando quindi ben 12 seggi in Parlamento.

In un Paese come il Portogallo la distinzione tra destra e sinistra è molto marcata. Dopo la fine dell’Estado Novo del dittatore Salazar, nel 1974, sembrava improbabile che un partito di posizioni estreme come Chega potesse guadagnare consensi, eppure il 7,2% ottenuto domenica ha costretto gli osservatori a ricredersi. Il partito di Ventura ha cercato di proporsi come un’alternativa moderata, riuscendo a conquistare quella fetta di elettorato proveniente dalle periferie e che ha sofferto più di tutte le conseguenze della crisi causata dall’emergenza sanitaria.

Nonostante i toni apparentemente pacati, Chega condivide tutti i valori della destra populista europea: è infatti parte del gruppo Identità e Democrazia del Parlamento europeo, insieme alla Lega di Matteo Salvini, al Rassemblement National di Marine Le Pen e Alternative für Deutschland (AfD).

Lotta all’immigrazione e difesa della famiglia tradizionale: i valori di Chega

Il programma di Chega parte dalla difesa della famiglia tradizionale, che considera la base su cui si fonda la società portoghese. Questo prevede una revisione delle norme frutto di anni di lotte per i diritti civili, l’uguaglianza di genere e per la parità delle coppie omosessuali. Dall’altro canto, propone una riduzione delle funzioni dello Stato che, ridotto a semplice “poliziotto”, dovrebbe solo garantire l’ordine pubblico e inasprire le pene per chi trasgredisce: nel suo programma di partito, Ventura propone, tra le altre cose, castrazione chimica e introduzione dell’ergastolo.

La riduzione della presenza dello Stato significa anche cancellazione dello stato sociale, forti incentivi alla privatizzazione dei servizi e lotta a quella forma di assistenza statale che Chega chiama “sussidio-dipendenza”, ossia qualsiasi forma di supporto economico ai cittadini in difficoltà, al fine di promuovere un mercato del lavoro maggiormente dinamico.

A coronare il progetto, il contrasto dell’immigrazione e a qualsiasi forma di multiculturalismo, visti come minaccia per l’identità portoghese. Sul fronte interno questo si traduce, secondo Ventura e i suoi, nella lotta alla comunità Rom presente in Portogallo. Il Primo ministro Costa si trova quindi di fronte a una doppia sfida: traghettare la ripresa del Paese e contenere l’ascesa del populismo di destra.

A cura di Fiorella Spizzuoco, autrice della redazione Europa de Lo Spiegone.

***Lo Spiegone è una testata giornalistica formata da studenti universitari e giovani professionisti provenienti da tutta Italia e sparsi per il mondo con l’obiettivo di spiegare con chiarezza le dinamiche che l’informazione di massa tralascia quando riporta le notizie legate alle relazioni internazionali, della politica e dell’economia.

Foto di copertina EPA/RUI MINDERICO

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