Domenica 8 dicembre si sarebbe dovuto tenere in Romania il secondo turno delle elezioni presidenziali, che avrebbe segnato la fine di un lungo e intenso periodo di votazioni, caratterizzato da diverse sorprese, da un’aspra campagna elettorale e dalla crescita di una destra per lo più euroscettica. Due giorni prima del voto però, la Corte costituzionale rumena ha comunicato la decisione di annullamento delle elezioni, che dovranno quindi essere ripetute ripartendo dalla campagna elettorale, probabilmente nei primi mesi del 2025.
La decisione è arrivata dopo che, nelle ultime settimane di novembre, la popolazione rumena era già stata chiamata alle urne sia per rinnovare il Parlamento bicamerale, che per eleggere un nuovo presidente della Repubblica. Le elezioni parlamentari si sono tenute nel fine settimana del 30 novembre -1° dicembre e hanno restituito una Camera e un Senato senza una maggioranza chiara, registrando una crescita importante del partito di estrema destra Alleanza per l’unione dei rumeni (Aur), seppur sembrino già confermati i presupposti per una nuova coalizione di centro ed europeista.
Più inaspettati sono stati invece i risultati delle elezioni presidenziali. A passare il primo turno del 24 novembre, sono stati Elena Lasconi, dell’Unione per Salvare la Romania (Usr), con il 19,17%, e Călin Georgescu, candidato indipendente e di estrema destra, sostenuto dal Partito dei Giovani (Pot), con il 22,95%. Proprio il successo elettorale di quest’ultimo è stata una delle principali sorprese di queste elezioni, e al centro dei dubbi sulla regolarità del processo elettorale che ne hanno poi determinato l’annullamento.
Con un passato legato al mondo della destra rumena, infatti, Georgescu si è imposto come figura populista ed euroscettica, grazie a una campagna elettorale non convenzionale e ufficialmente a costo zero, incentrata sui social media, e in particolare TikTok. Con posizioni dichiaratamente pro-russe e critiche verso l’Unione europea e la Nato, negazionista del cambiamento climatico, nostalgico verso il movimento fascista del legionarismo rumeno, e sostenitore di idee mistico-religiose, Georgescu ha in poco tempo polarizzato l’opinione pubblica. L’inaspettato primo posto da lui conquistato è stato attribuito in parte alla disillusione verso i partiti tradizionali, ma anche a una massiccia e improvvisa esposizione mediatica online, che ha sollevato i sospetti di interferenze straniere e ha poi portato all’intervento della Corte costituzionale.
La decisione della corte costituzionale
Arrivata nel pomeriggio di venerdì 6 dicembre, mentre 37.000 elettori all’estero avevano già espresso il loro voto, la decisione della Corte costituzionale ha scosso profondamente il panorama politico rumeno e internazionale. Nonostante avesse inizialmente confermato il risultato del primo turno dopo un riconteggio dei voti, l’annullamento è arrivato dopo la desecretazione di cinque documenti da parte del Consiglio supremo di difesa. Le precise motivazioni che hanno portato alla decisione di annullamento – presa all’unanimità – saranno note solamente quando la corte costituzionale pubblicherà la decisione ufficiale.
Al contrario, i cinque documenti desecretati sono già stati resi pubblici. Gli autori dei documenti sono il ministero degli interni (documento n.1), i servizi informativi esterni (n.2), quelli interni (n. 3 e 4), e i servizi speciali per le telecomunicazioni (n. 5). Nei documenti si riporta che nelle settimane precedenti al primo turno delle presidenziali, circa un centinaio di influencer rumeni hanno sostenuto Georgescu come candidato su TikTok, generando una tendenza che ha raggiunto il nono posto a livello mondiale. Dai documenti si evince che questa campagna è stata coordinata e finanziata da un attore esterno, violando diverse norme, e in particolare la 208/2015 sulla campagna elettorale. È anche riportato che l’Autorità elettorale permanente (Aep) ha avuto contatti con TikTok, richiedendo la rimozione di materiale in violazione delle disposizioni elettorali. La piattaforma si sarebbe però rifiutata.
I servizi informativi interni riportano anche un numero importante di attacchi informatici verso infrastrutture elettorali – circa 85.000 –, che però, sostengono invece i servizi per le telecomunicazioni, sono stati respinti con successo.
È inoltre interessante notare, come oltre a riferire di puntuali violazioni normative, attacchi informatici e campagne online e finanziamenti sospetti, i documenti – e in particolare il report dei servizi informativi esterni – fanno riferimento a più generali considerazioni geopolitiche, partendo dalla storia dell’influenza russa nelle elezioni di altri Paesi, per poi passare all’influenza russa nelle elezioni presidenziali in Moldavia e agli interessi del Cremlino nell’influenzare le elezioni in Romania. Sarà la decisione della Corte costituzionale, una volta pubblicata, a chiarire quali di questi rilevamenti ha determinato la necessità dell’annullamento.
La decisione dei giudici è stata contestata non solo da Georgescu, che ha parlato apertamente di colpo di stato e che non è certo si ricandiderà, ma anche dalla sua sfidante Lasconi. La candidata della destra più moderata ha parlato di verdetto immorale: i sondaggi la vedevano leggermente in vantaggio sullo sfidante. Una situazione che si era già creata al primo turno e che era stata ribaltata poi dall’esito del voto, con Georgescu completamente fuori dal radar degli osservatori poi arrivato al ballottaggio (annullato).
TikTok, influenze russe, mercenari e finanziatori
Già prima della pubblicazione dei documenti desecretati, uno degli aspetti più controversi notato dagli osservatori della campagna elettorale e del primo turno delle presidenziali è stato proprio il ruolo giocato da TikTok nella rapidissima scalata di Georgescu.
Oltre al centinaio di influencer indicati dal report del ministero degli interni, si è parlato sui giornali di molti altri profili, che sono stati creati sì anni prima, ma attivati solo nelle settimane precedenti al primo turno, proprio per sostenere il candidato indipendente. Curioso anche, che molti video spesso non nominassero direttamente Georgescu, ma invitavano a votare per un candidato ideale, patriota, ricalcando gli aggettivi e il linguaggio utilizzato da Georgescu durante la campagna elettorale.
Il fenomeno è diventato di così ampia portata, che persino il parlamentare europeo e politico italiano Roberto Vannacci ha pubblicato un breve video sui suoi canali social, in cui – parlando in rumeno – ha invitato a votare per Georgescu al secondo turno, l’8 dicembre.
Già prima della decisione di annullamento, anche la Commissione europea, agendo nel quadro del Digital Services Act, ha chiesto chiarimenti urgenti a TikTok in merito alla gestione di contenuti legati alla campagna elettorale e alla gestione del rischio di manipolazione dell’informazione. La Commissione ha inoltre richiesto che vengano conservati i dati relativi alle elezioni rumene, in modo da poter procedere con un’analisi più accurata del sistema di promozione.
Parallelamente, mentre a livello internazionale l’attenzione è rivolta alle possibili influenze russe, le autorità rumene hanno iniziato a indagare all’interno del Paese, risalendo la catena dei finanziamenti. Nel quadro di queste indagini si colloca l’arresto di Bogdan Peșchir, in realtà già rilasciato, ma accusato di aver finanziato la campagna presidenziale di Călin Georgescu con fondi non dichiarati, stimati in oltre 1 milione di euro per campagne pubblicitarie su TikTok, e 381.000 dollari per il pagamento diretto a influencer e utenti della piattaforma.
Durante le perquisizioni nella sua abitazione a Brașov, le autorità hanno sequestrato vari dispositivi elettronici e altri materiali, che saranno analizzati dagli investigatori, mentre circa 7 milioni di dollari sono stati sequestrati dai suoi conti bancari. Le accuse nei confronti di Peșchir comprendono corruzione elettorale, riciclaggio di denaro e frode informatica, sollevando ulteriori dubbi sulla legittimità dei risultati elettorali e sulle potenziali influenze straniere nella campagna.
Un altro episodio inquietante è stato l’arresto di Horațiu Potra, ex membro della legione straniera francese e con esperienza operativa in diversi Paesi africani nella sicurezza privata. Potra è stato fermato alle 3 del mattino di domenica 8 dicembre, mentre si dirigeva a Bucarest in auto, con un seguito di circa 20 uomini. Nelle auto sono state trovate diverse armi, e il sospetto è che fossero diretti verso la capitale per intimidire oppositori e giornalisti critici. Sebbene Georgescu neghi qualsiasi legame, Potra è stato spesso indicato come il suo responsabile per la sicurezza. Anche a seguito di questo fermo, le autorità stanno indagando sulla possibile esistenza di un piano più ampio per destabilizzare il prossimo processo elettorale.
Nel frattempo, comincia a essere riportato come alcune delle persone che hanno prodotto e promosso contenuti a favore di Georgescu su TikTok starebbero lasciando il Paese, per paura di essere perseguiti dalle autorità.
Coalizione anti-populista
In attesa che la Corte costituzionale pubblichi le motivazioni dell’annullamento delle presidenziali e indichi la data per ripeterle, le opposizioni stanno facendo fronte comune per sconfiggere la destra populista. L’11 dicembre i partiti dello schieramento progressista e pro-Ue hanno annunciato un accordo per un programma comune di governo e per un candidato unitario alle nuove elezioni presidenziali.
L’iniziativa è arrivata, congiuntamente, da Partito socialdemocratico (Psd), Partito liberale (Pnl), l’Unione Salvate la Romania (Usr), Partito della minoranza ungherese (Udmr) e il gruppo parlamentare delle minoranze nazionali. Il 20 dicembre si terrà la seduta inaugurale del nuovo Parlamento che – nonostante veda una maggioranza progressista – mostra una situazione molto frammentata con otto forze politiche, comprese quelle di destra e estrema destra che, insieme, raccolgono oltre il 30%.
La legislatura si aprirà un giorno prima di quella che teoricamente è la scadenza del mandato presidenziale, prevista per il 21 dicembre. Teoricamente, appunto, perché visto l’annullamento delle elezioni il presidente Klaus Iohannis resterà in carica fino al prossimo voto.